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Voce alla Scuola: Troppe differenze tra le mense d’Italia

Rassegna stampa
L’allarme di Save The Children: «A troppi bambini viene a mancare la possibilità di mangiare a scuola, insieme ai propri compagni: criteri di accesso al servizio di refezione molto restrittivi che finiscono per essere umilianti nei confronti delle fasce più deboli» - ROMA Paese che vai, mensa che trovi, è la conclusione a cui è giunta l’organizzazione Save the Children al termine di un monitoraggio dei servizi di refezione scolastica in 36 comuni italiani. Non c’è un comune uguale all’altro e una mensa uguale all’altra, i servizi, la qualità e le possibilità di accesso variano moltissimo da città a città. E’ uno dei tanti furti denunciati da Save the Children nell’ambito di “Allarme Infanzia”, la campagna che andrà avanti fino al 5 giugno.  “A troppi bambini oggi viene a mancare la possibilità di mangiare a scuola, insieme ai propri compagni, a causa di criteri di accesso al servizio di refezione molto restrittivi e che finiscono per essere stigmatizzanti e umilianti nei confronti proprio di quei bambini che hanno maggiore bisogno di aiuto - commenta Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa Save the Children Italia - In un Paese dove il 35% dei genitori dichiara di aver dovuto ridurre la spesa alimentare, stiamo privando proprio i bambini più a rischio di un supporto fondamentale per la loro alimentazione e la loro crescita sana. Le differenze di trattamento tra città e città sono abissali. Non è giusto che un bambino che vive in una città anziché in un’altra debba trovarsi in situazioni opposte: accolto a mensa anche quando la sua famiglia non riesce a garantire il pagamento della retta, in alcuni comuni, o al contrario costretto a mangiarsi un panino, magari relegato in una stanza a parte, in altre città. In Comuni come Parma o Palermo per esempio l’esenzione dal pagamento della quota di contribuzione al servizio non è prevista in alcun caso. In altri comuni, pur essendo prevista, non sono omogenei né i criteri né la soglia di accesso: si va da un tetto ISEE di 0 euro a Perugia ad un tetto ISEE di 8.000,00 euro a Potenza; inoltre alcune città prevedono l’esenzione per famiglie appartenenti a categorie particolarmente svantaggiate, come i rifugiati politici a Genova o i nuclei di origine rom a Lecce. Anche sul contributo da versare le differenze sono notevoli da città a città: a Napoli la tariffa massima mensile di 68,00 euro (con un ISEE superiore a 18.750,00 euro) è più bassa della tariffa minima mensile di 66,50 euro richiesta Brescia (con un ISEE inferiore a 16.840,00 euro).  Tra i comuni sottoposti al monitoraggio, solo in cinque hanno attivato delle misure di sostegno all’impoverimento delle famiglie legato o alla numerosità dei figli o alla perdita del posto di lavoro. Sono Verona, Parma, Pisa, Bari, Sassari. In 11 comuni - Brescia, Adro, Udine, Padova, Verone, Pescara, Perugia, Pisa, L’Aquila, Campobasso, Lecce – esistono vere e proprie discriminazioni come l’obbligo di residenza per l’accesso all’esenzione o la riduzione della contribuzione.  “La richiesta di questo requisito, secondo una ormai copiosa giurisprudenza, riveste il carattere della discriminazione indiretta a danno soprattutto di cittadini stranieri anche se poi, a farne le spese, sono anche bambini italiani di famiglie che risiedono nei paesi limitrofi al comune dove vanno a scuola”, sottolinea Antonella Inverno, Responsabile Area Legale di Save the Children Italia. A Brescia, per esempio, i non residenti pagano la retta più alta: 136,80 euro mensili. Un’altra discriminazione è l’esclusione in caso di morosità dei genitori, accade, ad esempio, a Brescia, Ancona, Salerno e Palermo. E a Vigevano, i bambini figli di genitori non in regola con le rette, consumano il pranzo portato da casa in una stanza separata. Save the Children, quindi, chiede che “tutte le scuole, a partire da quelle dei territori più svantaggiati, siano dotate di una sala mensa dove poter condividere il pranzo, garantendo l’accesso gratuito e non discriminatorio al servizio alle fasce più deboli. E’ necessario poi estendere a tutti i comuni una misura anticrisi elementare come quella di consentire a chi ha perso il lavoro di modificare la sua fascia di contribuzione alla mensa, senza basarsi sui redditi dell’anno precedente”.

Flavia Amabile
Lastampa.it








Postato il Lunedì, 27 maggio 2013 ore 07:00:00 CEST di Antonia Vetro
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