
Ma a parte l'anniversario dell'Inda, c'è un altro anniversario di riguardo, i 50 anni di presenza al Teatro di Siracusa di Mariano Rigillo, che debuttò mezzo secolo fa con Eracle di Sofocle. Dopo aver interpretato due volte il ruolo di Agamennone, quest'anno fa un "cameo", nel ruolo dell'araldo.
"Ché non si potesse dire - puntualizza con la consueta ironia - che Agamennone in Italia potevo farlo solo io. Ma questa volta il ruolo conta poco, l'emozione è quella di partecipare al centenario e poco importa come". Rigillo è un napoletano, colto, un uomo del sud che nel teatro italiano ha fama di gentiluomo e che deve tanto a un altro grande napoletano, Peppino Patroni Griffi con cui ha condiviso più di 25 di carriera, la riscoperta di Viviani e i premi vinti con le messe in scena di Pirandello, spettacoli che ancora oggi fanno scuola. " Con Peppino - ricorda - imparai a conoscere e saper leggere Viviani che non era affatto un autore strappacuore come pensavo allora, ma l'autore degli emarginati, di una plebe spesso cattiva, mossa dall' istinto della sopravvivenza". La storia lunga 50 anni che lega Rigillo al Teatro greco di Siracusa è costellata di successi: nel 2011 ha vinto L'Eschilo d'oro alla carriera, proprio nell'anno in cui proponeva un Socrate magistrale ne "Le nuvole" di Aristofane. "Il teatro greco - spiega - è la migliore palestra per un attore, è teatro nel senso più alto del termine; quando non esistevano i microfoni, fino agli inizi del nuovo millennio, non tutti potevano recitare a Siracusa, la voce era tutto e occorreva una tecnica infallibile e non solo per portare la voce a 40 metri di distanza, ma per raggiungere anche il pubblico più lontano con le emozioni".
Ansa.it