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Riforma: Atti di culto e attività scolastica

Sindacati
Al quotidiano “Avvenire”
agli organi di informazione
Che stiamo lavorando e che lo facciamo con anticipo sui tempi ci sembra già una buona notizia e un vanto; che poi la causa di tale alacrità sia rivolta ad evitare che vengano commessi atti in violazione delle leggi e delle disposizioni vigenti ci da l'illusione di poter riceverne unanime consenso. Invece no, non è così. Non è così almeno per gli ineffabili estensori del quotidiano “Avvenire” che proprio il nostro attivismo in difesa delle disposizioni di legge sembrano voler rimproverare. Riepilogando brevemente per una più agevole comprensione da parte di tutti.

Nei giorni scorsi come organizzazione sindacale Cobas Scuola abbiamo inviato a tutte le sedi periferiche dell'amministrazione scolastica, Ufficio Scolastico Regionale e Uffici Scolatici Territoriali (ex provveditorati) e ai Dirigenti Scolastici delle scuole siciliane, una nota in cui ribadivamo, sulla base di una consolidata giurisprudenza che arriva fino al rango costituzionale, che alle scuole non è consentito a nessun titolo l’organizzazione o la partecipazione in orario scolastico ad atti di culto, celebrazioni o a qualsiasi altra attività di natura religiosa (Precetto pasquale, ecc.) e più che mai che tali attività possano essere previste in luogo e in sostituzione delle normali ore di lezione.

Si direbbe una raccomandazione addirittura pleonastica visto che dirigenti, funzionari e il personale tutto delle pubbliche amministrazioni devono, per dovere d'ufficio, conoscere ed applicare con scrupolo la normativa vigente, in special modo quando si tratta della delicata materia che attiene al complesso e delicato processo di formazione delle coscienze e dell'individuo.

E invece no, e la risposta piccata di “Avvenire” dello scorso 4 marzo ci conforta più che mai sulla opportunità della nostra iniziativa visto che da quelle colonne ci si rimprovera, così afferma Paolo Ferrario, citando Nicola Incampo (esperto per l’Insegnamento della religione cattolica della Conferenza episcopale italiana), una mancata conoscenza della normativa.

Orbene è proprio l'esperto Incampo che a nostro avviso inciampa subito in un evidente travisamento della normativa e della questione nei suoi termini più generali.

Ci rimprovera ad esempio la mancata considerazione della sentenza n. 3635 del 2007 del TAR del Veneto che avrebbe a suo dire ribaltato la sentenza del TAR dell’Emilia Romagna del 1993 che invece noi citiamo a sostegno delle nostre tesi la quale, a proposito dell'ambito di deliberazione degli organi collegiali della scuola, collegio docenti e consiglio di circolo o d'istituto, ai sensi dell’art. 6 secondo comma lett. d) ed f) del d.P.R. 31 maggio 1974 n. 416 (adesso, art. 10, comma 3, lett. e. e g. del d.lgs. n. 297/1994), recita:

- che questa si esercita sulla programmazione e sull'attuazione di attività prettamente didattiche e che in modo “evidente, se non si vogliano fare forzature al dettato della legge, che in nessuna delle indicate attività potrebbero mai rientrare concettualmente la celebrazione di liturgie o riti religiosi o il compimento di atti di culto o comunque le pratiche religiose”

- che, sulla base del dettato costituzionale di indipendenza e sovranità reciproca tra Stato e Chiesa, “Al di là dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole dello Stato, non è consentito andare: pertanto, ogni altra attività, squisitamente religiosa (atti di culto, celebrazioni) non è prevista e non è consentita nelle aule scolastiche e meno ancora in orario di lezione e in luogo dell’insegnamento delle materie di programma”.

Il fatto è che la sentenza del 2007 del TAR del Veneto, invocata dall'esperto Incampo come pietra tombale della discussione, si riferisce alle visite pastorali e non alla celebrazioni di messe o altri atti di culto in orario scolastico cui noi facciamo esplicito riferimento nella nostra diffida.

