Dal momento che
l'opera d'arte è creata, essa è un qualcosa di profondamente
nuovo e diverso, un organismo
autonomo che trova in sé la ragione intima della sua
validità poetica. Non interessa più conoscere la psicologia del suo
autore, i condizionamenti sociali storico- culturali del suo tempo ecc.
ecc. Lo strutturalismo critico, a differenza del metodo
estrinseco genetico usato da certi critici marxisti,
trascura i fattori allotri all'opera d'arte ai fini della sua valutazione.
Eliot, respingendo le motivazioni del metodo genetico diceva che:
"Quando nasce una poesia è accaduta una cosa nuova che non può essere
spiegata interamente da qualsiasi cosa accaduta prima". (Sulla poesia e
sui poeti, passo citato da A. Guiducci, Dallo zdanovismo allo
strutturalismo. Ed. Feltrinelli,1967).
In sintesi possiamo ridurre a tre i presupposti da cui muove il metodo
strutturale:
a) Che l'opera letteraria è una forza strutturante;
un sistema costituito da una solidale coordinazione, da una interazione
e tensione dinamica di parti, in ciascuna delle quali è il senso del
tutto;
b) Che l'opera si identifica con il linguaggio;
c) Che questo linguaggio non è sostanzialmente
comunicativo bensì un modo di comunicare.
Detto in questo modo, può sembrare che lo strutturalismo
neghi la storia, e consideri la genesi i della poesia, e in genere di
ogni opera d'arte, come un fiore di serra, avulsa dal contesto
storico-sociale.
Ma non è così. La critica strutturalistica non ha nulla da
spartire con il formalismo estetizzante di marca idealistica, o con
qualsiasi altro tipo di forma classica "statica" e "universale".
La "forma", ovvero la "struttura", ha sempre una sua temporalità in
quanto partecipa dei "valori
semantici della lingua e degli spostamenti di questi valori nel tempo
della storia, secondo la tradizione più o meno lenta del sistema
linguistico nei suoi vari aspetti. Partecipa delle vicissitudini della
storicità che modificano il sistema linguistico stesso..."
(A. Guiducci, op. cit.)
Del resto, il "puro sincronismo" - lo riconosce lo stesso Jakobson- è una "illusione", e non
si possono fare - sostiene Lèvi
-Strauss - buone analisi
strutturali se non si fanno buone analisi storiche. Come dire: sul
piano dell'analisi critica tra strutturalismo e marxismo non
esiste alcuna incompatibilità; c'è
soltanto una fondamentale distinzione di
competenze. Forse, in definitiva, non sarebbe male, per una
visione più completa delle cose, integrare i due metodi e le due
dimensioni, come ci suggerisce Jean
Starobinskj, secondo cui l'opera d'arte è sempre il frutto
dell'attività di un uomo, vissuto in una situazione determinata, con
determinate intenzioni o finalità, connesse a un sempre operante
impegno , esplicito o implicito. L'opera d'arte è sempre il
frutto di una "coscienza strutturante".
Ed è come dire che lo stesso mondo esterno (storico-sociale) e tutti
gli elementi cosiddetti "allotri", attraverso la mediazione
della personalità dell'autore, si sono calati nella struttura
dell'opera, ossia in un particolare prodotto dell'uomo che si realizza
attraverso leggi fono-semantiche osservabili e determinabili che
sono appunto le leggi del linguaggio poetico.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com