"Noi non facciamo l'ennesima riforma
della scuola. Noi proponiamo un nuovo patto educativo". Con
queste parole Renzi ha annunciato le tante attese "riforme" su "La
buona scuola" per far crescere il Paese.
Le parole nuove al linguaggio politico con il riferimento
all'educazione, all'aggettivo qualificativo della scuola che si
auspica "buona" se non restino soltanto formule e titoli, sono da
considerarsi un fattore positivo e la descrizione di un traguardo da
conseguire.
L'Italia cambierà solo se noi metteremo al centro la scuola, ecco le
premesse per il patto e le indicazioni operative del progetto che
riguarda sessanta milioni di persone.
L'intenzione di superare il meccanismo del precariato permanente e
della "supplentite" mediante, scatti di carriera basati sul merito e
non semplicemente sull'anzianità, appare una "novità" significativa,
senza per questo sbandierare la formula "non ci saranno più supplenti"
perché il sistema scolastico attuale non è pronto al travolgimento
della metodologia d'insegnamento, essendo costruito sul sistema di
classi e cattedre.
Appare inoltre positivo il considerare la scuola strumento di crescita
per il giovane cittadino e spazio di democrazia.
Il Premier ha annunciato che "Dal 15
settembre al 15 novembre ascolteremo tutti, a cominciare dagli studenti
che sono per noi protagonisti, non spettatori. Chiederemo alle famiglie
e agli studenti se condividono le nostre proposte sui temi oggetto
d'insegnamento, le materie e i programmi. Chiederemo ai presidi di fare
di più, aumentando competenze e responsabilità, ma anche snellendo la
struttura amministrativa attraverso un percorso di digitalizzazione
procedurale spinta".
Il coinvolgimento dei genitori e degli studenti è essenziale per una
fattiva cooperazione con i dirigenti e i docenti che guidano le azioni
del "patto educativo".
Nelle 136 pagine che condensano le proposte innovative, si parla dei
docenti, delle nuove opportunità di formazione e di carriera, di
autonomia e valutazione e di lavoro, come traguardo e finalità
dell'istruzione "unica soluzione strutturale alla disoccupazione e
unica risposta alla nuova domanda di competenze espressa di mutamenti
economici e sociali".
Nei dodici punti del documento, articolato in 6 capitoli, si
esplicitano in maniera sintetica le proposte innovative: mai più
precari; dal 2016 solo concorsi; basta supplenze; la scuola fa
carriera; la scuola si aggiorna; scuola di vetro; sblocca scuola;
scuola digitale; cultura in corpore sano; le nuove alfabetizzazioni;
scuola fondata sul lavoro; la scuola per tutti e tutti per la scuola.
Su questo "meraviglioso patto educativo"permane l'ombra sinistra delle
risorse economiche che secondo alcuni non ci sono e secondo le promesse
del Governo saranno previste nella legge di stabilità e da gennaio
saranno accompagnate da specifici atti normativi conseguenti.
Non è opportuno perdere la speranza, bensì continuare a guardare verso
l'orizzonte. Intanto la nave della scuola è già al largo per il
nuovo percorso annuale, carica di problemi e di tensioni anche
sindacali per il mancato rinnovo del contratto.
Non bastano le parole e camminare su strade lastricate di buone
intenzioni non sempre conduce al traguardo sperato.
Ancora una volta il premier ripete "Io
non ho fatto il tifo per la rottamazione perché volevo fare qualcosa di
nuovo rispetto a quelli di prima", ma "perché volevo fare qualcosa di
meglio rispetto a quelli di prima" e noi siamo per la ricerca
del meglio anche nella scuola che ha bisogno d'indispensabili
miglioramenti e di persone "orgogliose" che aiutano i ragazzi a
crescere.
"La scuola italiana ha le potenzialità per guidare questa rivoluzione,
per essere l'avanguardia e non la retrovia del Paese".
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it