C’era una
volta in un paesino dell’interno della Sicilia, nella zona dei Nebrodi,
una cagnetta di nome Titina che era la preferita del suo padrone,
‘Gnaziu, che "nutriva" per lei una predilezione tutta particolare,
soprattutto, al tempo dell’apertura della caccia, quando se la portava
dappresso e le "dava tante soddisfazioni", perché fiutava la selvaggina
e si appostava nei pressi delle tane pronta a colpire la preda.
La piccola cagnetta era accudita in maniera esemplare nell’abitazione
del suo padrone, e anche quando ‘Gnaziu non si trovava in casa, alla
"cagnola" ci pensava la moglie, Santa. Così la cagnetta cresceva "alla
grande" e già il suo padrone "pregustava", con il pensiero, le battute
di caccia (‘i nisciuti), con Titina.
Ogni mattina, appena aperta la porta, Titina usciva e si faceva il giro
nella strada, faceva i suoi bisogni, abbaiava festosa sia alla padrona
che ai vicini di casa. Non si allontanava molto, stava sempre vicino
alla porta di casa, ma, con il passare del tempo, la cagnetta si
avvicinava alla casa dirimpetto alla sua, saliva tre scalini (‘i
pisoli) ed entrava dentro la casa dei vicini, dove veniva accolta con
molta simpatia e ricoperta di coccole e di attenzioni. Oramai per la
cagnetta era un’abitudine attraversare la stradina per salire quei tre
scalini e stare con i vicini, la sua padrona la osservava tutta
festosa, poi quando veniva richiamata dalla sua padrona ritornava a
casa, ma l’indomani riprendeva i suoi “consueti” rapporti con il
vicinato.
Anche il suo padrone, ‘Gnaziu, ne era soddisfatto, tanto che con il
vicino non nascondendo il suo compiacimento, e si confidava che non
sarebbe passato molto tempo e la Titina sarebbe stata pronta per
andare, insieme a lui, nelle battute di caccia. Passarono molti mesi e
Titina cresceva e diventava sempre di più un bellissimo esemplare.
Avvenne però che per motivi di lavoro la famiglia dirimpettaia,
diventata oramai come la seconda casa della cagnetta, dovette
trasferirsi nel Nord Italia e quella casa per molto tempo rimase
chiusa. Per diverse settimane, tutte le mattine, Titina non appena
usciva fuori, subito festosa attraversava la stradina, saliva quei
famosi tre scalini ma, ahimè, trovava sempre quella porta chiusa, anche
dopo le sue continue "insistenze". Alzava anche il tono di "voce", ma
quella porta chiusa era e chiusa rimaneva. La padrona la chiamava e
Titina confusa, ritornava a casa “chiedendo” quasi conforto e guardano
a quell’abitazione vuota senza più quelle voci piene di affetto che
tante volte aveva ricevuto. Titina non si dava pace, e tutte le mattine
continuava a salire imperterrita quei tre scalini, ma ogni volta li
riscendeva “moscia moscia” per quella porta ormai definitivamente
chiusa che non l’accoglieva più. Continuò così per un po’ di tempo, ma
quella porta non l’accoglieva più, e anche gli scalini gli sembravano
non accoglienti, alla fine si rese conto che da quel luogo nessuno più
avrebbe sorrideva, nemmeno la porta di legno, nemmeno gli scalini le
sorridevano. Ritornava mogio mogio dai suoi padroni che cercavano
amorevolmente di consolarla.
Ed avvenne che la Titina, quando di mattina usciva nella stradina, non
l’attraversava più, guardava quella casa ormai silenziosa, le abbaiava,
ma non attraversava più la strada, né saliva più gli scalini, né si
avvicinava a quella porta sprangata. Da quella parte nessuno più le
sorrideva, nemmeno lo scalino (‘u pisolu) gli sorrideva (nun ci rideva
chiù), la cagnetta "se ne fece una ragione" e si rifugiò negli affetti
dei suoi padroni e nelle coccole degli altri vicini di casa. In modo
particolare, Titina, andava nella vicina casa do’ zu Carmine e lì
veniva accolta festosamente, e le veniva data sempre qualcosa da
mangiare. Soprattutto, la cagnetta sapeva quando ‘u zu Carmine e
Ciccineddu, il suo giovane asino, erano in paese, così la mattina non
appena veniva aperta la porta, non guardava più verso gli scalini e la
porta che non le sorridevano, ma correva festosamente verso la casa do’
zu Carmine perché sapeva che veniva accolta festosamente, le veniva
offerto qualche buon boccone di cibo ma, soprattutto, usciva con
Ciccineddu per condurlo verso la biviratura per farlo bere. Titina
festosa correva verso Ciccineddu e ‘u zu Carmine che gioivano per le
effusioni di affetto della cagnetta ed erano ben contenti di farsi
insieme ‘na passiata verso la gebbia.
La cagnetta seguiva ‘u zu Carmine e il suo asino, poi stava un po’ con
loro a farsi coccolare per poi ritornare verso la casa dei suoi padroni
che la aspettavano fiduciosi. La casa do’ zu Carmine era diventata la
seconda casa per Titina, tanto si sentiva accolta bene, e molte volte
sia padron ‘Gnaziu, sia sua moglie, Santa, con la cagnetta andavano
nella casa do’ zu Carmine perché con il contadino nebroideo erano amici
d’infanzia e questa amicizia si era protratta e consolidata nel
tempo.
Anche Titina e Ciccineddu erano diventati amici, tanto che il giovane
asino aspettava con piacere il dolce latrare della cagnetta per
passiari insieme amorevolmente…
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it