La
psicologa Elisabetta Camussi (Bicocca): «Ai ragazzi italiani manca la
progettualità della propria vita professionale e lavorativa. Imparate
dagli inglesi» - Più di sessanta mila ragazzi ai test per entrare a
medicina (10mila posti in tutto)? I pochi iscritti, soprattutto tra le
ragazze, alle facoltà scientifiche? «Un errore di progettualità: più
che orientamento qui ci vuole formazione». Ne è convita Elisabetta
Camussi, professore associato di Psicologia sociale all’università
Bicocca di Milano, che assegna alla scuola un ruolo determinante. «È a
scuola che i giovani devono imparare a progettare il loro futuro, le
loro carriere. Bisogna uscire dal fatalismo, dalle scelte fatte perchè
lo dicono i genitori o perchè è quello che fanno gli amici». Normale, a
19 anni. Ma non è così ovunque: «Nei paesi anglosassoni, i ragazzi sono
abituati ad avere un atteggiamento progettuale. L’Italia, invece, è una
nazione che fa fatica a immaginare il proprio futuro, e così è anche
per i nostro ragazzi».
Tutti medici
Il caso del test di medicina è paradigmatico. «Di quei giovani che
provano a entrare, solamente una piccola parte ha riflettuto seriamente
ed è convinta di vedere il proprio futuro in ospedale. Gli altri vanno
sul sentito dire o sono affascinati dall’immagine sociale del medico».
E così, le scelte del gruppo (tipiche nell’adolescenza) rischiano di
soffocare talenti, inclinazioni e mischiare le acque. E far perdere
tempo. «È per questo che i ragazzi devono allenarsi a pensare al
futuro. Certo, nessuno gli chiede di avere certezza, ma è importante un
atteggiamento progettuale» spiega Camussi.
Il diritto al progetto
E tutto comincia sui banchi. Senza arrivare agli eccessi di
iper-programmazione, «la scuola dovrebbe insegnare ai più giovani ad
avere un’ottica critica, e soprattutto, ribadire che tutti hanno il
diritto ad avere un progetto e a perseguirlo - aggiunge Camussi –
Usciamo dalla logica fatalista del farò quello che mi capita. No alle
scelte di comodo o suggerite dai genitori e gli amici: le decisioni
vanno prese in base a quello che, in quel momento, si intravede come il
proprio progetto. Un progetto che, ovviamente, nel tempo si
trasformerà».
Life Design
Non solo orientamento, quindi, ma vera e propria formazione che tocca
anche la questione di genere,basta guardare ai numeri delle iscritte
alle facoltà scientifiche. I sogni delle ragazze, infatti, spesso
nascono già in trappola. «Sentono il peso, quasi esclusivo, di dover
conciliare la vita personale con quella professionale Ma la cura dei
figli e della famiglia deve essere condivisa. Alle donne non si può più
chiedere di farsi carico anche di quello che alcuni uomini, per ragioni
culturali, non fanno, e della mancanza di politiche di welfare» dice
Camusso. E aggiunge: «Liberare i progetti delle ragazze aiuta anche i
ragazzi che ora possono immaginare una carriera diversa da quella dei
loro padri per partecipare più attivamente alla vita familiare».
Carlotta De Leo
Corriere.it