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Costume e società: La festa di Sant’Agata, la scuola e i miei ricordi

Redazione
Ricordo che noi ragazzi di Misterbianco ... scoprivamo la festa di Sant’Agata ... al primo anno di scuola superiore, quando, dopo le vacanze natalizie e le rocambolesche ultime interrogazioni per l’imminente chiusura del primo quadrimestre, e dopo un lunghissimo mese di gennaio, madido di freddo e di temporali, arrivavano, inaspettate, le vacanze di Sant’Agata, Patrona di Catania! E chi se l’immaginava che la città, anche nel cuore dell’inverno, poteva riempirsi, sino all’inverosimile, di colori, di sapori ... e di belle ragazze!?
Anche se la festa liturgica cadeva il 5 febbraio, già noi "caliavano" le lezioni a partire dal tre, giorno della "Processione per l’offerta della cera" alla Santuzza!
Dopo aver ... sotterrato gli zainetti a casa, ci davamo appuntamento in Piazza Roma, davanti l’ingresso della villa, e scendevamo di gran corsa lungo la via Etnea.
Prima da piazza Stesicoro, e poi dai Quattro Canti, assistevamo alla lunga sfilata sacra, ed era un vero spasso vedere la ‘nnacata delle dodici candelore, varette (per noi), cannalore (per i catanesi), seguite, in "pompa magna", dall’arcivescovo metropolita, dai capitoli delle basiliche Cattedrale e Collegiata, dal clero dell’arcidiocesi, le confraternite, gli antichi ordini militari e cavallereschi, il sindaco con la giunta comunale, le autorità civili e militari, ed infine ... la Carrozza del Senato, con una seconda carrozza più piccola, con gli inservienti in rigorosa livrea settecentesca, che davano alla cerimonia un aspetto di magnificenza e d’antico lignaggio.

Noi, divertiti, la seguivano fino a raggiungere, attraverso la via Etnea e piazza Duomo, la Cattedrale di Sant’Agata. Ma più di tutto ... osservavamo la pletora infinita delle belle ragazze catanesi che passeggiavano e si godevano, oltre alla festa, la splendida giornata di ... sole cocente di febbraio!

Poi c’era la famosa “sira ‘o tri”, con il concerto e le bombe in piazza Duomo, ma per noi l’ora era "proibitiva", e ce ne stavamo, già da un pezzo, nel nostro paesello!
La mattina seguente, invece, le celebrazioni riprendevano in cattedrale, con la tradizionale ed attesissima "messa dell’aurora". Rappresentava, a sentire i devoti catanesi, il primo vero "incontro intimo" con l’amata Sant’Aituzza, oltre ad essere la prima funzione religiosa dei festeggiamenti agatini.
Il duomo, tutt’intero, veniva invaso dai fedeli con il saio bianco, sin dalle tre del mattino! Ed era un vero incanto ed un’emozione indescrivibile vedere la spasmodica attesa dei catanesi che esprimevano tutta la loro devozione con grida e canti.

Ricordo che, alcuni anni fa, ci son ritornato con il mio caro amico per assistere a quell’evento e, quasi all’improvviso, stretti dalla calca dei fedeli, sull’ingresso laterale della cattedrale, mentre io salutavo un mio alunno, il mio amico riconosceva e salutava ... un professore associato della clinica chirurgica dell’Università di Catania, rigorosamente vestito, anche lui, co’ saccu, il saio di cotone bianco, ‘a scuzzetta, il copricapo di velluto nero, il cordone monastico bianco intorno alla vita, i guanti bianchi e un fazzoletto, anch’esso bianco, che agitava, all’unisono, al grido, "Cittadini, viva Sant’Àita!".

Poi, al termina della messa, dopo una breve attesa, Sant’Agata appariva, finalmente, nel suo fulgido splendore, uscendo dai cancelli neri e rivolgendo il suo sguardo benevolo, prima alla navata destra e poi a quella centrale, e, infine, alla gremitissima piazza Duomo, portata in trionfo sul fercolo, salutata da botti assordanti e preceduta dalle cannalore. Iniziava, così, il giro esterno della città. Ricordo, poi, che dopo averla vista transitare sotto Porta Uzeda, siamo andati all’Etoile (il mitico bar degli "Archi della marina"), per gustare un buon cornetto caldo caldo.

La prima parte del percorso esterno iniziava da Porta Uzeda con ‘a calata da marina, e poi da via Dusmet, passando sotto i bastioni delle cinquecentesche mura di Carlo V. Ricordo, con i miei compagni di scuola, la processione con il fercolo che passava da piazza Jolanda, in via Umberto, tra due ali straboccanti di folla, con fiumi di devoti, osannanti e felici. Poi la seguivamo fino a "Catania vecchia", piazza Stesicoro, dove si trovano i luoghi che ricordano il martirio della Santuzza. Qui, infatti, si trovano le chiese di Sant’Agata al Carcere e di Sant’Agata alla Fornace in cui la giovane vergine subì il martirio.

