Finita la
seminagione, la sìmina, 'u zu Carmine, per gustare appieno il merita
riposo, decise di passare una bella domenica in compagnia della
famiglia del suo amico 'Gnaziu. Così, la sera del Sabato, 'na sirata,
le due famiglie si ritrovano insieme nella casa do' zu Carmine per
preparare il pranzo della domenica. Ma già quell'occasione era buona
per passare una serata insieme e cenare in allegria. Così 'Gnaziu fece
entrare Titina, la sua cagnola preferita, dalla porta adiacente alla
stalla di Ciccineddu, che già l'aspettava con impazienza; la cagnola
entrò latrando festosamente nella stalla e stette in compagnia del
giovane asino. Poi, 'u zu Carmine e 'Gnaziu, salirono per la scala di
legno interna e arrivarono al primo piano dove vi erano già le due
famiglie riunite.
La casa do' zu Carmine era ubicata vicina al palmento, non lontana
dalla gebbia, aveva due entrate, la principale portava al primo piano,
dove vi erano due stanze, poi, per un'altra scala di legno, si giungeva
ad un ambiente dove c'era il forno a pietra, per fare il pane,
'nfurnari 'u pani, e una cucina a pietra, al centro del locale si
trovava il tavolo e il braciere, 'a conca, piena di carbonella accesa,
posta su un cerchio di legno, 'u pedi 'i conca, dove attorno si riuniva
la famiglia per riscaldarsi.
Quel sabato sera c'erano grandi preparativi perché, oltre alla cena, si
doveva fare il pane. La moglie do' zu Carmine, Nunziata, e quella di
'Gnaziu, Santa, prepararono il lievito del pane, 'u criscenti (una
porzione di farina impastata e conservata), così da farlo riposare
tutta la notte per l'infornata dell'indomani mattina, 'a 'nfurnata.
Nel forno si potevano introdurre dieci forme di pane, deci vasteddi,
che duravano, in ottime condizioni, per un'intera settimana.
Al piano terra, in prossimità del secondo ingresso, dove c'era la
stalla, 'u zu Carmine aveva un altro locale, adibito a deposito per la
legna e la paglia, 'a pagghiera, dove la famiglia allevava una capra,
per il suo prezioso latte.
Prima dell'imbrunire, di scurari, 'u zu Carmine e 'Gnaziu, insieme al
figlio, scesero nella stalla e fecero uscire Ciccineddu e Titina per
condurli alla biviratura della gebbia, per farli bere. Fecero, così,
una lunga passeggiata, 'na passiata, per stare insieme e dialogare
allegramente. Dopo essersi dissetati ritornarono tutti a casa, e mentre
Ciccineddu e Titina consumavano la loro cena, rispettivamente, a base
di paglia e di pasta, 'u zu Carmine, 'Gnaziu e suo figlio, salirono al
secondo piano dove li aspettavano le famiglie riunite per cenare.
Vennero servite delle fette di pane abbrustolite, con formaggio,
salsiccia e lardo. Poi, sulla carbonella della conca, con delle
mollette di ferro, misero a cuocere le olive nere caliate. Poi, venne
servita la gelatina, 'u suzzu, fatta in casa con le estremità del
maiale (piedi, orecchie, coda, muso, grugnu) ammazzato nel mese di
dicembre. La cena era accompagnata dal buon vino della contrada Lastra,
preparato nel vicino palmento. Consumata la cena, le due famiglie si
separarono, 'Gnaziu, Santa, il loro figlio e la cagnola si avviarono
verso casa, che era vicina alle scuole elementari.
La mattina della domenica si riunirono di nuovo per pranzare insieme e
fare il pane, 'a 'nfurnata do' pani. Di buon mattino, mentre gli uomini
conducevano Ciccineddu e Titina alla gebbia, Santa e Nunziata, con le
loro figlie, Maria e Concetta, presero il lievito rinnovato, 'u
criscenti, prepararono l'impasto di farina, 'a 'mpastata, nella maida,
'a maidda, e fecero le forme di pane, 'i vasteddi. Dopo aver verificato
che le forme di pane erano ben lievitate, Nunziata e Santa, con le
ragazze, accesero la legna nel forno, e dopo aver raggiunto la giusta
temperatura, tolsero la carbonella accesa e la misero nell'apposito
contenitore, lasciandone una parte in una paletta di ferro, 'u
palittuni, poi con una pezza umida pulirono la base del forno ed infine
con la pala di legno, infornarono il pane, 'i vasteddi, che venne
rinchiuso con un apposito coperchio di ferro, 'a ciappa, all'esterno
della porticina depositarono la carbonella accesa ed aspettarono un'ora
abbondante.
Contemporaneamente, in una pentola, fecero bollire l'acqua, ùgghiri,
per cuocere le tagliatelle ben riposate e, appena cotte, vennero
servite nei piatti e condite con il sugo che era stato preparato in
mattinata e con del buon pecorino grattugiato.
Consumato il primo, venne servito il secondo, dei bocconcini di carne
di maiale bolliti e conditi con il sugo di astrattu, delle estremità
del maiale, il tutto "accompagnato" dal pane di casa e dal vino della
Lastra; per dolce, 'u zu Carmine aveva comprato 'na 'nguantera di
cannoli alla ricotta e alla crema bianca; e per finire, frutta di
stagione a volontà, arance, mandarini e fichi secchi. Per "digestivo",
la padrona di casa aveva preparato un rosolio alla cannella fatto con
le sue mani.
Intanto, passata un'ora abbondante, venne tolto il coperchio dal forno,
'a ciappa, e dopo aver constatato che il pane era ben cotto, venne
uscito dal forno e messo su una tavolata per farlo raffreddare, coperto
da un manto di lana. Nunziata e Santa, con una porzione di impasto di
farina, prepararono delle focacce, 'i facci 'i vecchi, che condirono
con aglio, olio e peperoncino, e delle frittelle, condite con lo
zucchero. Ma la domenica non era ancora finita,... perché, dopo aver
sparecchiato e ripulito in fretta la cucina, si prepararono per
l'immancabile passeggiata pomeridiana nella piazza del paese, già
ripiena d'amici, di paesani e di curiosi, pronti per assistere
all'uscita, in pompa magna, della tradizionale processione del Santo...
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it