Per giunta la successiva decisione del Consiglio di Stato n. 01911 del 2010, che Incampo sembra non conoscere, ha censurato questa sentenza del TAR ristabilendo innanzitutto la piena legittimità dell'Uaar a presentare ricorso e nel merito riconoscendo sì la legittimità della visita pastorale nella scuola previa deliberazione degli organi collegiali, ma solo a condizione che non possa “essere definita attività di culto, né diretta alla cura delle anime”.

È forse questo il motivo dell'amnesia? A noi fa venire in mente altre polemiche in cui molti si spinsero a definire il crocifisso arredo d'aula, ex tal regio decreto di epoca fascista, pur di mantenerlo appeso alle pareti tra le carte geografiche e le lavagne.

E poi perseverando l'esperto continua riesumando una circolare dell'allora Ministro per la Pubblica Istruzione Misasi del 13 febbraio 1992, prot. n. 13377/544/MS che nell'articolo di “Avvenire” viene citata con un perentorio “stabilisce che”, ma che da una lettura appena superficiale rivela invece locuzioni ben più timide, del tipo “questo Ministero è dell’avviso ...” e “Si ritiene ...” che ne evidenziano il carattere meramente interpretativo in piena forzatura di quanto espresso dal citato art. 6 del d.P.R. n. 416/1974 e poi ribadito dall'art. 311 del d.lgs. n. 297/1994, il Testo unico in materia di istruzione, e quindi definitivamente superata dalla sentenza del TAR Veneto, sez. II, del 20 dicembre 1999, n. 2478.

A giudizio di chi legge: non vuol dire questo che a nessun titolo e in nessun modo è ammissibile la pratica del culto religioso nelle sue varie forme all'interno delle attività curriculari ed extracurriculari previste dagli ordinamenti scolastici? Non è esattamente proprio questo che noi segnaliamo come pratica scorretta ed illegale nella nostra nota?

Stiano tranquilli dunque “Avvenire” e Incampo, non facciamo altro che ribadire quanto un'ormai lunga teoria di pronunciamenti ha inequivocabilmente acclarato e dover rimettere continuamente in discussione anche i più evidenti e consolidati principi ci sembra francamente pretestuoso.

Nei loro panni, nei panni cioè di chi esprime semplicemente un'opinione e non può per questo essere sanzionato, ci preoccuperemmo però di non dare ambigue indicazioni a dirigenti e insegnanti circa la libertà di azione che in nome dell'autonomia avrebbero nella programmazione di attività di natura religiosa visto che poi le conseguenze di scelte ed iniziative sbagliate sarebbero solo ed esclusivamente a loro carico.

A dirigenti e insegnanti ci permettiamo casomai di segnalare le indicazioni più responsabili e meditate della arcidiocesi di Bologna: “atti di culto nelle scuole in orario di lezione (c.d. curricolare) sono da evitare, anche se fosse fatta salva la libertà di parteciparvi”.

Chiaro, semplice, incontestabile.

In definitiva noi Cobas, ma prima di tutto insegnanti e operatori scolastici, riteniamo che la scuola debba essere il luogo privilegiato dove le alunne e gli alunni possano acquisire validi strumenti di interpretazione critica della realtà cui sono chiamati a partecipare e contribuire, in tutte le forme e sfaccettature in cui questa si esprime, senza mai privilegiare o addirittura orientare le loro scelte verso alcuno dei modelli con cui questa preziosa diversità e complessità si manifesta, affinché le loro scelte di individui siano sempre motivate dalla consapevolezza e dalla libertà.

Difficile, faticoso ma irrinunciabile.

Ferdinando Alliata - per l'Esecutivo Nazionale Cobas Scuola
cobas.comitati.di.base.scuola@gmail.com








Postato il Giovedì, 20 marzo 2014 ore 07:45:00 CET di Redazione
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