La domanda del
digitale ha una doppia velocità: una parte della popolazione è ai
margini della Rete mentre 38 milioni di italiani dichiarano di accedere
a Internet (18 dei quali attraverso smartphone e 3,7 da un tablet). Gli
operatori Tlc devono effettuare un "salto" negli investimenti per
consentire il passaggio alle reti di nuova generazione, che stentano a
svilupparsi in Italia. La separazione della rete di accesso di Telecom
Italia può costituire un'opportunità, se finalizzata allo sviluppo
delle nuove reti. La disintermediazione dei contenuti fa avanzare gli
aggregatori ma il ruolo della produzione di quelli originali non viene
meno e va difeso nei confronti dei pirati informatici. Angelo Cardani,
presidente dell'Agcom, presenta la Relazione annuale analizzando prima
la domanda e poi l'offerta dei nuovi servizi di comunicazione. Il 37,2%
degli individui non ha mai avuto accesso a Internet (22,4% la media Ue)
ma chi accede lo fa con più frequenza rispetto alla media degli altri
paesi europei. Le famiglie che, nel 2012, hanno avuto accesso alla
banda larga erano il 49% di quelle totali; quelle comprendenti almeno
un minorenne salgono al 71% di questa parte della popolazione. Si
attendono i giovani "bandivori", ma l'Italia ha fatto molto «per
rallentare lo sviluppo digitale: attendismo dei mercati, responsabilità
della politica e difficoltà della regolamentazione e ora la crisi».
Mentre le dimensioni del mondo online crescono, i servizi di
telecomunicazione sembrano aver perso centralità: il loro contributo al
Pil nazionale scende dal 3,2% del 2006 al 2,4% del 2012 mentre la spesa
delle famiglie per servizi di comunicazione scende a sua volta dal 2,4%
al 1,9% sul totale dei consumi, anche per la «pressione concorrenziale
sui prezzi finali». Il problema è che, in prospettiva, non bastano «le
reti e i servizi attuali», visto lo sviluppo della domanda: «È
necessaria una discontinuità - sottolinea il presidente dell'Agcom -
anche nell'ordine della grandezza degli investimenti» per passare alle
reti di nuova generazione (fissa e mobile). Per ora, «le nuove reti
stentano a svilupparsi in Italia ancor più che in Europa»: sopra i 10
Megabit l'Europa è al 59%, «da noi ristagna al 14%». La
digitalizzazione, in ogni caso, ha rotto le barriere tra
telecomunicazioni e televisione. I contenuti subiscono un processo di
disintermediazione, che favorisce gli aggregatori rispetto all'editoria
tradizionale, ma «non viene meno il ruolo della produzione di contenuti
originali». Questi ultimi vanno protetti dai «pirati informativi».
Cardani non annuncia scadenze per il Regolamento sul diritto d'autore
on line, confermandone i tre "pilastri": educazione alla legalità,
promozione dell'offerta legale e azione di repressione dell'illegalità
rispettando i principi di garanzia, ragionevolezza e proporzionalità.
Sui media, l'Agcom registra il calo degli introiti: la televisione
perde l'8,7% annuo, non distribuito equamente: gli "altri" operatori
perdono il 21% degli introiti, Mediaset il 13%, la Rai il 7,5% e Sky
solo l'1,4%. Il canone (+2,3%) è l'unica fonte di reddito a non subire
flessioni quando la pubblicità cala quasi del 18%. Sky, grazie alla
tenuta degli introiti pay, è il primo gruppo per fatturato seguito da
Mediaset, che perde quasi 400 milioni annui di pubblicità e dalla Rai,
che ne perde più di duecento. L'Agcom annuncia un'indagine sui mercati
che compongono il Sic per verificare l'esistenza di «eventuali
posizioni dominanti». Se un mercato è quello della tv gratuita, dov'è
compreso il canone, che non è contendibile, di posizione dominante si
può trovare solo quella di Sky nella pay tv (77% dei relativi ricavi).
Le tv generaliste continuano ad avere una quota «considerevole»
dell'audience: è del 65,5% nel 2012 e non il 75% come dichiara l'Agcom,
includendovi i canali tematici di Rai e Mediaset. L'editoria ha perso
nell'ultimo anno il 14% del proprio fatturato: la pubblicità che è
calata del 19% e i prodotti collaterali del 18,6%. Cardani non
risparmia i toni duri sull'espansione delle competenze della Autorità
che presiede (i servizi postali, ndr) «senza alcuna forma di copertura
dei costi di funzionamento attraverso il previsto contributo delle
imprese» mentre quello statale «è stato azzerato». Tale situazione
rischia «di alterare il ruolo di questa Autorità, impedendo di
sviluppare funzioni essenziali».
Marco Mele
Ilsole24ore.com