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Vi racconto ...: ‘U zu Carmine e Ciccineddu a caccia, nel ritiro delle Ciappe

Redazione
Quel sabato mattina, giorno d’apertura della caccia, nel paesino nebroideo, la vita cominciò molto presto. ‘Gnaziu salutò la moglie Santa, e con Titina, la sua cagnola preferita, si avviò verso l’abitazione do’ zu Carmine. Era equipaggiato di tutto punto per andare a caccia nella contrada delle “Ciappe”, al tracollo aveva lo zaino con le provviste, ‘a sacchina, alla spalla destra teneva il fucile, ‘a scupetta, con la cartucciera piena di cartucce che egli stesso aveva preparato, e accanto aveva Titina, la sua immancabile “amica” cagnetta. Arrivato nell’abitazione do’ zu Carmine, lo trovò già pronto per la nisciuta, la prima battuta di caccia della stagione. Anche Ciccineddu era pronto, aveva già messo il serraglio, ‘u capizzuni, il basto, ‘u varduni,  le sacche, ‘i vèttuli, il vettovagliamento che doveva servire per l’intero fine settimana.
Ogni anno, sempre nello stesso periodo, al momento dell’apertura della stagione venatoria, quando ancora le giornate erano soleggiate, ‘u zu Carmine e ‘Gnaziu, assieme ai loro fedeli “amici”, Ciccineddu e Titina, si “ritiravano” nella contrada delle Ciappe per “celebrare” il rito della caccia, che per loro era anche un’ottima scusa per immergersi nella natura incontaminata di quel luogo. I quattro amici si avviarono verso l’uscita del paese, e, arrivati alla “biviratura”, ubicata fuori del caseggiato, bevvero e si dissetarono, poi si avviarono per la trazzera che conduceva in campagna, il cammino era abbastanza lungo, ma per loro era molto positivo e rigenerante! ‘U zu Carmine e ‘Gnaziu parlavano delle loro esperienze di lavoro e delle tante vicissitudini quotidiane: la loro amicizia, negli anni, era diventata “molto profonda”. Lo stesso valeva anche per i fedeli, Ciccineddu e Titina, che insieme “gustavano” il cammino verso le Ciappe, dove avrebbero goduto, con i loro padroni, la serenità, il silenzio, l’aria pura e… l’acqua fresca della fontana! Il fiume, che scorreva tutt’intorno, e che delimitava le due province limitrofe, faceva la zona adatta ad un “ritiro” in solitudine. Ciccineddu, affiancato dalla sua “amica”, Titina, seguiva, docilmente, ‘u zu Carmine e ‘Gnaziu, il serraglio era semplicemente una formalità, e quasi carpiva i loro ragionamenti… con vistosi segni d’approvazione!
Arrivati nei pressi delle Ciappe, contemplando quel dolce panorama, ‘u zu Carmine e ‘Gnaziu, rievocarono, con nostalgia, le antiche battute di caccia fatte in quegli stessi luoghi. Anche Ciccineddu e Titina “ammiravano” il magnifico paesaggio che si presentava davanti a loro, pregustando l’agognata meta. Arrivati a destinazione, Ciccineddu venne liberato dall’imbragatura per poter bere a sazietà nella vicina fontana e poter brucare l’erba sotto gli alberi di mandorle, mentre Titina “perlustrava” beatamente tutta la zona.
Anche ‘u zu Carmine e ‘Gnaziu riempirono ‘i bùmmuli d’acqua, prima d’andare verso la casotta di campagna per risistemare i muri perimetrali, aggiustare il pergolato ed esaminare gli alberi di mandorle per programmare l’imminente raccolta.
Ma quel “ritiro” doveva servirgli, soprattutto, per ritemprarsi e scrollarsi di dosso tutti gli “avanzi” del vivere e le fatiche del quotidiano, assaporando la gioia della “complicità” con il creato. Intanto s’era fatta l’ora di pranzo ed ‘u zu Carmine e ‘Gnaziu si sedettero davanti la “casotta”, sotto un albero di fico, e dopo aver sistemato alcune tavole su delle pietre, consumarono, alla svelta, un pasto frugale. Anche a Ciccineddu e a Titina gli venne dato del cibo, poi si sdraiarono, amorevolmente, sotto un albero di mandorle, per un breve pisolino, dopo aver bevuta, però, una bacinella d’acqua fresca. Anche ‘u zu Carmine e ‘Gnaziu si sdraiarono sulle brandine dentro casa, il silenzio era sovrano, si sentiva soltanto un leggero soffio di vento, il cinguettio degli uccelli e il lontano defluire delle acque del fiume.
