Lo incontravo spesso, per le vie di Misterbianco, nei
lunghi pomeriggi di domenica, mentre passeggiava con il suo
inseparabile amico poeta Turi Scordo. Così conobbi Ignazio Buttitta, il
viso asciutto, simpatico, espressivo, l'abito perennemente scuro e il
suo caratteristico e immancabile berretto "alla siciliana". Lo
inseguivo con gli occhi, lungo lo "stradone provinciale" (via
Garibaldi), tutte le sante domeniche d'inverno, poi raggiungeva i
pisòla do' Monumentu, (Piazza Mazzini), e lì, sempre con l'inseparabile
amico Turi Scordo, si fermava sotto i possenti eucalipti dell'antica
piazza cittadina. E li vedevo parlare e parlare... Ricordo che scrutavo,
con giovanile curiosità, il loro modo di gesticolare, ardente e
gioioso, gridando, quasi, in un siciliano arcaico e a me sconosciuto;
dopo, beatamente, si sedevano su una panchina e continuavano i loro
inestricabili ragionamenti. Finché una domenica mi avvicinai e con una
scusa banale chiesi a Turi Scordo di cosa stessero discorrendo: "di
Carnevale", fu la risposta, tagliente e repentina. "Di Carnevale!?",
replicai io. "Si, della festa più bella e più importante del popolo
siciliano. E questo è un amico speciale, il poeta e compagno Ignazio
Buttitta!". Iniziarono così i nostri interessantissimi incontri... pieni
di ricordi, di poesia e di Sicilia ...
Maestro, ci racconti la
sua vita, la sua giovinezza ...
«Caro amico, in Sicilia la vita è bellissima, ma la mia infanzia è
stata difficile... e molto travagliata! Mio padre era un commerciante,
aveva una salumeria, dove io, sin da piccolo, vi lavoravo! Di quegli
anni ricordo solo lavoro e lavoro,... e tanti sacrifici... E non come i
ragazzi d'oggi ... ».
Poi è scoppiata la
guerra ...
«Io sono stato... uno dei ragazzi del '99! Che ha salvato la Grande
Guerra e l'onore dell'Italia! Tanti paroli ppi non diri nenti! Sono
stato chiamato alle armi quasi alla fine della guerra, nel '17, e con
la mia "generazione" "partecipai" al massacro di tanti giovani
d'Europa, di tanti figli di mamma! Che tragedia... e che tristezza!».
Al suo ritorno come ha
trovato la Sicilia?
«Pèggiu di prima! Dopo la guerra... iniziai una nuova vita, frequentai
nuovi amici, Giuseppe Pipitone Federico, Luigi Natoli, Giuseppe
Nicolosi Scandurra, Alessio Di Giovanni, Filippo Fichera, Antonio
Negri, Giuseppe Pedalino e numerosi altri poeti e intellettuali
siciliani. E iniziò il mio impegno politico! Nel 1922 sono stato tra i
fondatori del circolo di cultura "Giuseppe Turati", pubblicammo un
giornaletto settimanale "La povera gente". Il Primo maggio di
quell'anno abbiamo promosso una grande manifestazione per ottenere la
giornata lavorativa di otto ore. Una follia per allora! Il 15 ottobre,
proprio alla vigilia della Marcia su Roma, ho organizzato una sommossa
popolare contro l'irrigidimento del dazio comunale, che mi costò
l'arresto insieme ad altri collaboratori del settimanale. Nel 1924, in
occasione delle elezioni politiche, presentai la lista del Partito
Socialista, ma subito dopo aderii al Partito Comunista d'Italia. Il mio
partito!».
Quando ha scritto la sua
prima poesia?
«Ricordo che nel 1923 pubblicai la mia prima raccolta di versi
dialettali: "Sintimintali", e nel 1928 il poemetto "Marabedda". Nel
1927 sono stato condirettore, insieme a Giuseppe Ganci Battaglia e
Vincenzo Guarnaccia, del mensile palermitano di letteratura dialettale
"La trazzera", che solo dopo due anni è stato soppresso dai fascisti!
Ma non ci siamo dati per vinti! In quegli anni ho continuato a
pubblicare le mie poesie... in fogli clandestini e nel mitico
quindicinale "Il Vespro Anarchico", diretto da Paolo Schicchi. E quante
gliene abbiamo dette a... quel regime lì!».
Poi venne "l'altra"
guerra ...
«Anch'io, come te, caro amico, ho tastato... il "duro pane
dell'emigrante"! Nel 1943 sono andato a Codogno, in Lombardia, e da lì
mi sono impegnato nella lotta partigiana contro il nazifascismo. Quante
battaglie abbiamo fatto! E quanti pericoli! Sono stato "acciuffato" per
ben due volte dai fascisti,... e tutte due volte sono riuscito a fuggito!
