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Università: Università di Catania, buco milionario in bilancio. Contestata l’illegittima attribuzione al direttore amministrativo Lucio Maggio della qualifica dirigenziale di prima fascia

Rassegna stampa

Crediti che, però, sono inesigibili, come deciso, nel 2008, da un lodo arbitrale e come confermato, pochi mesi fa, da una sentenza in appello.
Milioni di euro che, nonostante la decisione del lodo, l’amministrazione dell’università di Catania avrebbe inserito nei bilanci di previsione e in quelli consuntivi, falsando di fatto i conti dell’ateneo.
A denunciare il tutto i rappresentanti del Coordinamento unico d’Ateneo che hanno più volte chiesto al rettore Antonino Recca  dei chiarimenti in merito. Risposte che, però, non sono mai arrivate e non arriveranno almeno fino all’approvazione del nuovo Statuto d’Ateneo, così come confermato dall’ufficio stampa dell’università.
Della vicenda si è interessato anche il ministero dell’Economia e delle Finanze che, dopo un’indagine amministrativo-contabile, ha trasmesso i risultati all’amministrazione dell’ateneo di Catania, in cui è chiaramente rilevata, tra gli altri punti,l’ “irregolare presenza nelle scritture contabili di residui attivi e passivi risalenti ad esercizi finanziari remoti”, e viene contestata l’illegittima attribuzione al direttore amministrativo Lucio Maggio della qualifica dirigenziale di prima fascia (con connesso lauto stipendio).
Alle numerose richieste di chiarimenti da parte dei docenti si è aggiunta, recentemente, anche una lettera aperta del professore Vincenzo Di Cataldo, preside della facoltà di Giurisprudenza di Catania, nella quale il preside trova “singolare che nella delibera di Consiglio non si trova se non un cenno, francamente un po’ criptico, al problema, veramente pesante, del credito verso il Consorzio Ennese (ormai vanificato dal rigetto della nostra impugnazione del lodo arbitrale). Si tratta – prosegue Di Cataldo nella lettera – di una posta enorme (30 milioni di euro?) che deve essere coperta adeguatamente. Ma la copertura di questo buco deve avvenire equamente”.
La risposta a tutto questo trambusto, secondo quanto denunciano docenti, ricercatori e i membri del Coordinamento (e come si intuisce dalla lettera del preside Di Cataldo), il rettore l’avrebbe data cercando di coprire il disavanzo che, adesso, dopo l’indagine ministeriale, non può più essere messo a bilancio.
Come? Ricorrendo, precocemente rispetto a quanto stabilito dalla riforma Gelmini, all’istituzione del bilancio unico d’ateneo. Ovvero centralizzando nell’amministrazione dell’università le finanze delle singole facoltà. Di fatto, secondo il Coordinamento, rastrellando i soldi dai futuri dipartimenti in maniera indiscriminata.

 

Università, lo stipendio del ministro? Uguale al direttore amministrativo d’Ateneo
Di Claudia Campese | 23 febbraio 2012 http://ctzen.it/2012/02/23/universita-lo-stipendio-del-ministro-uguale-al-direttore-amministrativo-dateneo/