Si avvicinava l’imbrunire, e i due compari, dopo alcuni lavori di manutenzione, fecero una breve perlustrazione del terreno circostante, per scoprire le tracce della selvaggina. Anche Titina, lasciato l’amico Ciccineddu a “pascolare”, si avviò per una ricognizione, si fermava a fiutava la zona, metteva il suo muso per odorare gli anfratti, ma tutto si svolgeva nella quiete e nel silenzio. Prima del buio, i quattro si avviarono di nuovo verso il fiume per bere, vennero riempiti i bùmmuli d’acqua fresca e fecero ritorno alla casotta, dove si preparano per passare la notte. Cicineddu si sistemò nella stalla, Titina si accucciò accanto a lui, mentre ‘u zu Carmine e ‘Gnaziu, con il lume a petrolio, dopo aver consumato una cena frugale, si scambiarono quattro chiacchiere, e si addormentarono. Nel silenzio della notte si sentivano, solamente, i loro respiri!
All’alba della domenica, quando ancora era buio, mentre ‘u zu Carmine e Ciccineddu riposavano, ‘Gnaziu con la cartucciera e il fucile carico, insieme alla fedele Titina, si avviarono, silenziosamente, verso il limite del terreno dove, a strapiombo, si ergeva un’antica lastra di pietra nera. Lì andò ad appostarsi. “Leggendo” le tracce del terreno, aveva intuito che da quel posto sarebbe passata della buona selvaggina. “Appostarsi”, per ‘Gnaziu, era il momento clou della caccia, un rito da osservare con cura e perizia, da quel “magico” momento dipendeva l’esito di tutta la battuta di caccia! Appostarsi significava stare in silenzio, ascoltare gli odori della notte, osservare le stelle e il chiarore della luna, scrutare il creato. Appostarsi, significava, soprattutto, scrutare e visionare se stessi! Un momento sublime di complicità e di introspezione con la natura.
Passarono un paio d’ore, poi, all’improvviso, Titina si staccò dal suo padrone e, in silenzio, si avviò per la discesa che costeggiava le Ciappe, ‘Gnaziu la seguì con lo sguardo, ad un tratto sentì un leggero soffio d’erba ed individuò il salto veloce d’una piccola lepre rincorsa da Titina, che l’aveva fiutata e stanata. Il silenzio della notte venne infranto dal colpo di fucile di ‘Gnaziu, che andò a colpire in pieno la preda. Titina, come una furia, s’avventò sulla preda e, scodinzolando con gioia, la portò ai piedi del suo padrone che le accarezzò affettuosamente la testa. ‘Gnaziu prese la preda e fece ritorno alla casotta, dove ‘u zu Carmine, udito lo sparo, li aspettava con trepidazione, sull’uscio di casa.
La caccia, per ‘Gnaziu, era un momento privilegiato del “ritiro”, significava instaurare un rapporto di “condivisione e di affetto” con la natura, e con se stesso. La domenica mattina, già il sole era alto, ‘u zu Carmine, ‘Gnaziu, i due fedeli, Ciccineddu e Titina, la trascorsero insieme in allegria. Nel tardo pomeriggio, si misero in cammino verso il ritorno, senza alcuna fretta. Arrivati nel paesino nebroideo, i quattro “amici”, come sempre, andarono alla biviratura per l’ultima “bevuta” d’acqua fresca.
Poi Cicineddu entrò nella stalla e salutò, con un lungo sguardo, Titina. ‘Gnaziu e Santa, seguiti dalla cagnola, dopo aver salutato la famiglia do’ zu Carmine, ritornarono nella loro abitazione, soddisfatti del felice esito della caccia. E le due famiglie già pregustavano il pranzo con la lepre,… e l’imminente raccolta delle mandorle…

Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it








Postato il Domenica, 13 ottobre 2013 ore 06:30:00 CEST di Angelo Battiato
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