E
all’improvviso la scuola ti casca dal cuore. La scuola che hai
frequentato, magnificato, osannato; a cui hai creduto e dedicato inni e
lodi, gioie e dolori, e gli anni migliori della tua vita,
all’improvviso ti sembra vuota e spoglia, misera e maligna. Nuda di
vita e di futuro, povera di spirito e di speranza, malevola e
incomprensibile dentro. A tratti nemica. Inservibile. Un ciclo
ossessivo e ripetitivo, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Inconcludente. Un ciclo dei vinti. Quelle aule, un giorno piene di
ragazze e ragazzi, diventano una fila incessante di casermoni vuoti,
buoni solo per addossare cataste di legname e ferraglie imbrattate di
polvere e chili di fuliggine. Quegli interminabili corridoi pieni di
luce e di voci fanciulle, corsie fradice catramate di muffa e di noia,
peggio di corsie d’ospedali. Quei campanelli che annunciavano ore di
studio e d’allegria, inservibili sbadigli di somari malconci e
sonnecchianti.
La scuola non è più palestra di vita, di democrazia, di cittadinanza,
di nuovo umanesimo.
A scuola si impara poco e male. Se ancora si impara.
A scuola si perdono anni di vita e di speranza, e risorse insuperabili
e irripetibili. Peccato imperdonabile.
La scuola non sa valutare, non sa giudicare, non sa comprendere, non sa
discernere, non sa capire, non sa stimare. Questo è il suo male
assoluto. Il suo peccato originale. La scuola per imparare a valutare
deve “nascere” mille e mille volte ancora, per mille e mille anni
ancora… E adesso,… non c’è più neppure il “conforto” d’un’Italia
combattente e trionfante che ci può ridare speranza di giorni migliori;
non c’è più quel magico sogno azzurro di “Spagna 82”; non c’è quel
portentoso urlo di gioia di Tardelli a riscattarci.
Come in quella lontana e indimenticabile estate mondiale! Come in
quella perduta stagione della mia vita!
Solo un desiderio, o una minaccia: riscriveremo un’altra storia in
un’altra estate…
Come quell’ultimo samurai nascosto nelle impervie foreste tropicali
che, anche dopo la guerra, aspettava d’accoppare il nemico invasore, o
come i pellerossa che straziarono sino all’ultimo soldato del generale
Caster… Anche noi aspetteremo l’ultima campanella… Ancora, ancora,
ancora…
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it