Dopo l’indennizzo
record di 150mila euro a un precario, il Governo che ne scaturirà non
ha scelta: assuma con urgenza gli 80mila docenti e Ata oggi a tempo
determinato su posti vacanti. Altrimenti, i rimborsi imposti dai
tribunali (o dalla Corte di Lussemburgo) costeranno alle casse dello
Stato centinaia di milioni di euro. Oggi e domani gli italiani
sceglieranno i partiti politici e i parlamentari da cui scaturirà il
nuovo Governo: chiunque andrà a costituirlo, sappia sin d’ora che dovrà
mettere in cima all’agenda degli obiettivi quello di assumere a titolo
definitivo gli 80mila precari della scuola italiana, in servizio su
altrettanti posti vacanti. Altrimenti lo Stato italiano sarà destinato
a sborsare centinaia di milioni di euro per compensare l’abuso dei
contratti a tempo determinato, i mancati scatti di anzianità, le
mensilità estive non corrisposte per gli anni passati e per quelli
futuri fino all’età pensionabile. L’indennizzo record di oltre 150mila
euro netti, più accessori e interessi, deciso nelle ultime ore da un
giudice del lavoro di Trapani, costituisce un precedente, una sentenza
“pilota”, che convincerà migliaia di precari a ricorrere in tribunale.
E opporsi, sia al trattamento economico diversificato rispetto ai
colleghi di ruolo, sia alla stipula di contratti al 30 giugno, anziché
al 31 agosto, anche quando il posto è vacante e disponibile (come
Anief-Confedir ha sempre denunciato dall’inizio del 2010). Del resto,
anche la Cassazione si è pronunciato di recente su questi abusi,
paventando un probabile grave danno erariale alle Casse dello Stato e
fissando dei nuovi criteri risarcitori. “La realtà è che dopo questa
sentenza – sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato
Confedir alla scuola e alle alte professionalità – i nostri decisori
politici non avranno più possibilità di scelta. I giudici del lavoro
hanno infatti dimostrato di non poter assecondare l’abuso cronico del
datore di lavoro, in questo caso lo Stato, nello stipulare contratti a
termine e ‘contra legem’. Ora, poiché gli anni di precariato sono
spesso a due cifre, gli indennizzi risultano altrettanto corposi. Ma
c’è dell’altro. Perché a far pagare il giusto prezzo salato allo Stato
italiano potrebbe essere la Corte di Lussemburgo, prima ancora dei
tribunali italiani: il mancato recepimento della clausola 5 della
direttiva 1999/70/Ce, solo sulla ‘carta’ introdotta nel nostro
ordinamento dal d.lgs. 368/01, in base alla quale il datore di lavoro è
obbligato ad assumere a titolo definitivo il lavoratore se questo ha
svolto almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativi, ha
comportato infatti già l’avvio di una procedura d'infrazione per
l’Italia”. “Non solo – prosegue Pacifico -, perché la grave
‘dimenticanza’ determina, contestualmente, i presupposti per
trasformare i ricorsi avviati in atti di messa in mora. Con la
conseguenza di far pagare all’Italia indennizzi tutt’altro che
simbolici, visto che possono arrivare fino a 8 milioni di euro per ogni
singola denuncia. E solo l’Anief ha intenzione di presentarne migliaia.
Tutti desiderosi si riscattarsi dai comportamenti illegittimi del
Miur”. Ad essere danneggiati, in questo momento, sono circa 40mila
docenti, in maggioranza di sostegno, ed altrettanti tra amministrativi,
tecnici ed ausiliari. In tutto 80mila precari che ogni anno svolgono un
servizio essenziale, alla pari del personale regolarmente assunto. Un
servizio che oggi non gli viene riconosciuto. Il Governo che si formerà
a seguito di queste elezioni politiche non ha scelta: ammetta che
coloro che lo hanno preceduto hanno sbagliato tutto. E provveda a
sanare questa condanna alla precarietà infinita. Che non ha più motivo
di esistere.
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