La scuola italiana,
spesso, appare inadeguata nei confronti dei ragazzi con problemi di
apprendimento. Bambini e ragazzi dislessici o portatori di handicap non
ricevono, di norma, un adeguato aiuto in classe. Vengono magari forniti
di PC e calcolatrice (i cosiddetti strumenti compensativi) senza però
che abbiano indicazioni precise su come usarli. E, soprattutto, non si
lavora sulla costruzione del "metodo di studio", vera ed efficace
strategia dell’apprendimento. Il principale aiuto che si può dare agli
alunni con difficoltà è, innanzitutto, aiutarli a costruirsi un buon
metodo di studio. L’impegno maggiore di tutti i docenti deve essere
quello di insegnare ad impiegare bene il loro tempo ed a massimizzare
lo studio. Credo che si tratta del compito più importante che gli
insegnanti sono chiamati a realizzare con gli alunni in difficoltà.
Perché sono, soprattutto, ragazzi che faticano a studiare, che
impiegano molto tempo per leggere e memorizzare, che non riescono a
imparare le tabelline e a fare i calcoli a mente, che scrivono
lentamente e con molti errori.
«Dalla nostra esperienza – ha spiegato il dott. Iozzino, esperto di
disturbi specifici di apprendimento (DSA) dell’Asl Roma – stiamo
proprio maturando la convinzione che i ragazzi senza problemi trovano
da soli la strada di un loro metodo di studio, gli altri non ci
riescono, faticano a organizzarsi, e per seguire i programmi si trovano
sempre con l’acqua alla gola». «La scuola – ha dichiarato il prof.
Giacomo Stella dell’Università di Modena e Reggio Emilia – deve
riconoscere gli “stili di apprendimento” di ciascun bambino e
utilizzare le strategie giuste per valorizzarli. Questo stile può
essere verbale o visivo, globale o analitico, sistematico o intuitivo,
si tratta solo di scegliere quello giusto per ciascun bambino e
ragazzo». Fra gli studenti con difficoltà di apprendimento ci sono i
dislessici, stimati nel 3,5% della popolazione scolastica. Ma, dicono
gli esperti, solo l’1,5% è “certificato”.
Gli insegnanti ancora non tengono conto di questo disturbo. Si tende a
affibbiare al ragazzo l’etichetta di pigro e furbetto. Una tendenza
rilevata anche quando c’è certificazione di DSA. Non sempre poi,
osservano ancora gli esperti, le diagnosi di DSA sono congruenti.
Mentre una buona diagnosi di sviluppo è la premessa per un buon
inserimento nella scuola. Ma più che riunioni e “Piani educativi
personalizzati” servono idee e impegno. E tanto cuore… Meditiamo gente,
meditiamo!
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it