Due
premesse.
In primo luogo mi soffermerò sull'Italia, anche se ultimamente ho
cercato di allargare i miei orizzonti, di parlare di cose davvero
importanti, di parlare di qualcosa che davvero conta ed esiste.
L'Italia, come ogni singolo Stato, in questa Terra mondializzata, non
conta nulla in sè, è una realtà poco significativa e dunque parlarne
può essere davvero una perdita di tempo. Ma è pur vero che ogni sistema
complesso è composto da parti più piccole e più semplici. C'è sempre,
per ogni centro, una periferia. E poi io continuo a sentirmi italiana.
In secondo luogo, io e mio marito abbiamo circa 50 anni, è un'età in
cui forse si comincia a dire che "prima era meglio" e a essere un po'
meno volti al futuro. Forse per questo o forse no, forse è solo
constatazione di un dato di fatto, aldilà della nostra età, in ogni
caso ci stiamo ponendo una domanda sull'Italia. La domanda è: perchè?
Perché per una qualsiasi pratica i livelli intermedi da attraversare
sono come minimo tre o quattro. Forse prima di superare il
bicameralismo perfetto sarebbe stato opportuno superare la burocrazia
imperfetta.
A pensare male si potrebbe dire che più passaggi ci sono, più lente
sono le pratiche, più facilmente qualcuno unge la ruota per accelerare
il tutto. E si tratta di corruzione, arte in cui pare si sia maestri.
E dunque perché per iniziare una qualunque attività bisogna passare
anche dalle province, se le province, ci dicono, sono state abolite?
Ci chiediamo perché tutto dipenda dalle persone. Un sistema funziona
bene dove ci sono persone capaci, dove ci sono persone incapaci non
funziona nulla a pochi chilometri di distanza. Lo so che è ovvio, che
le persone fanno la differenza, ma, se è acclarato che un dirigente non
sa dirigere deve essere rimosso, e io avrei qualche nome pronto.
Perché allora se qualcosa non funziona non viene controllata e poi
aggiustata?
Ma anche perché i cittadini invece di denunciare le storture
preferiscono vie traverse?
Perché un politico che dice "affanculo la scuola" viene premiato con un
premio alla cultura?
Perché le leggi sono così tante che difficilmente si possono applicare
nella loro interezza?
Perché leggi cavillosissime, l'Italia ne è maestra, lasciano buchi
legislativi così grandi?
Perché pare che in Italia per dirimere qualsiasi questione o tema
l'unico luogo deputato sia il tribunale?
Perché accanirsi contro un'orsa che difende i cuccioli e non contro chi
specula sul territorio costruisce piste da sci in luoghi improbabili e
inquina la nostra bellezza?
Perché innamorarsi sempre dell'uomo della provvidenza e non rimboccarsi
le maniche noi, cittadini?
Perché in tre sul motorino e senza casco?
Perché morire così giovani, così giovani uccidere?
Perché preferire la criminalità allo Stato? (Forse qui perchè per
taluni purtroppo la differenza non c'è, e davvero non c'è sia al Nord
che al Sud beninteso).
Perché sparare contro l'articolo 18 e molto meno contro mafia ed
evasione?
Perché gli industriali se la prendono coi diritti dei lavoratori
quando, troppo spesso, non sanno investire, pensano solo al loro utile,
non sanno fare un minimo di mecenatismo, non sanno fare il loro
mestiere, ma solo il loro interesse?
Perché siamo ricchi di arte e bellezza e non ci facciamo caso?
Perché abbiamo tanta storia alle spalle e ci dimentichiamo tutto subito?
Perché l'Italia è così? Ci siamo chiesti. E io questa volta una
risposta, sia pure parziale, ma fondamentale ce l'ho.
Basta guardare quanto l'Italia investe nella scuola, nella ricerca e
nella cultura. La risposta terribile a molti dei nostri guai, delle
nostre arretratezze, della nostra impotenza è lì. Si chiama ignoranza.
Ignoranza di Stato.
Maria Rosa Panté