Il giudice del lavoro di Napoli ha alzato le mani e
rinviato il 2 gennaio 2013 alla Suprema Corte di Strasburgo un ricorso
di uno dei 20mila precari della scuola con contratti a tempo
determinato per un periodo superiore a 36 mesi che chiedono che sia
riconosciuta l'illegittimità della loro situazione dal punto di vista
delle norme comunitarie. La sentenza sarà vincolante per ogni giudice
nazionale che, quindi, anche in presenza di una sentenza della Corte di
cassazione o della Corte costituzionale italiana, dovrà adeguarsi.
Tutto inizia nel gennaio 2010 quando l'associazione di categoria Anief
lancia sulla stampa la campagna di denuncia di violazione della
direttiva comunitaria 1999/70/CE da parte dello Stato italiano che, in
un decennio, ha utilizzato più di 300mila precari per coprire incarichi
anche su posti vacanti e disponibili che dovrebbero essere assegnati in
ruolo dopo 36 mesi di servizio, come nel privato. Nel 2011 partono i
ricorsi dell’Anief per migliaia di precari. Sono veri e propri ricorsi
seriali a cui fanno seguito anche quelli di altre organizzazioni
sindacali, con condanne alle spese che nelle prime udienze di merito
arrivano fino a 30mila euro di risarcimento danni a carico
dell’amministrazione per abuso del contratto a termine e in alcuni -
pochi - casi alla stabilizzazione. Il governo Berlusconi, a quel punto,
decise di presentare con decreto legge in Parlamento una norma
derogatoria.
A fine giugno, la Cassazione ha considerato legittimo il continuo
ripetersi dei contratti di supplenza, nei loro confronti non è dovuta
alcuna forma di risarcimento e di stabilizzazione. L'Anief ha
presentato ricorso alla Corte Europea di Strasburgo a cui è seguito
l’invio di altre migliaia di denunce dal contenuto analogo da parte dei
precari della scuola. E, ora, il giudice del lavoro di Napoli rimette
gli atti a Strasburgo e chiede ai colleghi europei di pronunciarsi
sulla legittimità dell’intervento retroattivo e derogatorio del
legislatore italiano in tema di stabilizzazione dei precari della
scuola. In caso di risposta negativa, ovvero di censura della norma
italiana, ogni giudice del lavoro dovrà adeguarsi e ordinare la
stabilizzazione del ricorrente precario oltre a condannare alle spese
legali il Miur. Per i processi in corso, a questo punto, l'Anief
annuncia di voler chiedere la sospensione.
Lastampa.it