Unica per il
momento tra i dirigenti nazionali dei partiti, Francesca Puglisi,
responsabile per la scuola nella segreteria del Pd, risponde ampiamente
alle domande di chi ha firmato la lettera aperta Chi vuole davvero una
scuola seria? Un comportamento dialogico senza dubbio da apprezzare,
anche per come si conclude la mail di accompagnamento: "Resto a
disposizione per qualsiasi chiarimento o incontro". Se tale incontro ci
sarà, avremo l'occasione di argomentare le nostre tesi più ampiamente
di quanto consentisse la sintesi di un documento del genere. E su
alcuni punti in particolare, come ad esempio la valutazione degli
insegnanti e la formazione professionale, il dialogo è particolarmente
necessario.
1. Riconoscimento del lavoro degli insegnanti.
Saranno riconosciute agli insegnanti la difficoltà e la delicatezza
della loro professione o si continuerà ad additarli all’opinione
pubblica come lavoratori part time, come dimostra il recente tentativo
del governo di aumentare di un terzo l’orario di cattedra?
Nel programma del PD abbiamo scritto che occorre restituire alla scuola
risorse, fiducia e stabilità, restituendo prestigio sociale agli
insegnanti. Abbiamo contrastato in Parlamento la proposta del
Governo Monti di aumentare a 24 le ore di lezione frontale, proprio
perché non teneva in alcuna considerazione il resto del lavoro svolto
dagli insegnanti, che è fatto di correzione dei compiti, ricerca
didattica, preparazione delle lezioni, etc. e avrebbe semplicemente
fatto far cassa allo Stato, con il licenziamento di migliaia di
insegnanti precari. Il riconoscimento del lavoro degli insegnanti deve
passare anche attraverso la discussione del nuovo contratto nazionale
di lavoro, che coinvolgerà pienamente le scuole e le parti sociali.
Vogliamo che sia valorizzata anche la formazione in servizio e
l’impegno che molti mettono a disposizione delle scuole e degli
studenti, che troppo spesso oggi non viene riconosciuto in busta paga.
2. Libertà metodologica. Verrà assicurata agli
insegnanti la piena libertà di scegliere le metodologie che ritengono
più efficaci o si cercherà di imporre teorie calate dall’alto, come è
successo negli ultimi decenni?
Basta riforme calate dall'alto. Sì alla piena realizzazione
dell'autonomia organizzativa e didattica delle autonomie scolastiche,
dotandole di risorse umane (organico funzionale) e finanziarie stabili.
L'obiettivo per tutti deve essere: combattere la dispersione e
migliorare i livelli di apprendimento e competenza degli studenti.
3. Funzione del docente. Si intende valorizzare il
ruolo dell’insegnante come guida nella scoperta del nostro mondo e del
suo patrimonio culturale oppure trasformarlo, come ha sostenuto di
recente anche il ministro Profumo, in un “facilitatore”
dell’autoapprendimento degli allievi?
Le guide oggi servono, eccome, per districarsi nella marea di
informazioni che i nostri ragazzi acquisiscono fuori dalle aule
scolastiche (il 70%di ciò che sanno, ci dicono i dati, arriva
dall'esterno). La scoperta del mondo non può essere una corsa in
solitaria, ma un cammino collettivo, in cui l'educatore/docente non è
tanto un erogatore di conoscenza, quanto, appunto, una guida alla
conoscenza. Vogliamo investire nella formazione in servizio degli
insegnanti per innovare la didattica. Perché le tecnologie, su cui si è
fatta molta propaganda negli ultimi 5 anni, possono essere utili
strumenti se usate a servizio di una nuova didattica, altrimenti
restano inutili elementi scenografici.
4. Priorità nella valutazione di docenti e dirigenti.
È più giusto e più utile alla qualità della scuola garantire a tutti
gli allievi degli insegnanti e dei dirigenti adeguati – prevedendo in
caso contrario i provvedimenti opportuni – o limitarsi a premiare
quelli eccellenti, che continueranno comunque a lavorare bene?
Pensiamo che il sistema di valutazione sia stato usato nel modo
sbagliato. Per punire [?] o premiare, tra l'altro basandosi su criteri
opinabili, come la reputazione individuale. Il fallimento di tali
progetti di valutazione dimostra la pochezza degli stessi. Crediamo,
invece, che il sistema di valutazione debba essere utilizzato come
strumento per accompagnare il sistema scolastico verso il
miglioramento, anche attraverso la diffusione di buone pratiche
didattiche.
5. Valutazione degli istituti. Per avere scuole che
funzionino è più sensato attivare regolari controlli ispettivi sulla
loro efficienza e correttezza o complessi e costosi sistemi di
valutazione?
I controlli ispettivi sono utili se aiutano a migliorare. Il bastone e
la carota servono, forse, per addestrare gli animali, non per
migliorare la scuola. Un sistema di valutazione forse è costoso, ma è
indispensabile, perché è il giusto contraltare all'autonomia
scolastica. Non crediamo a sistemi che valutino il singolo docente o
dirigente scolastico, quanto, invece, a valutazioni che servano a far
raggiungere a ciascuna scuola il massimo del proprio potenziale,
accompagnandola verso il miglioramento, con l’istituzione di un unico
Istituto Nazionale per la Valutazione e la Ricerca Educativa che
sostenga le scuole, diffondendo le buone pratiche didattiche. Quindi,
la valutazione deve essere riferita alla scuola nel suo insieme e
basarsi su indicatori di apprendimento degli studenti, osservazione
diretta di esperti, analisi dell'efficacia della scuola per gli sbocchi
educativi o lavorativi successivi. Stiamo guardando al modello
francese, dove le rilevazioni sono su base campionaria.
