L'indice del
Benessere equo e sostenibile dell'istituto di statistica parla di due
mondi diversi: le regioni del sud agli ultimi posti contro gli
ottimi risultati dei sistemi regionali di Trentino Alto Adige e Friuli
Venezia Giulia. E fa tornare il nostro paese indietro di un secolo -
PERCORRENDO lo Stivale da Nord a Sud, il sistema di istruzione italiano
perde colpi. A metterlo in evidenza è il rapporto Bes (sul Benessere
equo e sostenibile, che sostituisce il Pil come indicatore di benessere
degli italiani) appena pubblicato dall'Istat. Stando ai numeri
contenuti nello studio, la scuola più efficiente è quella della
provincia autonoma di Trento, la più sgarrupata è invece quella
siciliana. Una delle 12 dimensioni - Salute, Istruzione e formazione,
Lavoro, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni,
Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente,
Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi - del benessere messa a
punto dall'Istat riguarda la scuola e il sistema di istruzione in
generale. Insomma, da soli, i soldi non bastano a fare la felicità se
non si è anche istruiti. E per questa ragione, utilizzando i 10
indicatori relativi all'istruzione messi a disposizione dall'Istat,
Repubblica.it ha messo a confronto i sistemi educativi regionali e
delle province autonome, stilando anche una classifica che vede in cima
la provincia di Trento, seguita dal Friuli Venezia Giulia. Dopo avere
ordinato le regioni in ordine decrescente sulla base degli indicatori
di qualità forniti dall'Istituto di statistica e avere attribuito un
punteggio pari alla posizione occupata in classifica, è stata stilata
una graduatoria generale per regioni. Per quanto riguarda la
"partecipazione alla scuola dell'infanzia", a titolo di esempio,
troviamo in vetta la Valle d'Aosta - che ottiene il punteggio più alto
- in fondo alla lista figura invece il Lazio, cui viene attribuito un
solo punto. E così via anche per le altre 9 dimensioni del benessere
scolastico: giovani che non lavorano e non studiano, i cosiddetti Neet;
livello di competenza alfabetica degli studenti quindicenni; livello di
competenza numerica degli studenti; persone che hanno conseguito un
titolo universitario; persone con almeno un titolo di scuola superiore;
uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione (abbandoni
scolastici); persone con alti livelli di competenza informatica;
partecipazione alla formazione continua e partecipazione culturale. La
classifica che vede in testa la provincia di Trento e in fondo la
Sicilia non è altro che una graduatoria che riporta la frequenza con la
quale la singola regione si trova nelle posizioni alte o basse delle
singole classifiche. Se la Sicilia racimola appena 26 punti significa
che in quasi tutte e 10 le graduatorie si piazza all'ultimo, al
penultimo o al terzultimo posto. E' il caso dei Neet -
giovani di 15/29 anni che non lavoro né studiano - che nell'Isola
sono il 35,7 per cento e in Campania poco meno: il 35,2 per cento.
Spicca in questo caso la provincia di Bolzano, con appena il 9,2 per
cento di giovani che non studiano e non lavorano. Trento è al secondo
posto con il 13,3 per cento. Stesso discorso per i laureati. In
provincia di Trento il 26,7 per cento dei giovani di età 30/34 anni è
già in possesso - i dati si riferiscono quasi sempre alla
fine del 2011 - di un titolo universitario, mentre questa
volta è la Campania, col 14,7 per cento, ad occupare l'ultima piazza.
La qualità di un sistema di istruzione si misura anche dal numero di
abbandoni scolastici dei propri alunni. E' la Sardegna - col 25,1 per
cento di giovani 18/24enni in possesso al massimo della licenza media -
in pole position, seguita dalla Sicilia. E ancora una volta è Trento la
più efficiente. Discorso che non cambia se si passa in rassegna la
classifica delle persone - di 16 anni ed oltre
- che mostrano alte competenze informatiche: Bolzano e Emilia
Romagna in testa e Puglia in coda. Ma probabilmente le performance dei
diversi sistemi di istruzione regionali risentono anche delle
condizioni economiche e occupazionali dei propri abitanti. La Sicilia,
ha infatti un "indice di rischio di povertà relativa" -
pari a 44,3 per cento di persone a rischio povertà - cinque
volte e mezzo più elevata degli abitanti di Bolzano. Così come il tasso
di occupazione delle persone di età compresa fra i 20 e i 64 anni di
età, a Bolzano, supera di 33 punti quello degli abitanti della
Campania: 76,0 per cento contro 43,1 per cento. E, sempre in Campania,
17 persone su cento vivono in nuclei familiari dove nessuno lavora
mentre a Bolzano se ne registrano soltanto 2 su cento. Il quadro che
esce dal Rapporto Bes 2013, almeno per quanto riguarda l'istruzione,
riporta indietro l'Italia di oltre un secolo. Quando la maggior parte
della popolazione italiana viveva in situazione di estrema deprivazione
e, con la necessità quotidiana di trovare un modo per sopravvivere,
studiare era percepito come una perdita di tempo.
Salvo Intravaia
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