Uno studio
pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ON analizza il valore che ha
Facebook dentro la rete di comunicazione che caratterizza il
mondo in cui viviamo e in un modo o nell’altro ci coinvolge tutti. A
commento di questo studio Ethan Kross dell’Università del Michigan ha
affermato che: “in teoria Facebook fornisce una risorsa inestimabile
per soddisfare il basilare bisogno umano di connessione sociale. Ma
piuttosto che migliorare il benessere provoca il risultato opposto
mette in crisi il benessere individuale”. Con questa valutazione Ethan
Kross solleva le questioni di questa diffusione imponente dei
social network. La questione facilmente affrontabile è che Facebook non
produce benessere, dice il noto professore americano, non c’è nel suo
uso un avvicinamento alla felicità, anzi l’uso eccessivo produce
insoddisfazione e dilata la solitudine. Che si possa trovare un
benessere personale usando Facebook è quanto di più assurdo possa
pensare un giovane come un adulto, i social network non sono uno spazio
in cui il desiderio possa inserirsi e trovare soddisfazione. Anzi
riducono il significato e il valore dell’esistenza, la tensione ideale
del vivere che caratterizza l’esistenza stessa. Quindi vivere non è
solo comunicare ed essere connessi con gli altri. Vivere è di più che
comunicare, anzi il comunicare viene un attimo dopo rispetto al vivere,
per questo bisogna dare alle cose il giusto valore. Non è
Facebook l’ambito in cui cercare né il benessere né la felicità,
non è Facebook l’orizzonte del vivere, bisogna ritrovare l’ampiezza
dell’esistenza, il suo impeto ideale consiste nel fare esperienza delle
cose. C’è il bisogno tra le persone di realtà e di trovare risposte
nell’incontro con le cose. Non immagini, non mondi virtuali, ma cose!
Questo è ciò che l’uomo cerca e che gli fa fare esperienza, lo impegna
nella ricerca della felicità. Ridata alla vita la sua dimensione vera
possiamo allora affrontare la questione unica che Facebook ci propone,
quella di essere solo uno strumento di comunicazione. Sottolineando che
c’è un principio da risolvere e cioè che Facebook comunica ciò che si
vive. Trascurando il fatto che prima viene il vivere e poi il
comunicare e che la ricchezza della comunicazione è proporzionale
all’esperienza che uno fa. Bisogna quindi sfidare Facebook
invertendo la linea di direzione. L’esperienza umana non può più
accettare di essere ingabbiata nella rete, ma deve essere l’esperienza
stessa a determinare la comunicazione, ad imporle forme e modalità
espressive. Si vuole usare Facebook? Lo si faccia, ma secondo i propri
bisogni, ricordando che è solo uno strumento di comunicazione e non una
regola generale e omologata di comunicazione.
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