C’è un segno
tangibile, manifesto di inquietudine ad oltranza , di
rabbia “repressa”, che induce Collegi e Assemblee a fare scelte
omologanti e da “tam-tam”. Non si riesce a prevedere con quali
esiti. L’unico risultato prevedibile è che non ci
sarà alcun risultato, se non quello di fermare una scuola
già a pezzi e di ledere al massimo grado gli interessi e i
bisogni dei nostri studenti. Le chiamano scelte di
principio, scelte in cui esprimere il senso di appartenenza in ogni
forma, in ogni modo, con la cecità intellettuale e
massificante di chi pensa di poter arrivare a cambiare qualcosa. Ma
cosa? E Chi?
Bastano queste azioni per cambiare un sistema malato,
che ha colpito con i suoi strali da tempo la
nostra scuola? E ci svegliamo oggi? Un momento nevralgico della
nostra storia in cui viene chiesto di fare sacrifici a tutti,
ed immancabilmente anche questa volta siamo
stati inseriti nell’ agenda dei sacrifici. Ma non da
oggi, da anni! L’abbiamo dimenticato, forse? Non dobbiamo
andare molto lontano. Basta fermarsi alla legge di
riforma della secondaria che ha avviato il “piano di
razionalizzazione”, ergo scomparsa di centinaia e centinaia di
posti di lavoro. A proposito? dove erano i sindacati allora, e
soprattutto DOVE ERAVAMO NOI?
I sindacati sono ricomparsi ora, perché sanno di aver perso potere
e credibilità, e nella veste di suggeritori nascosti,
suggeritori di palco, dettano sottobanco
una LINEA COMUNE DI PROTESTA e noi , con estrema facilità, accogliamo e
pensiamo di recitare una parte scritta di nostro pugno.
Oggi, che questo appello al sacrificio ad oltranza ha superato i
limiti della decenza e ha risvegliato le “coscienze
dormienti” di chiunque, dovremmo
avere il coraggio di fare azioni più energiche, non queste,
moderate, di poca presa mediatica, e che,
ripeto, andranno a ledere solo gli interessi dei
nostri stessi studenti.
E tutta questa energia che abbiamo rinvigorito con un
richiamo continuo al senso dei appartenenza, in cosa la
sprechiamo? Nell’accogliere suggerimenti e scelte omologanti. Non
c’è stata nessuna assemblea che abbia proposto ,
difeso e sottoscritto una mozione diversa: comitati
permanenti, proteste energiche con blocco ad oltranza
di prossime riunioni di Consigli di classe. Nessuno collegio che abbia
abbracciato come linee di indirizzo una lotta dura e controcorrente
rispetto all’orientamento comune di assemblee e
Collegi Docenti “politically correct”.
Noi, professionisti della formazione, dovremmo
avere il coraggio di proporre scelte più radicali. Quelle
che fanno sentire veramente chiara e forte la nostra voce e il nostro
dissenso. Ma ci fa comodo barricarci dietro la scelta più
semplice. Quella che ci fa
sentire PARTE DI UN TUTTO, con il risultato di
OMOLOGARCI AL NULLA. E la nostra voce si annienta , non ha
senso e né forza.
Queste scelte omologanti hanno un loro tornaconto, massimizzare
gli eccessi ha una sua finalità, dicono, dare voce e
visibilità alla nostra professionalità, io, invece, dico ,
che queste azioni non produrranno alcunché. Gli unici
risultati: svilire ancora una volta la nostra
professionalità e ledere i nostri studenti.
Perché non approfittare di un momento
così propizio per mostrare il valore, l’unicità della nostra
professione? Attivare azioni significative e
permanenti di protesta, in cui per 10 giorni , 15 giorni,
dedichiamo tutto il nostro tempo a gridare a gran voce
all’esterno cosa significa esercitare ogni giorno la nostra
professione. Fare entrare nelle nostre classi le famiglie e
tutti coloro che hanno assimilato un’idea “impiegatizia” dell’essere
docenti. Spiegare loro cosa significa progettare, motivare
i nostri studenti, stimolarli ad accogliere la conoscenza e i
saperi da cui partire e proiettarsi verso l’esterno.
RENDERCI in questo modo VERAMENTE VISIBILI. Sarebbero giorni in
cui chiunque potrebbe verificare personalmente ciò che
facciamo: la fatica , lo sforzo, la professionalità
nel trasmettere ai nostri ragazzi la passione allo
studio, il desiderio di ampliare le proprie
conoscenze e non mortificarle in scelte omologanti che li
rendono deboli, infelici e poco attrezzati ad affrontare un
futuro buio ed incerto.
Rendiamoci VISIBILI con
azioni energiche, chiare, da professionisti della formazione,
azioni anche individuali e variegate, ma VISIBILI.
Coinvolgiamo gli organi di stampa per amplificare a
dismisura il nostro malcontento. In questo modo possiamo gridare
a voce alta il nostro dissenso .
BASTA! non più
TAGLI AD OLTRANZA, non più CONCORSI-FARSA, che sfiniscono e
sviliscono i nostri colleghi precari, non più leggi che
avviliscono la nostra professionalità e la nostra capacità decisionale
in termini di poteri collegiali e progettazione didattica-educativa .
Apriamo la nostra scuola all’esterno:
una Open School permanente in cui chiunque possa chiedere di
assistere alle nostre lezioni con i nostri ragazzi. Che sia la
nostra una lotta che dia veramente senso e
visibilità al nostro FARE SCUOLA. Queste ed altre
sono iniziative che potrebbero restituire dignità alla nostra
professione.
OMOLOGHIAMOCI, se proprio vogliamo farlo, nel rendere veramente
VISIBILE ciò che facciamo, per far capire a chiunque
cosa c’è dietro alle nostre 18 ore di lavoro: la fatica ,
l’abnegazione, lo sforzo, la voglia di “innovarsi”, di essere al passo
coi tempi per dare il massimo ai nostri studenti, nonostante da
tempo la nostra sia stata una classe di lavoratori( e in questo abbiamo
noi stessi ampiamente contribuito)spesso vilipesa e
osteggiata.
Riprendiamoci la nostra dignità,
RENDENDO VISIBILE LA NOSTRA PROFESSIONALITA’.
Ada
Seguino - docente dell’ Istituto di Istruzione Superiore “Carlo
e Nello Rosselli” di Aprilia (LT)
ada.seguino@istruzione.it