A questo punto c’era l’avvenimento più caratteristico della giornata, ‘a ‘cchianata de’ Cappuccini, il fercolo di Sant’Agata veniva trainato di corsa fino al culmine della stessa, passando da Palazzo della Borsa, giungendo dinnanzi alla chiesa di San Domenico, fino a raggiungere la chiesa di Sant’Agata la Vetere, la prima cattedrale di Catania. Qui la processione si fermava per alcune ore, ma già da un bel pezzo noi c’eravamo dileguati tra le mille bancarelle e il fiume infinito devoti e di ragazze, per cercare ... ‘i fìmmini del "Lucia Mangano", che diceva di conoscere uno del nostro gruppo...

Giusto quelle che non incontrammo mai! Ma noi, per dimenticare, e per ingannare l’attesa e la ricerca, ci consolavamo, oltre che con le famose e onnipresenti calia e simenza, con i dolci tipici della festa, ‘i cassateddi di Sant’Àita e le alivetti, simboli attinenti alla vergine catanese.
I cassateddi fanno riferimento alle mammelle, detti anche minnuzzi ri Sant’Àita, che furono strappate alla santa durante i martirii a cui venne sottoposta per obbligarla ad abiurare la sua fede.
Le alivetti, invece, si riferiscono ad una leggenda che vuole sia stato un albero di ulivo, sorto improvvisamente, a nascondere la vergine Agata mentre era ricercata dai soldati del console romano Quinziano.

Poi, verso sera, dopo una messa nella piccola chiesa di Sant’Agata la Vetere, mi raccontavano i compagni catanesi, la Santa riprendeva il giro esterno della città, attraversava i quartieri dell’Antico Corso, dei Cappuccini, del futtinu, di San Cristoforo e degli Angeli Custodi, per rientrare, in cattedrale, alle prime luci dell’alba...

Il giorno 5, ricorrenza del martirio della vergine catanese, le scuole rimanevano chiuse, e noi ... ce ne stavamo a casa, anche perché in mattinata c’era "solamente" il solenne pontificale in Cattedrale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, in presenza del legato pontificio che, solitamente, era un cardinale, il clero catanese al completo, le autorità civili e militari ed il popolo dei fedeli.

Il nostro pensiero correva, invece, al pomeriggio, quando, verso le diciotto, iniziava il "giro interno" della città. Il fercolo percorreva la via Etnea, fino al Giardino Bellini, per deviare in via Caronda, fino ad arrivare in piazza Cavour, ‘u bbuggu (dicevano gli amici catanesi), dove, davanti alla chiesa di Sant’Agata al Borgo, si svolgeva un interminabile spettacolo pirotecnico.

Mentre noi, tra un lunghissimo luccichio di ceroni accesi portati in spalla dai devoti al grido, "Semu tutti devoti tutti? Cettu, cettu! Citatini,… viva Sant’Àita!", riprendevamo la "caccia" alle… introvabili ragazze del Lucia Mangano! Possibile che tutta la città era fuori e che solo loro mancavano all’appello!? Misteri di gioventù!

Alla fine della serata, stanchi e avviliti, rientravamo a Misterbianco, con l’ultima corsa dell’autobus della Circumetnea. Intanto, la processione continuava a scendere lungo la via Etnea, verso la cattedrale, giunta ai Quattro Canti iniziava il momento topico e più spettacolare dell’intera festa: ‘a cchianata ‘i Sangiulianu.
Il fercolo veniva trainato di corsa dai "citatini", lungo la via Marchese di Sangiuliano, fino a raggiunge la sommità della salita, fra due ali di folla plaudente.
Ma noi, per la verità, non abbiamo mai ammirato questo "momento magico", tipicamente catanese! Era troppo tardi! Poi per via dei Crociferi, la più bella strada barocca di Catania, il fercolo si avviava verso la cattedrale; effettuava l’ultima sosta davanti al convento delle suore di clausura di San Benedetto che, da dietro i cancelli del sagrato del monastero, intonavano dei delicati canti in onore a Sant’Aituzza.
Questo momento della festa, ricordo, lo vedevo ogni anno in televisione con mia mamma, che mi svegliava verso le sei del mattino.
Quindi, quando il sole stava per sorgere, o quando era già sorto da molte ore, la Santa rientrava in cattedrale, salutata da un tripudio di folla e dai classici fuochi d’artificio. Sant’Agata, con la commossa partecipazione dei suoi concittadini, ritornava, per un altr’anno, nella sua cameretta. E noi, all’indomani della festa, rientrando in classe, prima dell’appello, ragionavamo allegramente dei colori, dei sapori, e delle belle ragazze che ... non c’era stato verso d’incontrare!..
Forse erano state solo un sogno, un bel sogno, ... o forse li stiamo ancora cercando, laggiù, in quei giorni felici, ai confini della nostra giovinezza…

Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it








Postato il Mercoledì, 05 febbraio 2014 ore 07:30:00 CET di Angelo Battiato
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