Le norme
contrattuali che regolano lo status giuridico degli impiegati pubblici
in gran parte sono valide per definire quello degli insegnanti. La
peculiarità delle loro prestazioni, che dovrebbero fondarsi su un
elevato standard di preparazione culturale, sull’autonomia
intellettuale, sulla ricerca e sulla libertà didattica, è codificata in
poche e disattese disposizioni.
L’insegnamento in genere è diventata un’attività in cui
prevalgono gli adempimenti e che si modifica raramente, vincolata com’è
da molteplici e sempre nuovi regolamenti.
La posizione giuridica dell’insegnante di ruolo ancora oggi è
immutabile nel tempo: prevede solo scatti di anzianità. Dal punto di
vista contrattuale è una figura professionale monofunzionale; nei fatti
invece svolge diversi compiti, riferibili sia
all’insegnamento formale sia alle diverse attività educative che le
scuole sono tenute a realizzare. Compiti che sono poco e
parzialmente valorizzati.
L’insegnamento è diventato negli ultimi anni un’occupazione
prevalentemente femminile che riserva poche soddisfazioni: la più
grande delle quali è la nomina a tempo indeterminato dopo lunghi anni
di avvilente precariato. Sembra fatta apposta per allontanare i
migliori laureati , soprattutto quelli nelle materie scientifiche e
professionali.
La formazione di quasi tutti i docenti è universitaria e la stragrande
maggioranza dei laureati, fatta eccezione dei medici, dei farmacisti e
di qualche altra professione, cerca di avere un impiego a scuola senza
averla scelta come destino del proprio corso di studi e senza adeguata
preparazione professionale.
Fino ad oggi si entra a scuola con le supplenze temporanee ed annuali e
vi si resta definitivamente in seguito all’immissione in ruolo;
assegnato per concorso ordinario o per concorso riservato.
Spesso l’ingresso nella scuola è segnato da pregiudizi e da delusioni
per défaillances di precedenti aspettative. La scuola è per molti solo
un’occasione di lavoro, più che una scelta di vita, come si diceva una
volta. Non è stato sempre così.
Negli anni ’70, anni di grande espansione della scolarizzazione, per un
consistente gruppo di insegnanti (soprattutto quelli di materie
umanistiche) di estrazione popolare, l’insegnamento è stato un’
importante via di accesso alla promozione sociale e per le donne quella
più sicura all’assunzione di ruoli extrafamiliari.
E’ stata la fortuna del sistema scolastico italiano, perché con pochi
investimenti, anche se sono state modificate le modalità di assunzione
nella scuola, ha potuto disporre di risorse umane di qualità, che hanno
profuso nell’esercizio della professione un entusiasmo e un impegno
superiori alla considerazione pubblica del loro lavoro.
Questo gruppo di insegnanti, in genere portatore di una concezione
idealizzante della propria funzione, è stato determinante per la
costituzione di molti atteggiamenti professionali della categoria e ha
di fatto sopperito a tutte le carenze del sistema scolastico italiano.
E’ ormai, però, quasi tutto sparito per raggiunti limiti di età e non
pare che sia stato adeguatamente sostituito dalle nuove leve.
Massificazione del ruolo, facilitazione d’accesso nel sistema
scolastico, eliminazione di ogni forma di valutazione, hanno abbattuto
tutti i criteri e i sistemi di qualificazione della funzione docente,
da cui discende il prestigio sociale e rendono difficile il ritorno
agognato della categoria degli insegnanti ad una condizione
professionistica: generalmente accessibile quando i componenti di un
gruppo professionale sono pochi, scelti, valutati e ben pagati.
Per questa discesa negli inferi della considerazione sociale è stata
determinante l’assenza di regole qualificate di reclutamento. Questa si
è legata con effetti nefasti con l’assenza di sistemi seri di
valutazione del servizio e con l’assenza di formazione seria e moderna
sia all’inizio sia durante tutta la carriera scolastica.
Il problema del reclutamento degli insegnanti è fondamentale per le
sorti della scuola e per le sorti del loro ruolo pubblico.
Gli insegnanti preparati e di qualità non devono essere un’eccezione,
ma l’esito previsto, programmato e regolare del sistema scolastico.
prof. Raimondo Giunta