Il problema
del preside elettivo è stato affrontato in “Eleggere
direttamente i dirigenti: una proposta oscena” in cui si richiama
la norma di legge che ha accolto il “Principio di distinzione”
formulato dalle scienze dell’organizzazione. Vagliando alla luce di
tale disposizione l’ipotesi di accordare al Collegio dei docenti la
facoltà di eleggere il dirigente scolastico, si ottengono profili di
illegalità e di irrazionalità.
Questo scritto, prendendo spunto da quanto è apparso in rete, focalizza
alcune cause dell’inadeguatezza del SISTEMA scolastico e smaschera i
responsabili del suo mancato adeguamento alla società contemporanea.
Antonio Valentino scrive [A volte ritornano]: “L’idea
sottesa ai discorsi dei “favorevoli” [all’elezione diretta del D.S.]
sembra essere quella che la scuola non sia una istituzione della nostra
repubblica, ma appartenga agli insegnanti”.
Una lettura della realtà condivisibile, da cui emerge una concezione
dell’istituzione parziale, asistemica, non finalizzata,
decontestualizzata, che si esaurisce nella volontà di conquistare il
potere egemone del preside.
Da cosa deriva il presunto primato del dirigente scolastico sull’intera
struttura decisionale?
Come è possibile che siano messi in secondo piano i problemi formativi,
educativi e dell’istruzione, sostanza il servizio scolastico?
Chi ha favorito la mancata applicazione della norma di legge che
distingue e separa gli organi politici dagli organi direttivi?
I lavori della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, che ha
discusso per cinque anni dell’organizzazione della scuola, forniscono
una risposta: i parlamentari sono stati i fautori dell’onnipotenza
della funzione direttiva. Il Disegno di legge Aprea, nonostante le
correzioni introdotte e il cambio della colorazione politica del
presidente di commissione, attribuisce al dirigente la facoltà di
concepire e di proporre il piano dell’offerta formativa: una vera
invasione di campo!
Lo straboccamento delle funzioni dirigenziali nasce anche, se non
soprattutto, da uno slogan oggi di moda: il merito.
Che senso ha attribuire la responsabilità dei risultati della gestione
scolastica all’organo di gestione amministrativa che non ha la
facoltà di compiere scelte formative-educative-dell’istruzione? Che non
ha la capacità di prendere decisioni strategiche in quanto queste
appartengono agli organi di governo?
La concezione monarchica della scuola traspare nitida e precisa anche
dai test predisposti dal Miur per selezionare i futuri dirigenti
scolastici. A tal proposito si veda in rete “La scuola è stata
imbalsamata”.
La situazione in cui versa la scuola è figlia dell’assenza d’una solida
cultura dell’organizzazione e della mancata capitalizzazione delle
esperienze.
Sono molte le persone che ritengono il campo in cui nascono i problemi
scolastici incontaminato; sono tanti ad ascrivere l’inefficacia dei
provvedimenti alla loro errata ideazione; sono numerosi quelli
che attribuiscono al trascorrere del tempo la loro obsolescenza.
Sorprendente il fatto che nessuno studi la storia scolastica recente
con rispetto e attenzione, che nessuno postuli la validità delle scelte
operate nel passato per ricercare e rimuovere le cause della loro
inefficacia:
Franco De Anna [Il nuovo Ministro e il traffico postale. Una lettera
per tutti gli altri] lamenta che “Gli organi di governo della singola
scuola sono fermi alla legislazione di 35 anni fa, e i tentativi di
riforma si susseguono di legislatura in legislatura”;
Maurizio Tiriticco [Un impegno per l’istituzione] auspica
il “Coinvolgimento non solo della scuola militante, ma la
popolazione intera in questo processo di riflessione e di
innovazione”;
Antonio Valentino [A volte ritornano] propone l’implicazione: “Se
l’intento è quello di far diventare l’insegnante più protagonista
riconosciuto nel funzionamento complessivo della scuola allora il
terreno di ricerca e di sperimentazione non può che essere comune
a quanti vogliono uscire dall’attuale declino del nostro sistema
di istruzione”.
Sintetizzando: gli organi di governo della scuola sono da riformare per
favorire il coinvolgimento di tutti sul terreno della ricerca e della
sperimentazione.
Riformulando: i decreti delegati del 1974 sono da riordinare in quanto
non favoriscono il coinvolgimento di quanti sono interessati al
servizio scolastico e non innescano processi di ricerca e
sperimentazione.
La proposizione è FALSA: il legislatore [TU 297/94] ha ideato
un’organizzazione per dominare la complessità del problema educativo,
ha predisposto una struttura decisionale volta a stimolare la
partecipazione, ha costituito organismi aventi uno specifico mandato,
ha introdotto il feed-back per monitorare i processi d’apprendimento.
Ecco come:
Il Consiglio di Istituto, organo strategico, elettivo, in cui sono
rappresentati i principali interessi in gioco, ha il compito di
“Elaborare e adottare gli indirizzi generali” esprimendoli sotto forma
di competenze generali per circoscrivere il problema formativo che
attiene al nesso scuola-società;
Deliberare i “criteri generali della programmazione educativa” per
prescrivere al Collegio dei docenti di estrapolare dalle competenze
generali le corrispondenti capacità, fondamento della
“programmazione dell’azione educativa”;
Disegnare un’adeguata organizzazione che espliciti le linee di comando
e il flusso delle informazioni necessarie al governo del sistema.
Il Collegio dei docenti è prefigurato come un organo di ricerca in
quanto
“cura la programmazione dell’azione educativa” per identificare i
traguardi da perseguire [capacità], per formulare ipotesi, per
specificare la strategie operative, per governare i processi
d’apprendimento “Valutando periodicamente l'andamento complessivo
dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli
orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario,
opportune misure per il miglioramento dell'attività scolastica”.
La questione da porsi è: perché i decreti delegati non hanno prodotto
gli esiti attesi? Quali sono le cause della loro inefficacia?
La lettura degli ordini del giorno che i dirigenti scolastici hanno
direttamente o indirettamente stilato per le convocazioni degli
organismi collegiali fornisce un’inequivocabile risposta: il Consiglio
di Istituto e il Collegio dei docenti sono stati sistematicamente
evirati. Le loro convocazioni non hanno - MAI -
previsto l’assunzione delle responsabilità connesse agli adempimenti
sopra trascritti, decisioni essenziali sia per la vita degli organismi,
sia per dare significato alla loro esistenza, sia per favorire la
partecipazione.
Come interpretare questa generalizzata insubordinazione?
La versione originaria del DDL Aprea offre la chiave interpretativa:
“Il consiglio di amministrazione è presieduto dal dirigente scolastico,
il quale lo convoca e ne fissa l'ordine del giorno”.
Esplicito il tentativo di degradare il genitore alla testa dell’organo
strategico del SISTEMA scolastico quale rappresentante dell’utenza
[famiglie-società] decretando il potere egemonico del dirigente
scolastico.
Se la manovra avesse avuto successo la battaglia quarantennale sarebbe
stata vinta!
In rete è consultabile “Coraggio! Organizziamo le scuole” che mostra
come sarebbe oggi la scuola se i dirigenti scolastici avessero
onorato il mandato ricevuto e se il Ministero avesse vigilato per
accertare che il flusso dell’attività scolastica fluisse all’interno
dell’alveo istituzionale.
Enrico Maranzana
zanarico@yahoo.it