I consigli dei
medici della Società italiana di pediatria preventiva e sociale - ROMA
- Il bullismo e il cyberbullismo sono fenomeni in crescita anche in
Italia: da una recente indagine di Ipsos per Save the Children emerge
che il 72% degli adolescenti e giovanissimi italiani lo avverte come il
fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo e che almeno 4
ragazzi su 10 sono stati testimoni di atti di cyberbullismo da parte di
coetanei. Ma bullismo e cyberbullismo sono due facce della stessa
medaglia, da prevenire fin dalla scuola media, avverte la Società
italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps). Quando le azioni di
bullismo si verificano in rete si parla di cyberbullismo, una forma di
prevaricazione volontaria e ripetuta che avviene tramite i nuovi mezzi
di comunicazione (email, sms, telefonate, social network e web in
generale). «Per arginare e soprattutto prevenire il fenomeno del
bullismo in tutte le sue forme - sostiene Giuseppe Di Mauro, pediatra e
presidente Sipps - è fondamentale che le famiglie e la scuola agiscano
insieme in un percorso condiviso, per sensibilizzare ed educare i
ragazzi a un uso corretto e consapevole delle nuove tecnologie già a
partire dalla scuola media». «Il bullismo - sottolinea Piercarlo
Salari, pediatra consultoriale a Milano e membro Sipps - non è un
semplice atteggiamento aggressivo e prepotente, ma un comportamento che
viene messo in atto in modo volontario, si ripete nel tempo e sfrutta
consapevolmente alcune caratteristiche di superiorità rispetto alla
vittima, come l’età, la forza fisica e, nel caso del cyber bullismo, la
popolarità in rete, spesso legata al numero di contatti acquisiti o di
fan. Sono innumerevoli gli episodi che leggiamo nelle pagine di
cronaca, ma sono molti anche i casi in cui la vittima di violenza e la
sua famiglia non trovano il coraggio di opporsi e denunciare. Per
contrastare il bullismo è però necessario che genitori e insegnanti
imparino a riconoscerlo correttamente e con la maggiore tempestività
possibile». La Sipps ricorda che esistono campanelli d’allarme ai
quali i genitori dovrebbero fare attenzione, osservando i propri figli
e distinguendo innanzitutto tra condizioni favorenti e comportamenti
sospetti. Le condizioni favorenti sono essenzialmente un uso non
controllato e spesso inappropriato di internet e smartphone, spesso
fino a tarda notte; uno scambio talvolta ossessivo di immagini, l’uso
di messaggi sui social network che possono destare preoccupazione o
inquietudine; la mancanza di orari e una vita nell’insieme
disorganizzata. I comportamenti sospetti, invece, si manifestano con un
rifiuto di parlare di ciò che i ragazzi fanno online; un calo nel
rendimento scolastico, turbamento o malessere dopo aver utilizzato
internet o cambiamenti in generale nei toni e nell’umore con reazioni
aggressive o comunque eccessive; l’acquisto o il possesso di accessori
o oggetti status symbol che presuppone una disponibilità di denaro non
ragionevole o qualche baratto poco convincente. Uno studio
condotto dall’Università dell’Arizona e pubblicato online sul numero
del Journal of Adolescence di aprile 2013, ha esaminato l’associazione
tra depressione, comportamento suicida, bullismo ed esperienze di
vittimizzazione, elaborando i dati di circa 1.500 studenti di scuola
superiore. I risultati hanno evidenziato che la depressione è sempre
stato il catalizzatore di tentati suicidi in entrambi i sessi, ma
soltanto nelle ragazze essa ha giocato un ruolo come conseguenza del
cyber bullismo. Da qui un duplice invito degli autori:
innanzitutto la necessità di riconoscere tempestivamente eventuali
segnali di depressione nei giovani, a maggior ragione se di sesso
femminile e se coinvolti in episodi di bullismo, e attuare opportune
strategie preventive su questi ultimi; in secondo luogo la necessità di
non limitare il campo d’azione alla scuola superiore ma estendere
l’indagine anche alla scuola media, al fine di un intervento più
precoce.
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