6. Dare valore alla formazione professionale.
L’insuccesso scolastico di tanti ragazzi all’inizio delle superiori si
combatte ampliando il numero delle scelte possibili, compresa una
qualificata formazione professionale, o obbligandoli tutti a un biennio
comune, come sostengono alcuni?
Dobbiamo partire dall'idea che la scuola serve a formare cittadini,
offrendo a ciascuno le opportunità per sviluppare appieno la propria
personalità e arrivare al successo formativo e scolastico. Una scuola
che seleziona precocemente i giovani, non fa altro che rivelarsi la
peggiore prigione di questa società, immobilizzandola con le catene del
censo, dell'origine geografica o familiare, delle possibilità
economiche. Ogni alunno bocciato o definito ‘somaro’ è un alunno che
probabilmente a 16 anni sparirà nel buco nero della dispersione
scolastica, ed è questo il vero ‘scandalo’. Quasi il 20% degli studenti
sedicenni, in obbligo di istruzione, abbandona anticipatamente il
sistema formativo. Un quarto degli studenti non consegue un titolo di
istruzione di secondaria superiore, in altre parole solo il 75% degli
studenti consegue un diploma o una qualifica contro una media
dell’88% della Francia e del 90% della Germania. Serve un biennio
unitario (e non 'unico') e un triennio di Indirizzo per permettere agli
studenti di compiere scelte mature e consapevoli, con materie comuni
tra gli indirizzi e opzioni individuali.
Dobbiamo, sì potenziare la formazione tecnica e professionale, ma non
per gettarci dentro tutti coloro che a sedici anni riteniamo indegni di
un liceo [!]. Vogliamo, e impegneremo risorse per questo, che gli
istituti Tecnici e Professionali abbiano la qualità, gli standard
tecnologici e lo status sociale di un qualsiasi liceo. 18 regioni su 20
hanno scelto modelli integrati di formazione e istruzione
professionale, in cui i ragazzi e le ragazze, anche se iniziano con la
formazione professionale, possono scegliere anche di rientrare nel
percorso dell’istruzione. L’importante è che escano tutti con una
qualifica e che, attraverso esperienze di alternanza scuola/lavoro,
trovino la strada per la propria vita.
7. Aggiornamento. L’aggiornamento degli insegnanti,
elemento indispensabile per la crescita professionale, sarà finalmente
basato sullo scambio sistematico di esperienze tra chi opera sul campo
oppure soltanto sul contributo di esperti (che poi non sempre si
rivelano tali)?
L'aggiornamento degli insegnanti deve essere fatto attraverso lo
scambio di buone prassi, attraverso la conoscenza e messa in pratica di
altre esperienze. Questo è per noi un aspetto fondamentale della
formazione in servizio e ci impegneremo affinché tali scambi non sia
demandati alla buona volontà di qualche docente, ma diventino sistema
solido e periodico di aggiornamento e confronto fra scuole.
8. Educare i ragazzi alle regole. Nei programmi dei
partiti si dirà con chiarezza che insegnare ed esigere il rispetto
delle regole è indispensabile per un proficuo lavoro scolastico e per
la formazione dei futuri cittadini oppure si continuerà a sottovalutare
questa fondamentale esigenza?
“L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri,
o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (Paolo VI).
Diciamo che i nostri ragazzi purtroppo non hanno ricevuto fulgidi
esempi nella vita pubblica di rispetto delle regole. Uno degli impegni
che il Partito Democratico assume è il rispetto dell’art.54 della
Costituzione che “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli
alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini
cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con
disciplina ed onore”. La scuola è il primo luogo dove si deve “educare
alla legalità” e al rispetto delle regole.
9. Uso e abuso dei test. Dei test Invalsi che
valutano l’apprendimento si pensa di fare un uso limitato
all’accertamento delle competenze di base o di estenderne
impropriamente l’uso, con il concreto rischio di trasformare la
didattica in un addestramento alla soluzione dei test?
Credo che i test Invalsi debbano essere a campione e non far parte
delle prove di esame di terza media, perché davvero rischiamo che a
scuola si finisca per studiare come riuscire a superare i test?
10. Il ministro. Si potrà avere un ministro che
conosca veramente i problemi della scuola, che si metta al suo servizio
e attui un programma di concreti provvedimenti per renderla più seria,
efficace e dotata di strutture adeguate?
Se i cittadini e le cittadine affideranno al PD il governo del Paese,
il ministro, chiunque sia, non solo sarà al servizio del mondo della
scuola, ma si troverà intorno un governo che, a differenza di quello
Berlusconi prima e Monti poi, avrà la massima considerazione per il
sistema nazionale di istruzione, smettendo finalmente di considerare la
scuola un luogo arrendevole dove praticare tagli e risparmi senza che
dal Miur si levasse la più flebile voce di protesta. Vogliamo un
Ministro che sappia dare valore all’autonomia scolastica e che sappia
ascoltare, lavorando con le scuole, per raggiungere in 7 anni
l’obiettivo di dimezzare la dispersione scolastica, alzando i livelli
di istruzione della popolazione italiana.
Pubblicato da Gruppo di Firenze