La nostra Sicilia
vanta, da sempre, il primato per il maggior numero di emigranti nel
mondo. In 80 anni di storia patria, dal 1879 alla fin degli anni ‘50,
un cospicuo numero di siciliani, con le loro valige di cartone, ha
dovuto lasciare la propria terra d’origine per dirigersi verso terre
straniere, inizialmente l’Africa del nord (Tunisia, Libia, Eritrea,
Marocco), successivamente l’America e l’Europa continentale (Germania,
Belgio). Altri emigravano verso le regioni industrializzate dell’Italia
settentrionale (Piemonte, Lombardia, Veneto). Successivamente il
fenomeno sembrò essersi arginato, per riesplodere, prepotentemente, ai
giorni nostri. La crisi che ha colpito le regioni meridionali ha reso
il tema dell’emigrazione di grande attualità, infatti è aumentato
notevolmente il numero di giovani costretti a lasciare la propria terra
per lavoro. Mentre un tempo partivano i contadini e gli operai, con la
famosa “valigia di cartone”, adesso, invece, si parla di “fuga di
cervelli”.
Ma il problema, ormai, non riguarda soltanto i giovani, ma tutte le
fasce sociali, sia per età che per condizione sociale, riguarda operai,
insegnanti, medici, industriali, un po’ tutte le categorie.
Mi sembra che ci stanno riportando indietro nel tempo, quando, pur di
lavorare, si era costretti ad abbandonare la propria casa, i propri
affetti, le proprie abitudine, per essere catapultati, “per un pezzo di
pane” in terra straniera. Ed ancora una volta, sono i meridionali, ed i
siciliani, in particolare, ad essere costretti a preparare le valige ed
a subire le conseguenze di un vero e proprio esodo, uno sradicamento
sociale e culturale, oltre che umano.
Un paese, come l’Italia, che, come principio cardine della
Costituzione, si basa sul lavoro, e che, invece, priva i propri figli
della dignità, costringendoli ad allontanarsi dalla propria terra per
poter “esercitare” il diritto al lavoro, che paese è? Che prospettive
ha? Che futuro propone ai propri figli?
A volte, è facile dire che siamo “schizzinosi” quando si è seduti su
una poltrona che almeno garantisce un buon stipendio, ma vivere la
condizione di emigrante non è per niente comoda!
Perdere la propria identità, il senso di appartenenza alla propria
comunità dove, per tanti anni, sei stato partecipe e promotore di vita
sociale,… per ritrovarti da solo!
Una comunità nella quale sei cresciuto e alla quale hai dato tanto, in
impegno, in passione, in attività, che ti abbandona lasciandoti andare
via in luoghi lontani, senza nemmeno un grazie, senza nessuna
considerazione, che, quasi, ti dimentica,… E tu? Sicuramente, ti senti
deludo, mortifico amareggiato; ti intristisci e ti fa stare male…
E, come me, tanti altri cittadini misterbianchesi, alcuni anche amici
miei, si sino… “allontanati” pur di lavorare con dignità e serietà,
continuando a dare in altre regioni l’impegno e il contributo di
sempre, guadagnandosi il rispetto e la stima nel mondo del lavoro, e
dove ancora,… sperano di poter ritornare al proprio paese per ridare
impegno, energia e voglia di fare, come sempre! Ma il nostro cuore
abita ancora sutta ‘a muntagna, ‘nto paisi, che, “disteso come un
vecchio addormentato”,… si “gode” il sole, tra gli aranci della Piana
di Catania, il mare dei Ciclopi e le terre nere di Campanarazzu…
Ins. Natalia
Rizza