Analizzato il
Disegno di legge sulla scuola approvato dal Consiglio dei Ministri e in
discussione al Parlamento rileva quanto segue:
1. Il DDL presenta innumerevoli punti di criticità, che, qualora
approvati, porterebbero ad un radicale e inesorabile stravolgimento
della scuola italiana. È palese, innanzitutto, che mutamenti di grande
portata debbano essere discussi a fondo dalle forze parlamentari, in un
dibattito approfondito, che tenga conto delle voci provenienti dalla
scuola. Non si comprende perciò perché il governo stia cercando di
forzare i tempi di discussione e come nello stesso provvedimento
legislativo sia stato inserito l'art. 8, relativo al "piano
assunzionale straordinario", che riveste invece carattere di urgenza e
pertanto andrebbe separato e riversato in un apposito decreto legge,
affinché le assunzioni del personale precario siano operative entro il
1° settembre p. v., collegandole anche all'immediata soluzione della
incredibile questione del pensionamento dei c.d. "quota 96". Se il
Governo, invece, ha pensato di usare il piano assunzionale urgente
all'interno del DDL come arma di ricatto sociale al fine di
contingentare i tempi di discussione su misure così profonde e
radicali, non si può che stigmatizzare tale scelta, considerandola
un'inaccettabile provocazione e un'imprudenza pericolosa: la scuola è
di tutti e per tutti, e si articola come organismo complesso e
delicato, il cui sistema non può essere stravolto senza un'approfondita
valutazione delle conseguenze che i cambiamenti proposti genererebbero.
2. Il provvedimento di legge appare privo di una visione strategica
della scuola, dell'istruzione e della formazione da proporre
all'attenzione delle forze parlamentari e del Paese. L'articolato si
incentra esclusivamente su aspetti di carattere tecnico, organizzativo,
burocratico ed economico, promuovendo un modello di scuola di tipo
aziendalistico del tutto estraneo alla migliore tradizione pedagogica
ed educativa italiana. Alla luce di ciò non appare casuale la
centralità assegnata alla nuova figura di Dirigente Scolastico manager,
l'importanza attribuita al mondo dell'impresa e dell'economia e per
converso la pressoché totale assenza di riferimenti agli studenti, alle
famiglie, al mondo della cultura e alle sue istituzioni.
3. Il DDL sembra ignorare quasi del tutto le innumerevoli critiche e
proposte elaborate in buona fede da migliaia di docenti e operatori
scolastici nella piattaforma governativa on line, cosiddetta della
"Buona scuola" la quale, a questo punto, si rivela per quello che molti
paventavano all'inizio, ovvero solo una grande operazione mediatica di
distrazione di massa.
4. Il DDL prevede la riduzione degli organi collegiali della scuola
(collegio dei docenti, consiglio di istituto) a meri organi consultivi,
depotenziandoli significativamente, in quanto li priva di ogni potere
deliberativo. Ogni decisione non solo organizzativa e amministrativa,
ma persino pedagogica e didattica è affidata al Dirigente Scolastico in
una sorta di deriva autoritaria che non può trovare spazio all'interno
della Scuola, una delle fondamentali istituzioni democratiche della
Repubblica.
5. Il Dirigente Scolastico assume un rilievo spropositato anche
rispetto alla costituzione dell'organico dei docenti, all'assunzione
degli stessi, alla loro valutazione, senza alcun bilanciamento: si
rischia di consegnare le scuole all'arbitrio e al clientelismo.
6. Il DDL lede gravemente la libertà di insegnamento, garantita dalla
Costituzione, limitando la libera estrinsecazione didattica del docente
e sottoponendola al controllo di un solo soggetto, il Dirigente
Scolastico. Il docente, inoltre, sarebbe costretto ad una formazione
obbligatoria nella misura di 50/70 ore annuali da prestarsi,
scavalcando la contrattazione nazionale, senza alcuna retribuzione. È
evidente il rischio della limitazione del pluralismo democratico, che
deve essere invece garantito e difeso.
