Meritevoli
abbandonati, entro il 2015 taglio del 92 per cento L’anno scorso 57
mila idonei lasciati senza il contributo - TORINO Recita la nostra
Costituzione: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno
diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». La buona notizia
è che i capaci e meritevoli non mancano. Quella cattiva è che il
diritto allo studio rischia di sparire. I dati sulle risorse
finanziarie destinate a borse di studio, mense e alloggi sono
impietosi, le prospettive drammatiche. Nello scorso anno accademico,
57mila studenti si sono ritrovati nella categoria degli «idonei non
beneficiari». Per reddito e percorso di studi, sono considerati
meritevoli di ricevere un aiuto dallo Stato. Per mancanza di fondi,
destinati a non ricevere nulla, se non l’esenzione dalle tasse
universitarie. Se nulla cambia, il loro numero aumenterà in fretta. Nel
2009 il Fondo nazionale destinato a integrare le risorse regionali a
disposizione degli studenti fu eccezionalmente di 246 milioni di euro,
grazie alle misure urgenti disposte dall’allora ministro Mariastella
Gelmini. Poi un viaggio sulle montagne russe: circa 100 milioni di euro
nel 2010 e nel 2011, poi 175 milioni nel 2012. Denari
riacciuffati al volo, come i 90 milioni ripescati dalla spending review
del governo Monti. Senza interventi dell’ultimo minuto o brusche
inversioni di rotta, il taglio alle borse di studio previsto per i
prossimi tre anni è del 92%. Tradotto in euro, vuol dire che entro il
2015 i fondi a disposizioni dei «valorosi ma non danarosi» saranno 15
milioni di euro. Briciole, da distribuire in tutto il Paese e integrare
con i fondi regionali. E se le famiglie che non si possono più
permettere un figlio all’università sono sempre di più, sono sempre di
più anche le Regioni sull’orlo del collasso. Un esempio su tutti? Il
sistema universitario piemontese. Da eccellenza a ultimo in classifica,
con un deprimente risultato del 30% delle richieste di borse di studio
soddisfatte. Se il contributo statale si è attestato tra i 7 e i 7,9
milioni di euro, è la drastica riduzione del contributo regionale -
oltre il 60% - che ha portato il meccanismo al tracollo. Un duro colpo
per una regione che può vantare un’indiscussa eccellenza come il
Politecnico di Torino, dove più della metà degli studenti non sono
piemontesi e il 15% stranieri. Sabato il ministro dell’Istruzione
Francesco Profumo sarà a Torino per incontrare i rappresentanti delle
associazioni universitarie della regione. Intanto proprio dagli
studenti universitari nasce una campagna di mobilitazione nazionale.
Semplice ed efficace lo slogan: «Non c’è più tempo». Ed è anche
straordinariamente vero. Se nessuno interviene, si rischia di arrivare
a settembre senza che nulla sia cambiato. Con costi enormi per il
Paese, sia in termini etici che di sviluppo. «I costi per le famiglie
sono diventati insostenibili. La politica non si muove da tempo, il
diritto allo studio non può essere la vittima - denuncia Elena
Monticelli, coordinatrice per il diritto allo studio dell’associazione
studentesca Link -. Abbiamo lanciato la campagna “Non c’è più tempo”
per riportare l’università nel dibattito politico. Se ne è parlato poco
in campagna elettorale, ora non se ne parla più. La situazione è
gravissima». Intanto, dopo un braccio di ferro durato due anni, giace
al vaglio della conferenza Stato Regioni il decreto di riforma
presentato dal ministro Profumo, osteggiato dalle associazioni
studentesche ma con il via libera del Consiglio nazionale degli
Studenti Universitari.
Nadia Ferrigo
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