Il 7 marzo scorso, il
Papa riceve in udienza, tra gli altri, il
movimento di Comunione e Liberazione. Nel decimo
anniversario della scomparsa di don Luigi Giussani , mentre
ricorda con gratitudine l'opera del fondatore di CL, Bergoglio
coglie l'occasione per tuonare contro gli adoratori
del suo (di Giussani) carisma, ridotto a -
testualmente - "museo di ricordi", ovverosia a
culto della personalità. E giù, forte, la
reprimenda contro le "trappole" della "spiritualità
d'etichetta" dei ciellini : "Non vi perdonerebbe
mai (il vostro fondatore) che perdeste la libertà e vi
trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri [...]. Quando
siamo
schiavi dell'autoreferenzialità finiamo per coltivare una 'spiritualità
di etichetta': 'Io sono CL'; e cadiamo nelle mille trappole che ci
offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio
che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una
ONG" "!
Queste le parole di Francesco; e sono, certo, parole durissime
da ingoiare. Sicuramente indigeste.
E, senz'altro, potrebbero risultare
inquietanti, qualora, però, si dovesse intravedere nel
sermocinare lapidario del Vescovo di Roma la studiata,
premeditata e malaugurata intenzione di volere convertire la
cattedra di Pietro, la cattedra evangelica, in tribuna politica, la
teologia in ideologia, - e per giunta marxista - , come pure è
stato insinuato dai suoi, pochi, in verità, non estimatori!
Ma, è questa l'intenzione di papa Francesco?
E'
forse fare tribuna politica il denunciare il formalismo vuoto della
"spiritualità delle etichette", l'esplicitare una simpatia
per la teologia della liberazione, mai peraltro,
dissimulata; il volere soccorrere i più deboli,
l'abbracciare la causa dei più diseredati, di coloro che hanno fame e
sete di giustizia, di tutti gli oscuri disperati che annaspano
inosservati nel quotidiano irreversibile degrado delle periferie
del nostro mondo?
E' ideologismo politico, o è, invece,
piuttosto fedeltà al messaggio evangelico, il
ricordare che la Chiesa cattolica è "un ospedale da campo", - per
usare la metafora bergogliana -, dove non c'è tempo per
teologizzare, ma occorre fare, intervenire, curare, sanare, e aiutare
chi è ferito?
Parla il linguaggio del politichese, il Papa,
quando condanna il fariseismo perbenista di certuni prelati, o
quando anatematizza contro le mafie, le caste e le lobby d'ogni
genere, contro la corruzione, le speculazioni finanziarie, la
pedofilia, lo sfruttamento del capitalismo disumano, del
liberismo senza regole, contro il lusso sfrenato, la violenza, contro
le guerre fatte a scopo di lucro da guerrafondai senza scrupoli ecc.
ecc.?
Alcuni temono che certi suoi modi spicci
di presentarsi, e di "sermonare", possano favorire il
ritorno " blasfemo", ahinoi, di certi vecchi
slogan sessantottini, del tipo: "Cristo sì, Chiesa no!".
Ma perché molti sedicenti cristiani faticano a testimoniare
un Cristo risorto, forte e soccorrevole, in un
contesto di totale emarginazione culturale, sociale, politica?
La
strada della Chiesa non è forse quella di uscire per andare a
cercare i lontani nelle periferie, a servire Gesù in ogni persona
emarginata, perseguitata, delusa, disperata, senza fede? di
lasciare che si manifesti la grande "misericordia di Dio"?.
Sbaglia papa Bergoglio a rovesciare i valori della
società, rileggendoli a partire dagli ultimi?
Ed è un fare
sovversivo il dare maggiore spazio ai carismi del singolo
fratello rispetto all'ordine costituito?
Si contraddice il
Vangelo, se si condanna " la spiritualità d'etichette"?
Se
la verità è di per se stessa sempre rivoluzionaria,
allora: quale Verità può esserci più rivoluzionaria di quella
impartita dalla cattedra di vita evangelica?
Per fare la volontà del
Padre in cielo, non è bene che si cominci a fare bene, prima, il Bene, quaggiù, in terra?
Amen
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com