E’
recente l’indignazione del Ministro per le pari opportunità Elsa
Fornero che, in data 28 marzo 2013, ha fatto sì che il governo
ordinasse lo stop immediato di una pubblicità che evocava il
femminicidio. La stessa ha precisato:-“Ho immediatamente provveduto a
chiedere all'Istituto per l'autodisciplina pubblicitaria il ritiro
della pubblicità dello "straccio magico" visibile nei cartelloni
affissi nelle strade della città di Napoli. Pubblicità siffatte, che
prendono spunto dal drammatico fenomeno del femminicidio, oltre a
svilire l'immagine della donna, istigano ad ingiustificati e gravissimi
comportamenti violenti. L'attenzione per le donne ed i loro diritti -
conclude il Ministro - passa anche attraverso una pubblicità corretta
che non svilisca la loro dignità". Possiamo anche annotare che, oltre
all’immagine con l’uomo che ripuliva le prove dell’omicidio, vi era
anche quella di una donna che compiva gli stessi gesti. Poco bella, in
ogni caso, anche quella.
La pubblicità, di cui siamo sommersi ogni giorno, cade nel vuoto o poco
meno, quando s’impatta in persone che difficilmente la seguono con
l’intenzione di prenderla sul serio. Ma se la percentuale di tali
persone fosse alta, ovviamente non sarebbero tante e diversificate per
prodotti le “categorie da colpire”. Evidentemente è il contrario.
Ad essere “preso di mira”, è spesso l’uomo, altrimenti non si
spiegherebbero le tante pubblicità a sfondo erotico. Non le nomineremo,
ma “accenneremo soltanto” a qualcuna: Un vino, la cui coppa, abilmente
piazzata a livello giusto nella siluette di una donna, invita a
degustare “la passera delle vigne…”; due seni di donna che invitano,
invece, a degustare le mozzarelle; un viso di donna su cui è stato
versato del latte, invita ad “allattarsi”; un bel culetto maschile
tastato da mani femminili (…), pubblicizza salumi al peperoncino.
L’elenco sarebbe lungo.
Restando nel mondo al femminile, occorre dire che le donne sono
presentate spesso con problemi che, al contrario delle pubblicità
precedenti, Non stimolano l’attenzione dell’uomo. Quasi tutte “perdono”
da qualche parte, qualche tipo di liquido. Molte “puzzano” e se ne
preoccupano costantemente entrando in ascensore, praticamente tutte
sono piene di peli ed hanno bisogno assoluto di un deodorante per
essere accettabili. Anche gli uomini “puzzano” e, in ogni caso, sudano.
A tal punto che, privati per un’ascella del loro deodorante preferito,
non alzano e non usano il braccio “privo di deodorante”. Ma la donna
che sta con lui comprende subito il problema: anche lei se non si
riempie di deodorante, ahimè, emana cattivo odore, suda e macchia abiti
e magliettine sexi. Sono poi numerosissime ed inquietanti le pubblicità
rivolte verso i teenagers. Presi di mira dal settore, rappresentano
purtroppo un importantissimo target group. Personalmente, come
insegnante, mi rendo spesso conto di combattere una battaglia contro un
nemico troppo invadente ed agguerrito. Uno dei miei “giochi” è quello
di chiedere alla classe in cui mi trovo in una data ora ad insegnare,
sia ai maschi che alle femmine, quali di loro indossino un capo
firmato. Si alzano alcune mani, si abbassano alcuni sguardi di chi non
li indossa e si sente a disagio per questa “mancanza”. E’ il momento in
cui, armata di un bel gesso bianco e di una gonna nera, scrivo la mia
sigla sulla gonna, sorrido e dico:-”oggi sono uscita senza il capo
firmato! Fa nulla, lo firmo io. La mia firma vale molto di più: è
unica!” Poi, sotto lo sguardo divertito dei miei allievi, aggiungo,
fissandoli negli occhi uno ad uno:-“Firmate i vostri cervelli!”-
Le pubblicità li riempiono di stereotipi e falsi miti, li
strumentalizzano, li convincono di non poter vivere senza di questo o
quel prodotto di cui, appena un minuto prima, non conoscevano neanche
l’esistenza (e forse non esisteva davvero). C’è da augurarsi che,
fortificati in famiglia e/o, da una buona preparazione nelle scuole, i
giovani, come parte interessata, in ambiti come moda e nuove tendenze,
abbiano la capacità di utilizzare al meglio il mezzo pubblicitario
assimilandone soltanto i contenuti che a loro interessano maggiormente.
Dobbiamo, però, fare i conti con il compito dei pubblicitari, ossia
quello di attirare l'occhio del teenager, persuaderlo con mezzi di cui
loro sono certamente forniti, giocare con la loro necessità di rendersi
e sentirsi importanti nel gruppo dei pari. Non è bello notare che un
giovane, proveniente da famiglie non molto ricche, stringa tra le mani
“l’oggetto del desiderio”, ossia un cellulare super moderno, tentando
di nasconderlo abilmente. “Gioca” nascostamente, viene “beccato”, gli è
sottratto lo smartphone e si preoccupa soltanto allora per le
conseguenze, ossia, principalmente, che non si rompa.
Da persona “a conoscenza dei fatti”, essendomi da poco presa una laurea
a scopo culturale, posso affermare che accade anche durante i corsi
universitari. Un genitore avrà speso l’equivalente della metà del
proprio stipendio allo scopo di permettere al proprio figlio di non
essere attento alle lezioni? Non è a conoscenza del fatto che il figlio
conduca con sé il cellulare a scuola? Poco credibile, visto che molti
genitori chiamano i figli proprio durante le ore di lezione. Certo: le
scuole fanno di tutto per “dribblare” il problema ma, nonostante le
leggi e le attenzioni rivolte al caso, il problema esiste. Per non
parlare del mondo di filmati girati in qualche modo nelle ore
scolastiche, che non possono essere considerati un vanto per nessun
istituto italiano o estero. Ma le pubblicità spingono all’acquisto con
ogni mezzo lecito e, senza dubbio, chi vende i prodotti poco
s’interessa delle conseguenze fisiche o psicologiche che potranno avere
sull’acquirente. Spesso mi sorprendo a pensare quanta poca stima
debbano avere di sé, della loro “arte”, del loro “personaggio” i tanti
attori, più o meno famosi (ma anche giornalisti e persone note del
mondo dello sport), che, pur di guadagnare, svendono la loro immagine,
spesso la tradiscono ed ancora più spesso “imbrogliano” quanti li
ritengono “sinceri”, pubblicizzando un qualsivoglia prodotto. Che sia
un biscotto, un caffè, un gelato, poco importa. Sanno essere
convincenti, in qualche caso interpretano costantemente “un
personaggio” come si trattasse del “tenente Colombo”.Io al loro posto
mi vergognerei. Ma non sono al loro posto e posso soltanto imporre il
silenzio alla mia TV, quando passano le loro immagini sullo schermo,
disturbandomi.
Bianca Fasano
fasanobi@libero.it