Appena tremila euro lordi l’anno. Tanto si differenzia la retribuzione del manager etneo – e dei suoi colleghi della stessa fascia – da quella del titolare dell’Istruzione. E quasi 10mila euro in più dei viceministri. Giacomo Pignataro, docente di Economia e finanza pubblica a Catania: «C’è un problema di equità nella contribuzione a questa politica di rigore»
«Per una configurazione organizzativa efficiente gli stipendi devono seguire le responsabilità». Lo dice il buon senso e pure l’economia. Eppure, nel mondo dell’Istruzione, si è deciso per un livellamento. Rigorosamente verso l’alto. Capita così che il ministro della Pubblica istruzione Francesco Profumo abbia all’anno lo stesso stipendio dei super manager degli atenei italiani di fascia più alta. Tra cui figura anche Catania. La differenza tra la tasca del titolare dell’Istruzione e quella dei direttori amministrativi delle università è infatti di circa tremila euro l’anno lordi. Appena pochi spiccioli su una retribuzione ministeriale pari a 199.778 euro, pubblicata sul sito del Miur secondo le nuove regole di trasparenza imposte dall’esecutivo di Mario Monti. Lucio Maggio, direttore amministrativo di Unict, ha percepito nel 2011 196.697 euro. Più 46 centesimi. In linea con i colleghi dei grandi atenei. A perdere nel confronto sono invece i viceministri, con i loro 188.868 euro annui.
Nessuno scandalo. I livelli di retribuzione dei direttori amministrativi delle università italiane è infatti fissato da un decreto ministeriale che risale al maggio 2001 e da allora mai aggiornato. Il documento – con indicazioni ancora in lire – divide gli atenei in quattro fasce secondo l’ammontare del fondo di finanziamento ordinario, il numero di studenti, di dipendenti, di facoltà e la presenza di centri d’eccellenza. Per ogni fascia viene stabilita una retribuzione base più alcuni scatti. Il più consistente, il 25 per cento dello stipendio, viene assegnato solo al conseguimento dei risultati stabiliti per l’anno dal consiglio d’amministrazione. Obiettivi quindi che variano nei diversi atenei e con un certo margine di discrezionalità. Nonché di genericità. Per l’anno 2010, ad esempio, l’università di Catania aveva posto tre paletti al suo massimo dirigente Maggio: il contenimento della spesa, la razionalizzazione nella locazione delle risorse d’ateneo e il completamento della riorganizzazione dei dipartimenti. A questi parametri va poi aggiunta la valutazione delle competenze. Voto conseguito dal manager etneo: 9,3 su 10. Stipendio pieno. Così come i colleghi di Palermo, Bologna, Napoli e Torino. Ma non Padova e Milano, due poli da sempre riconosciuti come eccellenti. Secondo le statistiche, almeno più di Catania.
Gestire un ateneo è quindi come gestirli tutti. «C’è da dire però che in tempi normali i ministri sono anche parlamentari e percepiscono entrambe le indennità», spiega Giacomo Pignataro, docente di Economia e finanza pubblica all’università di Catania. Per il professore, infatti, la questione è più generale: «C’è un problema di equità nella contribuzione all’attuale politica di rigore». Mentre i fondi all’Istruzione vengono tagliati di anno in anno e a diverse categorie vengono chiesti sacrifici, gli stipendi dei super manager restano invariati. Se ne discute in questi giorni in Parlamento, dove si è già accesa la polemica sulla norma del decreto Salva Italia che impone un tetto di 300mila euro alle retribuzioni dei manager statali. Soggetti non meglio definiti secondo la sinistra, che chiede vengano considerati anche il settore dell’università e degli enti locali. Ma altrove, intanto, si è già cominciato a tagliare. Per i docenti sono stati bloccati fino al 2013 gli adeguamenti al costo della vita e gli scatti di anzianità. Bonus che comunque in futuro saranno rivisti sulla base del merito. «Il blocco degli scatti colpisce tutti e per tutta la vita – spiega Pignataro – E’ come salire dei gradini: alla fine della carriera non si arriverà mai in cima. E la cosa si ripercuoterà anche sulle pensioni». Una situazione che si aggrava soprattutto nel caso dei giovani ricercatori, «già con poche prospettive per il loro futuro accademico».
Ancora più in generale resta la questione delle valutazioni qualitative in un settore come l’Istruzione. «Qui parliamo di formazione. E’ di certo difficile quantificare dei risultati. Fossimo in una fabbrica di bulloni assegneremmo i bonus in base ai bulloni prodotti», continua il docente. Ma la preparazione degli studenti non è così facilmente quantificabile. Tanto più che le scelte dei direttori amministrativi non riguardano direttamente la didattica ma parametri che influenzano la qualità generale dell’ateneo. E le procedure di valutazione non facilitano certo la trasparenza. A proporre la valutazione sul conseguimento degli obiettivi del manager universitario è infatti il rettore. La stessa figura che lo ha in precedenza proposto per quel ruolo. Meccanismo che, nel caso dell’università di Catania, resterà invariata anche con il nuovo contestato statuto. «Il vero problema è che in Italia – conclude Pignataro – non abbiamo ancora un sistema rigoroso e soprattutto esterno per valutare le organizzazioni».