7. Il sistema di piani triennali, da sottoporre da parte di tutte le
istituzioni scolastiche nazionali al vaglio dell'Ufficio Scolastico
Regionale e del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della
Ricerca, comporterà un aggravio burocratico di proporzioni immani.
Inoltre, tra le scuole della Repubblica - ad ognun delle quali dovrebbe
essere garantito un decoroso sostegno economico - si scatenerà una
"cattiva" competizione di tipo clientelare per vedersi approvati i
piani e per accaparrarsi le risorse. In tutto ciò le scuole subiranno
un pesante condizionamento dai governi regionali e nazionali di turno.
8. Il sistema dell'organico funzionale, così come congegnato, lede i
più elementari diritti dei lavoratori. Innanzitutto, quelli dei docenti
precari (PAS, TFA, 3° fascia, GAE) che non dovessero rientrare nel
piano straordinario di assunzioni, i quali verrebbero definitivamente
espulsi dalla scuola pubblica dopo anni di servizio reso, senza neppure
la possibilità di accedere alle supplenze per chi ne ha prestato più di
36 mesi. Tradite sarebbero anche le promesse fatte dal governo agli
idonei dell'ultimo concorso. Per i docenti, sia quelli neoassunti sia
tutti quelli che rientrano nelle operazioni di mobilità (compresi i
soprannumerari), il trasferimento dalla scuola all'albo comporterebbe
così, analogamente alla riforma del lavoro già approvata dal
parlamento, un'imponente precarizzazione del corpo docente. Del tutto
criticabile inoltre, soprattutto dopo tanta retorica sulla scuola
meritocratica, ci sembra la facoltà del DS di poter affidare la
cattedra a docenti senza abilitazione che abbiano semplicemente il
titolo di studio specifico.
9. Assolutamente negative sono da valutare le aperture alle
sponsorizzazioni di privati, che segnano la capitolazione dello Stato e
il suo progressivo disimpegno dalla spesa per la scuola pubblica, già
tra le più basse d'Europa, come conferma il recentissimo documento
finanziario del governo. Le sponsorizzazioni dei privati rischiano di
generare clientelismi, indebite ingerenze, connivenze tra Dirigenti
Scolastici e imprese, producendo inoltre minori introiti fiscali per lo
Stato (sono previsti dal DDL incisivi vantaggi fiscali) insieme a
ulteriori, profonde disparità tra le scuole collocate in territori
floridi ed economicamente produttivi e scuole di zone economicamente
depresse.
10. Incostituzionale appare la defiscalizzazione delle rette per le
scuole private. Lo Stato non può stornare parte della fiscalità
generale a vantaggio degli istituti privati sottraendo risorse al
pubblico come lo stesso dettato costituzionale recita.
11. Nessun riferimento è presente nel DDL riguardo alla spinosa
questione riguardante il personale ATA, ignorato da questo governo e
fatto oggetto di pesanti tagli .
12. Abnormi sono infine le deleghe che il Governo chiede al Parlamento
per rivedere praticamente tutta la legislazione scolastica vigente:
dall'autonomia scolastica al sistema di conseguimento delle
abilitazioni, dallo statuto giuridico del personale scolastico, alla
revisione degli organi collegiali, ai problemi degli alunni disabili
già resi drammatici dal taglio delle ore: temi essenziali, su cui sono
in campo proposte pericolose e su cui il governo si prepara ad
intervenire senza alcun controllo.
sulla base di questi elementi
l'assemblea decide di
sollecitare le organizzazioni sindacali a promuovere azioni unitarie
con l'obiettivo del ritiro del DDL sulla scuola;
partecipare alle iniziative di lotta già previste e promuovere
ulteriori iniziative di protesta ad ogni livello;
organizzare ulteriori momenti di confronto, coinvolgendo anche gli
studenti e le loro famiglie (spiegando loro le profonde ragioni del
disagio dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola e le nocive
conseguenze della riforma).
L'assemblea delle lavoratrici e dei
lavoratori dell'I.C. Don Milani di Paternò