Nessun colpo di
scena. La riforma della scuola a firma Renzi-Giannini ha avuto, come
previsto già alla vigilia (detrattori compresi), il sì dell'Aula della
Camera con 316 voti a favore, 137 contrari e un astenuto. Un voto
avvenuto tra cori di dissenso partiti dai banchi di Sel e al quale non
ha partecipato la sinistra del Pd. Ora il provvedimento va a Palazzo
Madama, accompagnato dalle stesse proteste che hanno scortato tutto
l'iter e che si sono fatte sentire fino all'ultimo minuto, anche
stamani: centinaia di prof hanno preso tre ore di permesso sindacale
(insieme a loro c'erano anche dirigenti scolastici e studenti) per
urlare le loro ragioni davanti a Montecitorio. E il livello dello
scontro pare destinato a salire.
I sindacati della scuola, che hanno in agenda un incontro con il
ministro Giannini per lunedì, oggi pomeriggio si sono incontrati e
hanno deciso, oltre a iniziative sul territorio e a una fiaccolata il 6
giugno, lo sciopero di un'ora nelle prime due giornate degli scrutini
programmati nelle classi intermedie, "nel rispetto delle norme, delle
famiglie e degli studenti". "E' importante che questa riforma vada
avanti e che i professori siano coinvolti" ha dichiarato in
un'intervista radiofonica stamani il premier, Matteo Renzi, invitando a
non fare, della scuola, "un terreno di scontro".
Il blocco degli scrutini - ha aggiunto - "sarebbe un errore clamoroso
perché va contro i ragazzi e le famiglie". E ha lanciato ancora una
volta una frecciata ai sindacati: "Il punto è: possiamo dire che
l'Italia è di tutti e non solo dei sindacati? Si, possiamo dirlo".
Parole che non faranno certo felici le sigle della scuola che il 5
maggio hanno portato in piazza migliaia di persone. Il ministro
dell'Istruzione, Stefania Giannini, che ha accolto il disco verde della
Camera con commozione e soddisfazione, si è mostrata fiduciosa. "Il
mondo della scuola - ha detto - capirà che questo ddl fa l'autonomia.
Insegnanti, dirigenti scolastici, studenti e chi fa funzionare la
scuola devono acquisire fiducia".
Ha quindi assicurato che il passaggio del ddl in Senato sarà
"sostanziale, non formale" pur ribadendo che "i pilastri del
provvedimento non saranno toccati". Più o meno quel che il Governo va
ripetendo sin dall'inizio.
L'"evoluzione condivisa" del testo, che ha voluto far notare la
titolare del dicastero di viale Trastevere, per opposizioni, sindacati
e "piazza" sono, invece, "solo ritocchi", un'operazione di maquillage
(a parte lo stralcio del 5 per mille) che non basta certo a placare gli
animi. A settembre, quando suonerà la prima campanella dell'anno
scolastico - sempre che il Senato confermi quanto è uscito dalla Camera
- sono parecchie le novità che prof e studenti troveranno tornando in
classe:
presidi che potranno scegliere la propria squadra di prof, materie
potenziate (Arte, Musica, Diritto, Economia, Discipline motorie),
discipline opzionali (curriculum flessibile),
la possibilità per gli studenti (liceali inclusi) di fare esperienze di
lavoro in azienda, in enti pubblici, musei, ma anche all'estero e - per
la gioia del ministro Poletti - d'estate.
Ma se sui controsoffitti delle aule a prova di crollo nessuno ha da
obiettare, su superpresidi, precariato e tutele contrattuali, invece,
il cahier de doleances è assai lungo. Una lettera, firmata da una
cinquantina di deputati di Area Riformista, è stata promossa da Roberto
Speranza e Gianni Cuperlo per chiedere ai senatori dem "l'impegno del
Senato per portare a ulteriori e necessari cambiamenti" per i punti
critici che non hanno trovato soluzione, dalla "permanenza della
chiamata diretta da parte del preside in una logica monocratica" alla
"discriminazione che colpisce gli insegnanti abilitati di seconda
fascia e tutti gli altri precari". "Cambiare la scuola si può e si
deve.
Ma la scuola - concludono nella lettera Cuperlo &co - si cambia con
la scuola". Chi protesta aspetta i fatti.
Ansa.it