Mentre infuria la
polemica sull’abolizione del compenso sostitutivo Ferie non godute, va
in scena la “vendetta”. Le somme percepite finora non andavano tassate
e vanno restituite Tribunale, Commissione Tributaria e Cassazione con i
lavoratori. L’avvovatessa Pinardi: “Presentiamo un’istanza per il
rimborso”.
Precari della scuola e ferie non godute: e se si passasse all’attacco,
chiedendo al fisco la restituzione di parecchie migliaia di euro? E’
quello che potrebbero fare gli insegnanti presi come bersaglio dalla
legge sulla Spending Review che la scorsa estate ha eliminato con un
colpo di mano il compenso sostitutivo delle ferie maturate e non
godute. Prima con una norma retroattiva, poi con un provvedimento che
varrà solo dall’anno in corso, il governo ha deciso che d’ora in poi le
centinaia di migliaia di docenti precari interessati non potranno più
vedersi retribuire le ferie che non saranno godute durante l’anno. A
questo proposito giungono da ogni parte d’Italia segnalazioni di
iniziative di dirigenti che obbligano i prof ad andare in ferie in
periodi non graditi, come durante i ponti o il giorno libero ed ora
durante le vacanze natalizie, quando la scuola è chiusa. E mentre i
sindacati, che non hanno certo brillato nelle azioni di contrasto della
nuova normativa, ora cercano di correre ai ripari intimando ai
dirigenti di agire con cautela e invitando i precari a non accettare
ferie in periodi imposti dall’alto, si apre un fronte inatteso che
potrebbe portare in tasca dei docenti parecchie migliaia di euro. Sì,
perché come pure abbiamo scritto più volte, il compenso sostitutivo
delle ferie non godute non può essere soggetto a tassazione poiché ha
natura risarcitoria e dunque i docenti potrebbero chiedere la
restituzione di quanto indebitamente trattenuto negli anni. Si tratta
anche parecchie migliaia di euro, ma occhio alla prescrizione, cioè
alla perdita del diritto a causa dell’inerzia del titolare. Sul
compenso percepito finora lo Stato ha trattenuto alla fonte l’aliquota
prevista per lo stipendio, come se fosse davvero un guadagno, e il
docente ha successivamente pagato anche il conguaglio all’atto della
dichiarazione dei redditi: un salasso che a quanto pare non era
dovuto La natura risarcitoria (e dunque non soggetta a tassazione
poiché non si tratta di un reddito) del compenso sotitutivo delle ferie
non godute è confermata da vari organi giudiziari,da una Commissione
Tributaria e pure dalla Suprema Corte di Cassazione. I fatti. Un
dipendente pubblico difeso dall’avvocato Giusepe Gurrado ha fatto
ricorso contro l'Agenzia delle Entrate di Lecce 1 contro il silenzio
rifiuto all'istanza di rimborso della somma di Euro 4.612,05 per Irpef
a suo parere indebitamente trattenuta, oltre gli interessi maturati,
dopo che il Giudice del lavoro del Tribunale di Lecce (sentenza n. 188
del 2006) aveva condannato il Ministero a risarcire al lavoratore il
danno causato dalla mancata fruizione delle ferie per 20.942,97 euro a
titolo di indennità per le ferie non godute negli anni dal 1997 al
2001. Tuttavia sulla somma erano state operate trattenute Irpef per
oltre 4.600 euro. Ritenendole indebite , il lavoratore le ha
contestate davanti alla Commissione Tributaria di Lecce 1, che
alla fine gli ha dato ragione con decisione del 24 giugno 2010. Secondo
la Commissione, l’indennità è riconducibile allo schema del pagamento
dell'indebito (art. 2037 c.c.) ovvero a quello sussidiario
dell'arricchimento senza giusta causa del datore di lavoro (art. 2041
c.c.) e tanto fa sì che l'attività di fatto prestata dal lavoratore si
pone al di fuori di qualunque rapporto di tipo sinallagmatico; di
conseguenza, qualunque somma corrisposta non può mai essere intesa come
retribuzione, in quanto la retribuzione deve sempre trovare una sua
giustificazione in un contratto di scambio. Tale somma, nell'evitare un
ingiustificato arricchimento del datore di lavoro, si pone a carico di
questo come un'obbligazione risarcitoria del tipo di quella
disciplinata dall'art. 2041 c.c. “In conformità a consolidata
giurisprudenza di merito – sancisce l’organo tributario – anche
questa Commissione si pronuncia a favore della non tassabilità
dell'indennità, precisando che il pagamento delle ferie non godute è
esente dalla tassazione Irpef, così come sostenuto anche dalla Sez.
Trib. della Cassazione, in quanto considerato come risarcimento danno
emergente, cioè un risarcimento danno fisico e psichico subito dal
lavoratore per la mancata fruizione del riposo di cui aveva diritto,
nonché un danno alla vita di relazione e non già una retribuzione, in
quanto questa l'ha già percepita a suo tempo per la prestazione
lavorativa effettuata. In effetti, con la sentenza dell'11 maggio 2011
la Cassazione ha sancito il principio per cui l'indennità sostitutiva
delle ferie e dei riposi settimanali non goduti ha natura non
retributiva ma risarcitoria ed è soggetta al termine di prescrizione
decennale, precisando che la decorrenza del termine prescrizionale
inizia in costanza di rapporto. In questo modo la Suprema Corte ha
ribaltato il proprio precedente orentamento secondo il quale
l'indennità sostitutiva delle ferie non godute rappresenterebbe invece
il corrispettivo della prestazione lavorativa. Da qui sarebbe scaturito
che il termine di prescrizione per rivendicare il versamento
dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute è quello ridotto
quinquennale, proprio delle retribuzioni. Tornando al caso pugliese, la
citata Commissione Tributaria di Lecce ha ordinato il rimborso al
ricorrente di 4.612,05 euro oltre agli interessi legali. Che fare
dunque? Possono i docenti, specie ora che sono stati presi di mira dal
governo e dai dirigenti scolastici, chiedere almeno la restituzione
delle somme trattenute dal fisco sui compensi già percepiti? Lo abbiamo
chiesto all’avv. Maria Grazia Pinardi, giuslavorista del Foro di
Bologna, impegnata quale legale rapresentante di molti docenti in
guerra su vari fronti contro il Miur. “La strada da percorrere, a mio
parere – spiega Pinardi – è la presentazione di un’istanza di rimborso
motivata all'ufficio delle entrate e, in caso di diniego, quasi ovvio,
l'impugnazione avanti la Commissione tributaria competente”. Secondo il
legale, “la natura retributiva o risarcitoria del compenso sostitutivo
delle ferie maturate e non godute dagli insegnanti precari con
contratto fino al 30 giugno od anche di durata inferiore è oggetto di
irrisolto confronto giurisprudenziale e dottrinale. La Corte di
Cassazione con sentenza 11462 dello scorso 9 luglio ha affermato il
principio per cui in relazione al carattere irrinunciabile del diritto
alle ferie – garantito anche dall'articolo 36 della Costituzione – ove
in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza
responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l'indennità
sostitutiva. Indennità che, oltre a poter avere carattere risarcitorio,
in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita del
bene al cui soddisfacimento l'istituto delle ferie è destinato, per un
altro verso costituisce un'erogazione di natura retributiva. Al di là
della definizione della natura del compenso, da cui può farsi
discendere l'assoggettamento o meno degli importi relativi a trattenuta
Irpef, la sentenza della Cpt di Lecce, mi pare l'unica in cui tale
principio sia stato affermato a chiare lettere”.
Vincenzo
Brancatisano - Vincenzobrancatisano.it/articoli/ferie.htm