Poi, finalmente, venne la Liberazione,... e dopo tanti anni sono
ritornare a casa, in Sicilia. Ma tutto era cambiato! I magazzini e la
mia casa erano stati saccheggiati, gli amici di un tempo scomparsi! La
mia vita non c'era più! Così decisi di ritornare in Lombardia,... dove
già mi aspettava una moglie, i miei figli... e il lavoro di
rappresentante. E in Lombardia ho avuto la possibilità di frequentare
gente come Quasimodo e Vittorini. E non so se mi spiego!
Solo a metà degli anni Cinquanta, sentii forte il richiamo della mia
terra, e sono rientrato a Bagheria. Affidai l'attività commerciale ad
amici, e mi sono dedicato, finalmente, anima e corpo, alla mia amata
terra e alla poesia siciliana!».
Maestro cosa ne pensa
del dialetto siciliano?
«Caro amico, voglio che comprendi 'na cosa, noi non parliamo o
scriviamo in siciliano, perché è più "comodo", più facile, per
ignoranza, o perché ci piace! No! Noi parliamo e scriviamo in siciliano
perché ci appartiene, perché è la nostra lingua, la nostra identità, 'a
nostra ràdica; perché sono state le prime parole che abbiamo sentito
all'alba della nostra vita, nelle viscere di nostra madre, quando
eravamo 'nta naca, quando ci addormentava, ci allattava, ci nutriva. Il
siciliano è la madre della nostra cultura! E non ce la possiamo
scordare! Mai! La lingua siciliana, inoltre, è importante anche perché
"combatte" l'omologazione e la standardizzazione culturale della nostra
epoca. E voglio ricordare le belle parole di un... nostro amico comune,
"Questa nostra lingua va protetta e difesa sino allo spasimo! Il nostro
dialetto è di una dolcezza infinita, di una musicalità struggente. E tu
ne sei amante degnissimo, geloso, competente e appassionato, e capace
di farcelo amare ancora di più!"».
E cosa pensa del fatto
che al giorno d'oggi, i giovani nati in Sicilia parlano poco il
siciliano, e lo conoscono ancora meno!? Purtroppo!
«La lingua è tutto per un popolo! È... libertà, identità, memoria,
speranza, futuro! Un popolo rimane libero anche se lo mettono in
catene, se lo spogliano di tutto, se gli chiudono la bocca, un popolo
rimane ricco anche se gli tolgono il lavoro, il passaporto, la tavola
in cui mangia, il letto in cui dorme, un popolo diventa povero e servo
quando gli rubano la lingua ereditata dai padri, allora si, è perso per
sempre! Non finirò mai di ripeterlo! Un populu | mittitulu a catina |
spugghiatulu | attuppatici a vucca | è ancora libiru. ...livatici u
travagghiu, u passaportu, a tavola unni mancia, u lettu unni dormi, è
ancora riccu, un pupulu diventa poviru e servu, quannu ci arrubbbati a
lingua addutata di patri, è persu pi sempri».
Cos'è la poesia?
«La vera poesia è attualità, è atto politico di ribellione e di
riscatto, e non solo allitterazione e tradizione. Se vuoi comprendere
non solo il metodo, l'agire poetico, ma anche il merito, l'orizzonte
della mia poesia, devi sapere che io "vivo" la letteratura come visione
che si fa ragione, coscienza del lettore, che diventa progetto da agire
nella realtà. La mia poesia siciliana è esplicitamente impegnata e
radicata nelle cause e nelle conseguenze del disagio economico delle
classi subalterne. La letteratura, caro amico, esprime sempre un
soggetto collettivo, raffigura i miti di una società, i modelli
narrativi, i valori in cui essa crede, le emergenze di senso che
ricompongono il mondo. Miti come realtà desiderata, simbolicamente
risolta, origine e modello di ogni civiltà».
Maestro, cosa pensa del
popolo siciliano? Riuscirà a salvarsi?
«Difficili mi pari, difficili! Ma io, come sempre, non mi do per vinto!
E con la penna e la voce combatto una battaglia civile e culturale per
il mio popolo! La Sicilia è addurmisciuta, dormi 'u sonnu di li morti,
ed aspetta mentri dormi, chi canciassi la so sorti! Parru cu tia, toia
iè la culpa, sfradda 'sta cammisazza, tìngila e fanni 'n pezzu di
bannera. Questo è mio il "comandamento": Siciliani, alzate la testa e
diventate protagonisti del vostro destino!!!».
Ignazio Buttitta, nato a Bagheria, il 19 settembre 1899 e morto il 5
aprile 1997, è considerato uno dei maggiori poeti italiani, apprezzato
per aver ridato lustro alla lingua e alla cultura siciliana,
combattente per la libertà e per il riscatto dei diseredati e delle
classi popolari, ha saputo coniugare con rara maestria la purezza e la
musicalità dell'idioma isolano con la concretezza e la forza del
linguaggio e delle idee.
Angelo
Battiato
angelo.battiato@istruzione.it