Università, contestata la spesa per i dirigenti «Da tagliare anche consulenze e auto blu»
Di Desirée Miranda | 27 giugno 2012 | http://ctzen.it/2012/06/27/universita-contestata-la-spesa-per-i-dirigenti-da-tagliare-anche-consulenze-e-auto-blu/
Cifre troppo alte per alcune voci di bilancio dell’ateneo catanese. A sottolinearle è il Coordinamento unico d’ateneo che, in un’ottica di risparmio, suggerisce alcuni tagli al rettorato. A partire dagli stipendi dei dirigenti etnei, i più ricchi d’Italia. Dall’ateneo arriva solo un no comment. Ma, in un documento inviato a tutti i docenti, il direttore amministrativo Lucio Maggio presenta i suoi numeri: «La spesa è complessivamente diminuita», sostiene

È guerra di numeri tra i membri del Coordinamento unico d’ateneo e la dirigenza dell’università degli studi di Catania. Al centro del problema la spesa per i dirigenti, ma anche per le auto blu, per collaudi e consulenze e per l’esternalizzazione di servizi. Cifre, quelle che si riferiscono a queste voci di bilancio, considerate troppo alte in un periodo di tagli. È così che «nel clima nazionale di ristrettezze e di revisione della spesa corrente per le istituzioni di ogni ordine e grado, riteniamo doveroso suggerire, in un dibattito franco e aperto – scrivono dal Cuda – alcune linee di possibile e necessario contenimento della spesa del nostro ateneo». Il sito di Unict è la fonte per i dati presi in considerazione, comparati anche con quelli di altre università italiane.
Tra il 2008 e il 2011 «mentre l’ateneo conosceva la peggiore contrazione di finanziamenti alla ricerca e mentre il corpo docente e tecnico amministrativo subiva il blocco stipendiale, del turn-over e degli avanzamenti di carriera – spiegano dal Coordinamento – i compensi dei dirigenti aumentavano fieramente, saldamente nonché progressivamente». Tutti oltre i 100mila euro annui, i più ricchi d’Italia. E pure i più numerosi, secondi per quantità di presenze solo a Bologna. L’università di Catania per gli stipendi dirigenziali spende « l’1,13 per cento del Ffo (Fondo di finanziamento ordinario, ndr), mentre gli atenei che sono avanti nella classifica del Sole 24ore spendono molto meno», si legge ancora sul documento del Cuda. Il Politecnico di Milano – che spende lo 0,69 per cento del Ffo – e l’Università di Trento – con lo 0,78 per cento – rappresentano due esempi. L’accento, in particolare, è messo sul compenso per il direttore amministrativo Lucio Maggio, «duplicato negli anni». E di poco inferiore a quello del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo.
Sotto accusa anche il capitolo collaudi e consulenze. Il rettore Antonino Recca ha deciso di «conferire l’incarico di collaudatore a docenti dell’ateneo e non al personale tecnico dell’ufficio che ha curato la redazione degli elaborati di progetto e ne ha verificato l’effettiva realizzazione», lamenta il Cuda. A scriverlo, in un documento citato dal Coordinamento e indirizzato al dirigente dell’ufficio tecnico, è lo stesso Magnifico il 2 dicembre del 2008: «Al fine di garantire, in misura ancora maggiore, l’efficacia e la trasparenza dell’azione amministrativa in materia di lavori pubblici, per il prosieguo, invito la S.V. ad inviare richieste generiche di nomina di collaudatore, che mi riserverò di scegliere di volta in volta». La normativa in merito, però, vuole che si utilizzino professionisti esterni all’ufficio tecnico solo nel caso in cui questo manchi di professionisti con i giusti requisiti. «Non una prassi, dunque, ma una legge quella che privilegia le figure interne», sottolineano i membri del coordinamento. Anche in questo caso una spesa inutile, perché i professionisti interni verrebbero pagati meno.
