La fornace è uno dei
primi romanzi pubblicati da Thomas Bernhard, nell’originale tedesco nel
1970, in Italia nel 1984 (e successivamente da Einaudi nel 1991). È
un’opera surreale e complessa, dove creatività e ossessione si
mischiano nella lugubre narrativa orchestrale a più voci. La storia
inizia con un uxoricidio: il personaggio Konrad ha fatto saltare le
cervella della moglie con una carabina Mannlicher e poi si è nascosto
in un letamaio. Così lo trovano e così lo arrestano.
Da questa scena grottesca, Bernhard inizia la sua storia, quella di una
coppia insidiosamente e simbioticamente legata, raccontata in ondate
ipnotiche dalla gente del posto – i funzionari, i venditori, gli
spazzacamini, i pettegoli di Sicking, il paese austriaco ove il dramma
si è svolto.
L’uomo, Konrad, è consumato dal suo compulsivo lavoro – un libro che
sta scrivendo e che, secondo lui, diverrà un pilastro e punto di
definitivo riferimento per la scienza dell’udito. La moglie, Zryd, una
storpia incastrata su una sedia ortopedica, è l’inescapabile vittima di
Konrad e dei suoi ossessivi esperimenti (le bisbiglia una frase
nell’orecchio migliaia di volte, esigendo impossibili gradi di
percezione aurale). Zryd non sa capire, né ha la forza di dirselo, se
il marito sia un pazzo allucinato o un genio incompreso. Per tre decadi
Konrad ha aspettato il momento ideale, la perfetta serie di
circostanze, per poter iniziare a scrivere il suo capolavoro di
ricerca, con scoperte e conclusioni.
Ma non inizia mai, e ora è vecchio. Lo vediamo mentre compulsivamente
invita la rovina totale. Lo sentiamo strisciare da un momento
all’altro, impaurito dal fallimento... E se iniziasse veramente a
scrivere e si beccasse un raffreddore? E se finisse il suo trattato e
poi venisse giudicato futile? E se sua moglie lo dovesse distruggere?
Persino nel completo isolamento della vecchia fornace, dove la coppia
abita, Konrad si sente continuamente distratto. Immagini allucinatorie
di ladri lo spaventano. Accumula strane provviste per visitatori non
voluti. La moglie lo tormenta. Deve darle da mangiare, leggerle ad alta
voce, portarle il sidro dalla cantina (un bicchiere per volta) tenerle
la voluminosa corrispondenza con passata (e da lui dimenticata)
servitù, provare le manopole che da anni Zryd fa a maglia e poi disfa,
curarle le otiti dovute ai continui esperimenti... finché la spietata
monotonia esplode in un bagno di sangue.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com