C’erano una volta le
“tre i”, tutte agghindate e vestite a festa, col cappello in
testa, annunciavano il verbo di Re Silvio da Arcore: “Internet,
inglese, impresa”! Era questa la sorpresa della destra italiana di
marca berlusconiana. Un ritornello durato quasi un ventennio, versione
algida e prosaica dello slogan fascista “libro e moschetto, fascista
perfetto”!
Bandito qualsiasi arcaismo si
ripensava il futuro a suon di revisionismo! E così a Letizia e Maria
Stella toccava l’impresa, ardua, di riformare la cultura italiana,
purgandola da decenni di dominio catto-comunista. Ma per evitare di
parlare in vano, si cercava anche l’appoggio del Vaticano.
Serve un nuovo umanesimo,
suggerivano Ruini, Bagnasco e Benedetto! L’uomo è il centro
dell’universo e la terra non ha mai girato intorno al sole. Aveva
capito tutto Bellarmino, abile a condannare l’eretico Giordano Bruno e
lo scienziato Galilei. È tutta colpa di Copernico, suvvia. E quella
favola, poi, diffusa dai comunisti, che l’uomo derivi dalla scimmia.
Ma, per favore, non esiste più pudore! l’uomo è stato creato a immagine
dell’Onnipotente! Bandiamo allora la teoria dell’evoluzione, potenziamo
l’ora di religione e cantiamo lodi all’embrione. Abbiamo bisogno di
certezze e non di sottigliezze e con sano vitalismo cantiamo in coro:
no al relativismo! Sarà fatto, rispondevano Letizia e Maria Stella.
Ma un bel giorno arriva Ilda la rossa
che al cavaliere vuol scavare la fossa e con un colpo di sciabola
decapita le “tre i”. Perso il cappello, le “tre i” si trasformano nelle
sbarre di una prigione, che Ilda la rossa vorrebbe nuova magione di ser
Berluscone.
Povere “tre i”! che fine indegna.
Ma, quando tutto sembra spacciato, ecco sopraggiungere un mago
mascarato, un comico istrione, che detesta ser Berluscone, ma gli ruba
il minestrone e, con gagliardo trucco, trasforma la telecrazia catodica
in webbocrazia ipocrita.
Abile mossa che, scavata la fossa del cavaliere, resuscita due delle
“tre i”: internet e impresa per costringere i partiti alla resa!
E così i fidi alfieri Dibba e
Dima, irriverenti, rinunciano all’indennità in nome dell’onesta!
E con i soldi restituiti potrà nascere un’ impresa al giorno per
togliere la crisi di torno.
“Guadagno 3mila euro al mese – tuona Dibba – e posso permettermi
qualsiasi cosa tranne un appartamento che avrei potuto comprare se non
avessi restituito i soldi”.
“Per accedere a questo fondo non sono richieste garanzie, basta avere
un’idea imprenditoriale – chiarisce Dima – Ogni azienda potrà accedere
a un finanziamento fino a 25mila euro al mese che dovrà restituire in
dieci anni. I soldi resi serviranno a finanziare altre imprese, si
attiverà così un circolo virtuoso che nei prossimi dieci anni
consentirà di aiutare oltre 40 imprese al mese”.
Eppure, per amore della verità,
Dibba e Dima non la dicono tutta sull’indennità! L’indennità ammonta a
circa cinquemila che, con diaria e rimborsi, fanno quasi quindicimila.
Dividere tremila è allora poca cosa e diventa un investimento se
l’impresa è riconoscente.
Finisce qui la breve storia delle “tre
i”, che dopo la decapitazione non rinunciano alla tenzone.
Sono rimaste in due, è vero. E la terza? La terza si è trasformata in
un “vaffa” sincero!
Nino Arrigo - Ecodeimonti.it