I videogiochi sono
tanto amati dai ragazzi e spesso altrettanto detestati da molti
genitori che, in buona fede, ritengono che i figli debbano passare meno
tempo a giocare ai videogames e più ore a studiare, per migliorare le
performances scolastiche. I risultati di uno studio dell’Università di
Padova e dell’IRCCS Eugenio Medea, appena pubblicato sulla rivista
“Current Biology”, spezzano una lancia a favore dei videogiochi:
giocare ai videogiochi non è tempo perso ma in certi casi può rivelarsi
prezioso. Circa12 ore passate ai videogiochi d’azione migliorano la
capacità di lettura dei bambini dislessici più di quanto non ottenga un
anno di lettura spontanea o un percorso di lettura tradizionale, senza
contare che mentre i trattamenti tradizionali sono spesso noiosi (tanto
che molti bambini tendono ad abbandonarli), utilizzando i videogames i
bambini riescono anche a divertirsi.
La dislessia (un disturbo specifico di apprendimento caratterizzato da
difficoltà selettive nella lettura), rappresenta una condizione che
riguarda un bambino su dieci. Il gruppo di ricerca ha valutato le
abilità di lettura, le capacità fonologiche e di attenzione di due
gruppi di bambini con dislessia che non utilizzavano abitualmente i
videogames. Successivamente i bimbi sono stati impegnati (per nove
sedute di 80 minuti), in videogiochi di azione o non-azione. Nella
valutazione finale nelle capacità attentive e di lettura è emerso un
dato interessante: i bambini che avevano utilizzato videogiochi
d’azione erano in grado di leggere più velocemente senza perdere in
accuratezza e avevano fatto progressi anche in altri test di
attenzione. Le abilità di lettura acquisite risultavano stabili anche
dopo due mesi dall’insolito “trattamento”.
Il videogioco d’azione (action game) appartiene a quella categoria di
videogiochi basati essenzialmente sull’azione, in cui il giocatore è
impegnato in combattimenti frenetici, sia con armi che senza. Al
giocatore è quindi richiesta la prontezza e l’agilità nel muovere i
comandi del gioco. In che modo il tempo impiegato con i videogiochi
d’azione riesce ad aiutare i bambini dislessici a leggere meglio? «I
videogiochi d’azione migliorano molti aspetti dell’attenzione visiva e
favoriscono l’estrazione di informazioni dall’ambiente - spiega Andrea
Facoetti dell’Università degli Studi di Padova e consulente
all’Istituto Scientifico Eugenio Medea -. Dover colpire un bersaglio
periferico in movimento comporta un’abilità di percezione del contesto
e quindi di rapida attenzione al particolare che aiuta i bambini
dislessici molto di più di un allenamento alla lettura. Grazie ai
videogiochi i bambini dislessici hanno imparato a orientare e
focalizzare la loro attenzione per estrarre le informazioni rilevanti
di una parola scritta in modo più efficiente, riducendo l’eccessiva
interferenza laterale di cui sembrano soffrire».
I risultati della ricerca costituiscono una significativa conferma che
i deficit di attenzione visiva sono alla base della dislessia. «Questi
risultati sono molto importanti per comprendere i meccanismi cerebrali
che stanno alla base della dislessia - sottolinea Facoetti - ma non
possiamo raccomandare i videogiochi senza il controllo o la
supervisione di uno specialista della riabilitazione neuropsicologica.
Ricordiamo che un trattamento non si improvvisa e funzionano solo certi
tipi di videogiochi: quelli di azione che agiscono sui circuiti
cerebrali legati alla percezione del movimento».
È noto dalla letteratura scientifica che il periodo sensibile per uno
sviluppo tipico delle abilità di linguaggio e di lettura è
rintracciabile in fasi molto precoci della vita, ben prima delle
manifestazioni cliniche in età scolare. Evidenze sperimentali indicano
inoltre che una individuazione tempestiva dei disturbi di linguaggio
(preferibilmente entro i 3 anni di vita) consente di impostare
interventi in grado di far evolvere positivamente le competenze
linguistiche e al contempo efficaci nel prevenire l’insorgenza della
dislessia.
Gli studi sulla dislessia rappresentano da anni il cavallo di battaglia
della ricerca svolta presso l’Unità Operativa di Psicopatologia dello
sviluppo dell’IRCCS Medea. In particolare, l’IRCCS Medea ha già
utilizzato con successo una serie di test come predittori precoci per
la dislessia e ha standardizzato, in collaborazione con altri gruppi di
ricerca (principalmente con le Università di Udine e di Padova)
strumenti per la diagnosi e lo screening tempestivo dei disturbi del
linguaggio, utilizzabili già nei primi anni della scuola dell’infanzia
e in grado di individuare i bambini a rischio.
La possibilità di intervenire potenziando le capacità di percezione e
di attenzione, piuttosto che le competenze linguistiche, prospetta la
possibilità di trattamenti precoci: «Il nostro studio dà il via a nuovi
programmi terapeutici in grado di ridurre i sintomi della dislessia o
di prevenirla, nel caso di bambini a rischio, già prima che questi
imparino a leggere», conclude Facoetti. Seguendo tali obiettivi, il
gruppo di ricercatori padovani e del Medea ha messo a punto, in
collaborazione con il Dipartimento di Matematica dell’Università di
Padova, dei videogiochi per tablet che saranno utilizzati a breve su un
campione di 40 bambini a rischio di dislessia nelle scuole
dell’infanzia di Lecco.
Rosalba
Miceli - Lastampa.it