A scuola da un decennio
succede sempre più spesso che l'istituzione assicuri ai bambini (e, più
di rado, ai teenagers) la possibilità di esprimersi indipendentemente
dal normale lavoro scolastico e dalle verifiche sul "profitto", dunque
non in maniera occasionale e quasi fortuita né al di fuori dell'orario
scolastico. Questa è un'autentica scoperta dei nostri giorni, con breve
periodo di incubazione a fine ventesimo secolo. Si è cominciato a
coltivare il potenziale filosofico dei minori, i loro tentativi di
organizzare al meglio le proprie idee, assicurando agli allievi l'agio
di elaborarle e di confrontarsi senza l'interferenza di spiegazioni o
valutazioni calate dall'alto.
A margine di questa innovazione ce n'è un'altra da registrare: l'uscita
dei primi libri che raccontano in dettaglio le conversazioni
filosofiche nel modo in cui esse hanno avuto luogo in certe classi
della Primaria di certi anni, dunque come elementi della vita reale di
una determinata classe. Ha cominciato Sergio Viti, maestro a
Pietrasanta (Lu) quando ha dato la parola ai suoi alunni (e al filosofo
A.M. Iacono) in Le domande sono ciliegie (Roma, 2000) e in Per mari
aperti (Roma, 2003). Poi è stata la volta di due classi della scuola
elementare di Chiugiana, a un passo da Perugia, grazie agli insegnanti
Anna Rita Nutarelli e Walter Pilini, che hanno riportato le loro parole
in La filosofia è una cosa pensierosa (Perugia, 2005). Sono seguiti
altri tre titoli apparsi anch'essi a Perugia e un settimo, uscito
questa estate: Carrucola-Nutarelli-Pilini, La filosofia a/ha sei anni
(2008); A. Presentini, ...O forse il tempo siamo noi (2012); D.
Spadotto, I bambini che muovono i discorsi (2013) e F. Lorenzoni, Una
verità, non sicura però... (Giove TR, 2013).
La particolarità di questi libri è di riportare, per ogni bambino, non
alcune, ma svariate decine di frasi contestualizzate. Di conseguenza,
ciascuno di loro è in grado di ritrovarsi e riconoscersi pienamente nel
libro che lo riguarda (e così pure di ritrovarci i suoi compagni di
classe). Non si tratta solo di rivivere la magia di un'epoca passata
perché a ciascuno di loro può capitare di prendere la matita e
annotare: «oggi (data) scriverei piuttosto che...», oppure: «è curioso,
ma a X anni di distanza, la penso ancora a quel modo», oppure :«eh,
però tu hai dichiarato che... Non lo puoi negare, ho la prova!»
(eccetera). Decisiva è la quantità delle dichiarazioni, sostenuta da
una efficace evocazione del contesto nel quale questi pensieri hanno
preso forma.
Questi libri sono dunque autentici incunaboli che annunciano un flusso
di altre opere del medesimo genere. Hanno ormai aperto una strada e, se
fossi un maestro, vorrei scriverne uno pure io e farne dono ai miei
alunni. Inoltre stanno alla filosofia dei bambini come i dialoghi
socratici sono stati alla formazione della primissima biblioteca
filosofica in lingua greca. Se gli oltre cento dialoghi socratici
pubblicati ad Atene nei decenni immediatamente successivi alla morte
del filosofo hanno formato la prima biblioteca filosofica della storia
(perché l'idea del libro di filosofia prese forma proprio allora),
analogamente in questo caso si deve sottolineare che non stiamo
parlando di «filosofia spiegata ai bambini» (a Torino in questi
giorni), né di libri di filosofia per i bambini (o per i loro
insegnanti), ma di libri che preservano le tracce della filosofia fatta
dai bambini, ogni volta in un contesto ben preciso. Ciò che sta
prendendo forma è proprio un nuovo genere letterario.
L'esistenza di queste opere ha attitudine a incidere sulla stessa
filosofia nata in Grecia, perché finora mai abbiamo avuto un accesso
"ampio" al pensiero dei bambini. La freschezza di queste narrazioni non
è inferiore a quella dei dialoghi di un'altra epoca: le une e gli altri
ci propongono persone che provano a ragionare con la propria testa e a
confrontarsi, che hanno modo di pensare insieme l'insieme, il tutto
(dunque fare filosofia). E, nel contempo, queste pratiche filosofiche
stanno facendo uscire la filosofia da quelle aule dove è stata tenuta
chiusa per secoli. Infatti, da quando la filosofia è diventata
Filosofia, si è subito costituita, di riflesso, la categoria dei
profani e, a seguire, quella dei consumatori del prodotto filosofico.
L'impressione che tutto questo fosse senza alternative è stata ed è
tenacissima. Eppure la filosofia, in quanto orientamento globale, è
un'azione del pensiero che non può dipendere più di tanto da libri e
lezioni. Quindi la filosofia che si fa può ben pretendere a un più alto
grado di genuinità (compensato dalla maggiore precarietà) rispetto alla
filosofia dei libri e dei corsi universitari. E accade che la modalità
non professionalizzata del filosofare cominci a rivendicare il suo
spazio in questa e in altre forme, in una "agora" che, a seconda dei
casi, è la classe, il caffè, la piazza, la "saletta di filosofia"
all'interno del penitenziario o forse anche Twitter. Senza nulla
togliere alla ricerca di punta: si tratta solo di chiarire che la
filosofia è anche altro.
Livio Rossetti
Ilsole24ore.com