L’uomo,
la donna, forse più l’uomo. La scuola consuma lentamente il docente che
ogni anno, ogni biennio, ogni triennio, vede cambiare i propri alunni
ma li vede essere di un’età progressivamente sempre più distante dalla
sua. Affetto, memoria più o meno gradevole, gratitudine più o meno
accentuata, rancore più o meno occultamente espresso. Non può esserci
vera amicizia con i propri utenti, con le dovute necessarie e
straordinarie eccezioni. Non c’è dopolavoro per i lavoratori della
scuola, un luogo dove ritrovarsi nel tempo libero. Gli incontri
nelle sedi dei sindacati sono motivo ed effetto di scontri e/o
rivalità, difficilmente luogo di scambio e solidarietà. Il rispetto non
è proprio di quell’età giovanile o, peggio, adolescenziale. I genitori,
interlocutori spesso obbligati e rancorosi, difficilmente apprezzano. A
volte si, grandemente, ma la stima passa presto e si dimentica, perché
la durata del rapporto non consente una sua lunga persistenza.
Diversamente da quanto l’opinione comune immagina, non resta tempo per
altro all’uomo di scuola. Se docente, l’anno scolastico non lascia
respiro e la sospensione estiva (sempre più breve) allontana tanto da
stabilire un rapporto di amore odio che si trasforma in condizionamento
mentale permanente.
La scuola domina i tuoi pensieri dentro e fuori dell’istituto, sempre.
Ciò più naturalmente e con responsabile pesantezza se ne sei il capo.
Una volta c’era da un lato la società colta, fatta di insegnanti ai
vari livelli, fino all’università, e la società produttiva di
artigiani, mercanti, operai. Restavano fuori poche personalità il
medico, il parroco, il farmacista, il notaio, l’ingegnere
professionista. Benevolmente la società colta veniva cooptata (in
circoli e associazioni) dalle personalità note. Ciò valeva per il
piccolo comune come per i quartieri delle medie e grandi città.
Oggi tali relazioni non esistono più. L’appartenenza al club service o
a più esclusive conventicole (fraternità, massonerie ed altro)
comportano più esclusive e costose cooptazioni che nulla hanno da
spartire con i vecchi circoli dei nobili o dei cosiddetti
professionisti, come anche con le antiche associazioni pro loco.
Resta la famiglia ed i luoghi di socializzazione occasionali, legati a
manifestazioni particolari quali mostre, conferenze. Qualche recente
associazione professionale o di ex colleghi di qualcosa sono oggi per
l’uomo e per la donna di scuola luoghi d’incontro tra pensionati
nostalgici. Chi lavora non si mescola con chi ha tempo perché non
lavora.
È per ciò che manca un disegno educativo e formativo nella società di
oggi. La cosiddetta comunità educante degli anni settanta e ottanta del
Novecento non può immaginarsi ridotta ai Consigli ed ai Collegi, né
agli incontri scuola-famiglia. Ecco perché non esiste più. Ed ecco
perché, mancando una società educante professionalmente qualificata, i
disperati tentativi di riforma della scuola brancolano tra stupide
motivazioni economiche ed instabili quanto inconcludenti presunte
teorizzazioni educative.
Se c’è un luogo ideale dove il passato, la storia, il vissuto (cioè
l’esperienza) conta poco è proprio la scuola. È per questo che tante
occasionali innovazioni tentate sono quasi sempre un ritorno
inconsapevole e casuale a momenti del passato già vissuto ma presto
dimenticato.
Roberto Laudani
robertolaudani@simail.it