Mio figlio, 9
anni, frequenta la terza elementare ma da qualche mese manifesta un
senso di insofferenza nei confronti della scuola. Tutte le mattine
lamenta mal di pancia o vomito pur di non andare a lezione. Appurato
che dal punto di vista medico non ci sono problemi, ci siamo rivolti a
uno psicoterapeuta, per ora con scarsi risultati. Se un giorno riesce a
entrare a scuola, il giorno dopo ci dice un «no» categorico e
immotivato (nel senso che non ci dà informazioni utili per aiutarlo).
Le assenze sono tante e il rendimento scolastico peggiora. Le maestre
dicono che a scuola non c’è stato alcun problema, né con loro, né con
gli altri alunni. Non sappiamo più come comportarci. Che cosa ci
consigliate?
Risponde Anna Rezzara, professore di Pedagogia, Facoltà
Scienze Formazione, Università Bicocca, Milano.
Quando le difficoltà o il rifiuto ad andare a scuola non sono
occasionali, ma perdurano, è opportuno prenderle sul serio, come voi
state facendo. Non sono infatti “capricci”, ma segnali di qualche
disagio, ansia, sofferenza. Affrontati sin dall’inizio, questi problemi
trovano una felice soluzione; diversamente, nel tempo, può diventare
più difficile ristabilire un rapporto sereno con la scuola e
soprattutto far sì che il bambino superi le difficoltà che stanno alla
base di questo comportamento. Il rifiuto della scuola può essere legato
a esperienze negative che il bambino vive, o teme di vivere, con gli
insegnanti o con i compagni. Il bambino può avere sperimentato, o
temere, esperienze di insuccesso, giudizi negativi, rimproveri,
eccessiva severità degli insegnanti, inadeguatezza nei confronti delle
richieste scolastiche. Oppure può essere critico il rapporto con i
compagni, che gli ha fatto vivere esperienze di esclusione,
umiliazioni, piccoli conflitti o prepotenze. Spesso, invece, l’origine
del problema non è la scuola, ma uno stato di ansia e una
fragilità del bambino che gli fanno sentire la scuola come un ambiente
non rassicurante e gli fanno desiderare di non allontanarsi
dall’ambiente protetto della casa. È importante perciò cercare di
comprendere che cosa sta sotto la difficoltà ad andare a scuola. A
questo scopo, vi consiglio di affiancare al vostro impegno di genitori,
la consulenza di un professionista esperto, cosa che per altro lei mi
dice di aver già fatto. A casa, vi consiglio di parlare con il bambino,
non nei momenti di crisi, ma quando è più calmo e disponibile a pensare
alle sue paure, non interrogandolo direttamente sulle cause delle sue
difficoltà scolastiche - che anche per lui è forse difficile conoscere
ed esprimere - ma invitandolo a parlarvi di come si sente in generale,
dei suoi timori, di quando si sente bene e di quando si sente male. In
questi momenti di dialogo sarà importante comunicare al bambino, con le
parole e gli atteggiamenti, la vostra comprensione delle sue fatiche,
l’impegno a trovare insieme a lui una soluzione alle sue difficoltà,
mostrandogli di prendervi in carico il problema, senza però
drammatizzarlo eccessivamente e senza mettere al centro delle
preoccupazioni solo il problema dell’andare a scuola, ma il complessivo
benessere del bambino.
La consulenza del professionista servirà ad aiutare voi e il
bambino a elaborare le difficoltà di questo momento e a consigliare voi
e la scuola sui comportamenti più efficaci. Non forzate il bambino ad
andare a scuola, ma siate serenamente fermi nel dirgli che il problema
va risolto anche se che ci può volere un po’ di tempo e che siete
impegnati voi, lui e la scuola a cercare una buona soluzione. Osservate
come il bambino vive non solo “il problema scuola” ma tutte le sue
attività. E confrontatevi costantemente con gli insegnanti anche
perché, al di là delle rassicurazioni che vi hanno dato, è utile
approfondire quello che accade a scuola.
Anna
Rezzara - Corriere della Sera