Un recente interpello
del Ministero del Lavoro (n. 10 dell'8 marzo 2013) risponde ad una richiesta
riguardante la corretta interpretazione dell’art. 7, D.Lgs. n.
119/2011, concernente la disciplina del congedo per cure riconosciuto
in favore dei lavoratori mutilati e invalidi civili. In particolare,
l’indennità contemplata in caso di fruizione dei congedi in questione
debba essere posta a carico del datore di lavoro ovvero dell’INPS, in
quanto computata secondo il regime economico delle assenze per malattia?
E inoltre è possibile considerare, per la fruizione frazionata dei
permessi di cui sopra, le giornate di assenza dal lavoro come unico
episodio morboso di carattere continuativo ai fini della corretta
determinazione del trattamento economico corrispondente?
Questa l'interpretazione del Ministero del Lavoro.
Innanzitutto è bene tener presente che la disposizione di cui all’art.
7, D.Lgs. n. 119/2011 ha apportato alcune modifiche alla materia dei
congedi per cure in favore dei lavoratori invalidi civili. Nello
specifico, fermo restando quanto previsto dall’art. 3, comma 42, L. n.
537/1993 e successive modificazioni – che abroga le disposizioni in
materia di congedo straordinario per cure termali dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni – i lavoratori mutilati e invalidi civili ai
quali sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa
superiore al 50% possono fruire, nel corso di ogni anno, anche in
maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore
a 30 giorni. La disposizione chiarisce, inoltre, che il suddetto
congedo non rientra nel periodo di comporto ed è concesso dal datore di
lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata da
idonea documentazione comprovante la necessità delle cure connesse alla
specifica infermità invalidante. Al riguardo, l’art. 7 ha stabilito che
durante la fruizione del congedo “il dipendente ha diritto a percepire
il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per
malattia”. Tale ultima previsione costituisce, dunque, una novità
rispetto alla disciplina previgente, in linea con quanto già stabilito
dalla Corte di Cassazione ancor prima dell'entrata in vigore del
D.Lgs.n. 119/2011, riconoscendo la sussistenza di un nesso eziologico
tra l’assenza del lavoratore e la presenza di uno stato patologico in
atto, quest’ultimo subordinato al relativo accertamento da parte di un
medico della struttura sanitaria pubblica ritenendo, pertanto, che
l’assenza per la fruizione del congedo fosse riconducibile all’ipotesi
di malattia ex art. 2110 c.c., con conseguente diritto al
corrispondente trattamento economico (Cass. civ., sez. lav., n.
3500/1984; Cass. civ., sez. lav., n. 827/1991). Per tali ragioni, il
Ministero del Lavoro ritiene che il recepimento normativo del suddetto
orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale l’indennità per
congedo per cure va calcolata secondo il regime economico delle assenze
per malattia, afferisce esclusivamente al meccanismo del computo
dell’indennità, la quale comunque continua ad essere sostenuta dal
datore di lavoro e non dall’Istituto previdenziale. Peraltro, l’art. 23
della L. n. 183/2010, che ha delegato il Governo alla emanazione di
quello che sarebbe stato il D.Lgs. n. 119/2011, aveva espresso
l’esigenza di non gravare di ulteriori oneri il bilancio pubblico. Per
quanto concerne il secondo quesito, il Ministero ritiene possibile
intendere la fruizione frazionata dei permessi come un solo episodio
morboso di carattere continuativo, ai fini della corretta
determinazione del trattamento economico corrispondente, in quanto
connesso alla medesima infermità invalidante riconosciuta.
www.sinergiediscuola.it