Ricordo
che mia mamma, spesso, mi rivolgeva questa frase, “Ascùtami, fìgghiu
miu”, che oggi, prepotentemente, mi ritorna “a galla”, nella mente e
nel cuore.
Il suo “invito” è stato, per me, una “barra fissa”, una precisa
indicazione, a cui non mai rinunciato. Ed anche adesso che attraverso
questo scritto, “Predisporsi ad ascoltare”, cerco di dare il mio
piccolo contributo sul modo di rapportarsi nei vari contesti familiari
per poter affrontare ed aiutare coloro che si trovano in “situazioni
difficili”, le sagge parole di mia madre mi illuminano la mente. Il suo
richiamo, “ascùtami fìgghiu miu”, predispone all’ascolto, per
“accogliere” i saggi consigli.
Recependo l’invito di un mio carissimo amico che recentemente mi
prospettava una situazione difficili in una “famiglia amica”, voglio
osservare che non basta cercare la motivazione del problema, la “causa
scatenante”, per essere certi dell’utilità delle nostre azioni,
bisogna, secondo me, innanzitutto, avere una “predisposizione ad
ascoltare” in profondità le persone in difficoltà, metterle al proprio
agio e al “primo posto”, e solamente dopo, se possibile, e ne siamo
capaci, affrontare i sintomi del “disagio” che ci viene prospettato. In
altre occasioni, invece, per evidente incapacità o per paura di
sbagliare, conviene limitarci ad essere di “supporto amorevole”,
cercando altrove strumenti idonei per affrontare il problema in maniera
utile ed efficace.
Nel corso della mia vita professionale, nei reparti di psichiatria, ma
anche nel mio cammino comunitario, ho ricevuto un grande aiuto dagli
scritti di Paul Tournier, medico, psicologo e psicoterapeuta, nato in
Svizzera, nel 1898, e morto a Ginevra, nell’ottobre del 1986.
Paul Tournier, nei suoi scritti, “Medicina e persona” e “La forza
dell’ascolto”, parla delle sue esperienze professionali e del suo
essere credente, non scindendo mai le sue convinzioni religiose dalla
sua professione, anzi ne ha fatto sempre una sua “linea guida”, un
percorso personale e professionale, duraturo ed efficace.
Tournier ha evidenziato che lo scienziato deve avere, soprattutto, un
“cuore” predisposto al contatto umano e all’ascolto dell’altro.
Il medico svizzero, nei suoi libri e nei tanti interventi, sembra che
abbia “utilizzato” e applicato la Parola di Dio ai “casi clinici”.
Sulla predisposizione e sull’ascolto, egli rammenta che tanto si desume
dalla Bibbia: l’ascolto è un comando divino ed il credente non può fare
a meno del “predisporsi ad ascoltare”.
Paul Tournier ha messo i suoi talenti umani e professionali a
disposizione dei suoi pazienti in un continuo confronto io-tu, per
agire, e interagire, con efficacia, discernendo, successivamente, il
modo di intervenire.
Per Paul Tournier essere accanto all’uomo non è una teoria, ma un modo
di vivere e di agire; è solo con la predisposizione ad ascoltare, a
“guardarsi negli occhi”, trasmettendo emozioni e sentimenti, che si può
percepire l’altro, l’uomo e il paziente, ed intervenire con efficacia.
Per Tournier il dialogo era il momento più importante e decisivo del
lavoro del medico e dello psicologo, per poter aiutare le persone ad
uscire dalle gravi patologie e poter guarire le ferite dell’animo
umano. Ed il dialogo presuppone una buona dose d’empatia, altrimenti è
impossibile raggiungere qualsiasi tipo di contatto, si ha solamente uno
scambio di informazioni tecniche; per intervenire efficacemente,
invece, è necessario che due persone si “conoscano” e si “mettano uno
accanto all’altro”, scambiandosi, reciprocamente, il “proprio essere”.
Come dice Paul Tournier: «Prima di essere, bisogna avere, e due persone
sono e si danno solo nel dialogo, nel rapporto, io – tu, che riporta
l’equilibrio ed armonia nella persona, eliminando gli strappi tra corpo
e spirito, tra avere ed essere, tra affermazione di sé e rinuncia. […]
Riesco a comprendere l’altro non solamente con il cervello, ma con il
cuore. Perché solo dal cuore si possono trasmettere dei sentimenti
profondi, mentre dal cervello può venire la tecnica e la razionalità
nell’intervento, dove l’altro si possono sentire compresi, ecco ciò che
aiuta a vivere e ad affrontare qualsiasi problema difficile, anche
apparentemente insolubile. Il “sentirsi compresi”, così importante per
la salvezza psicologica dell’uomo, presuppone la capacità d’ascolto, e
costituisce un momento di verità, di fiducia, di intensa emozione sia
per chi ascolta che per chi parla. Occorre, quindi, agire con
serenità e guardare, con verità, il cuore dell’altro. Solo così è
possibile uscire dal tunnel del “male oscuro”».
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it