Altro capitolo in cui è possibile tagliare secondo i componenti del Coordinamento unico d’ateneo è quello relativo alle auto blu e all’esternalizzazione di servizi. Se per le prime si invita ad un uso ponderato delle stesse, per quanto riguarda i servizi esternalizzati ad essere sotto la lente d’ingrandimento sono quelli di bidellaggio e assistenza e il controllo edifici. «Che impiegherebbero già importi di alcune centinaia di migliaia di euro», scrivono. Se da un lato si riconosce un ruolo di promozione all’esternalizzazione, «elemento di non poco conto, in ogni stagione e per più ragioni», dall’altro però queste decisioni non «paiono rispondere a quella contrazione generalizzata della spesa dovuta alla scelta di anticipare l’accentramento amministrativo-contabile».
Dal rettorato non hanno nessuna intenzione di risponde al Cuda, finché «non firmeranno i loro documenti, anche solo con un portavoce», fa sapere l’ufficio stampa d’ateneo. Che mette però a disposizione un documento a firma del direttore amministrativo Lucio Maggio in risposta a un docente: un chiarimento, diramato prima della pubblicazione del documento del Cuda, in merito alla spesa per la dirigenza d’ateneo.
Il numero dei dirigenti, spiega Maggio, ha avuto una parabola prima crescente e poi decrescente tra il 2008 e il 2012. Partendo da 16 è cresciuto di due unità nel 2009 per arrivare ai 13 attuali. «Se da una parte sono stati attribuiti nuovi incarichi dirigenziali – scrive il direttore amministrativo – dall’altra tale incremento è stato progressivamente compensato dalle cessazioni frattanto intervenute».
Maggio specifica inoltre che il rapporto tra i dirigenti dell’ateneo ed il personale tecnico-amministrativo è pari allo 1,08 per cento- 13 dirigenti per 1.200 unità di personale tecnico-amministrativo -, «un rapporto decisamente basso e comunque di gran lunga inferiore a quello presente in altri enti pubblici».
Le nuove nomine, comunque, sono state fatte all’interno dell’organico d’ateneo e, insieme al minor numero degli incarichi stessi, ne deriva che la spesa dal 2009 al 2012 segue la stessa parabola prima crescente e poi decrescente del numero dei dirigenti. E, secondo Lucio Maggio, «risulta essere complessivamente diminuita». Catania, inoltre, precisa il direttore amministrativo «è tra le poche amministrazioni che ha reso pubblica tale
spesa sul proprio sito web istituzionale». I chiarimenti di Maggio non convincono però i membri del Cuda. «Lungi dal chiarire la questione contribuiscono purtroppo a sollevare una lunga lista di ulteriori dubbi» sostengono.
La trasparenza sbandierata non sarebbe poi tale, perché mancano le informazioni sulle assenze dei dirigenti e sulle consulenze. Non solo. Il rapporto tra dirigenti e personale tecnico amministrativo considerato basso da Maggio è invece decisamente alto secondo i membri del Cuda. Non va paragonato, infatti, a quello di altri enti pubblici come regione e provincia, ma ad altri atenei. E dall’ultimo rapporto del Cnvsu – Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario – del Miur, la media nazionale di tale indice è di 0,53 per cento. Quello di Catania è all’1,08 per cento.
Maggio sorvola, poi, sull’aumento degli stipendi individuali. «Non si capisce – continuano dal Cuda – quali dati il direttore amministrativo abbia utilizzato per fornire le cifre della spesa effettiva, in quanto i dati riportati sul nostro sito web di ateneo, di cui il direttore stesso ha vantato i record di trasparenza forniscono cifre diverse».









Postato il Giovedì, 08 novembre 2012 ore 21:12:48 CET di Salvatore Indelicato
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