Con
oltre 100mila presenze a Roma, 30mila a Milano, 15mila a Bari
e così pure nelle sette città d'Italia tra cui Palermo e Catania, il
mondo della scuola: docenti, personale ATA, e anche alcuni genitori
sono scesi in piazza per far sentire la voce di protesta al Disegno di
Legge che nel nome de "La buona scuola", propone la riforma della
scuola italiana. Il premier Renzi, all'indomani dell'approvazione
dell'Italicum, ha assicurato: "Sulle
riforme andremo avanti a testa dura. Siamo a un bivio; oggi abbiamo il
coraggio di rimettere in moto le energie migliori partendo dalla scuola
e ascoltando anche la protesta".
Le motivazioni che i sindacati hanno presentato per lo sciopero
generale del 5 maggio, reclamando il ritiro del Disegno di legge di
riforma, risultano in parte imprecise a seguito delle modifiche già
apportate al testo legislativo, a seguito delle richieste avanzate
dalle associazioni professionali e dai collegi docenti.
La scuola ha bisogno di una riforma e di alcune innovazioni
organizzative che nella prima stesura del testo presentavano
improprietà e incongruenze applicative. Ora pare che alcune modifiche
siano state già apportate e da una concreta applicazione delle norme,
scaturiranno altri opportuni aggiustamenti da fare in progress.
Tra queste modifiche è stato segnalato che nel primo capitolo dove sono
indicate le qualità significative del sistema scuola: autonomia,
efficacia ed efficienza dei servizi, flessibilità, nuove tecnologie,
strutture, edilizia, assunzioni del personale, offerta formativa
triennale, potenziamento delle competenze degli studenti, apertura
della comunità scolastica al territorio, manca l'anima della scuola:
l'educazione, la formazione
integrale dell'uomo e del cittadino.
Questa mancanza mortifica l'identità vera della scuola e, anche se
potrebbe essere implicitamente intesa, in un testo di legge di riforma,
è bene che venga esplicitata e appaia manifesta l'intenzionalità
educativa, che sostiene l'apparato dell'istruzione e lo sviluppo delle
competenze, anche con il positivo contributo delle nuove tecnologie per
una didattica più efficiente, rispondente ai nuovi linguaggi e ai nuovi
alfabeti.
L'ampliamento dell'organico della scuola, con l'immissione in ruolo dei
numerosi docenti precari e l'innovazione dell'organico "funzionale",
superando la complessa distinzione tra "organico di diritto" e
"organico, di fatto", e l'efficace progettazione didattica triennale,
costituiscono certamente un elemento di positività, anche se non potrà
accontentare tutti i precari, come reclamano i sindacalisti, che
accusano di "ingiustizia" e "divisione arbitraria tra i
precari". Bloccando il decreto si rischia di fermare il
motore della riforma e di far morire la speranza coltivata da anni dai
numerosi docenti, precari storici, ingabbiati nelle graduatorie GAE.
Sarà questa una formula di sanatoria, e si spera l'ultima, mettendo a
regime l'indizione di regolari concorsi.
La pianificazione progettuale triennale della scuola apre nuovi
orizzonti ad una reale azione di intervento per rispondere ai bisogni
dell'utenza e del territorio, ma tutto ciò necessita una serie di
precauzione nel limitare la mobilità dei docenti e nel garantire
l'efficace svolgimento delle attività programmate nell'ottica dello
sviluppo delle competenze degli studenti.
Gli organi collegiali della scuola necessitano di una revisione e
rivalutazione nei compiti e nelle funzioni e si ritiene opportuno che
Il Consiglio d'Istituto non si limiti solo ad un potere consultivo, ma
adottando il piano triennale dell'offerta formativa, svolge la funzione
di organo di governo, mentre il dirigente, leader educativo, svolge il
compito di "organo di gestione".
I numerosi commenti e gli attributi poco generosi adoperati in questi
giorni: preside sindaco, sceriffo, caporale, manager, rivelano come
qualsiasi possibilità d'innovazione viene sempre interpretata in chiave
negativa e riduttiva.
Rendere agevole e funzionale l'autonomia scolastica, finora soltanto
dichiarata, in vista di un'efficiente ed efficace organizzazione
scolastica che prende in considerazione anche la meritocrazia ed il
riconoscimento delle prestazioni aggiuntive, è implicita nella
formulazione del disegno di legge e per le applicazioni operative si
attendono specifici regolamenti e norme d'indirizzo comune, da
applicare alla luce del sole e con trasparenza.
"In una cattiva scuola, le
famiglie fuggono e non iscrivono i propri figli, mentre una buona
scuola, scrive Paola Mastrocola, scrittrice e insegnante di liceo
scientifico, in un'intervista al"Mattino", crea un modello, allarga una
sana competizione e innanzitutto afferma il merito".
Puntare sul merito degli studenti, sollecitandoli ad uno studio
sistematico e critico, e non solo con un "curriculum density" per usare
un'espressione efficace del mondo anglosassone, che elenca le numerose
competenze che afferiscono ai diversi settori: letterari, scientifici,
artistici, musicali, sociali e tecnologici e sostenere i docenti
protesi ad una professionalità didattica che necessita di aggiornamento
e innovazione metodologica, sono queste le scommesse della nuova scuola
che potrà dirsi "buona" nella concretezza di un percorso di qualità, se
riesce ad eliminare gradualmente i numerosi ostacoli strutturali,
organizzativi, di edilizia e di complessa burocrazia, che rendono
difficile tale percorso.
Lo sciopero del 5 maggio ha lanciato un messaggio chiaro:
rivedere il disegno di legge e la progettazione di una scuola di
qualità.
"Ai
posteri l'ardua sentenza!"
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it