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Università: Politecnico di Milano: in english, please!

Rassegna stampa
Dal Teatro alla Scala al calcio nello stadio di San Siro, dalle passarelle della settimana della moda all’architettura gotica del Duomo, Milano è stipata di icone italiane. Cosa che rende più sconvolgente di un terremoto culturale il fatto che una delle più importanti università italiane – il Politecnico di Milano – stia per passare alla lingua inglese.

L’università ha annunciato che dal 2014 la maggior parte dei propri corsi di laurea, inclusi tutti i corsi della laurea triennale, saranno insegnati e valutati interamente in inglese, invece che in italiano.

Le acque della globalizzazione stanno montando intorno all’educazione superiore e l’università crede di rischiare l’isolamento e di non essere capace di competere come istituzione internazionale, se resta in lingua italiana. “Crediamo fortemente che le nostre lezioni debbano essere internazionali e la sola maniera di averle é utilizzare la lingua inglese,” afferma il rettore dell’università, Giovanni Azzone.

L’Italia avrebbe potuto essere la culla dell’ultimo grande linguaggio globale – il latino – ma adesso questa università sta pianificando di adottare l’inglese come nuovo linguaggio comune.

Apertura al cambiamento

“Le università sono in un mondo più competitivo, per rimanere con le altre università globalizzate: non c’è altra scelta” dice il Professor Azzone. Afferma che l’esperimento della sua università “inaugurerà una apertura al cambiamento per le altre università”, predicendo che nei prossimi 5/10 anni altre università italiane con ambizioni di globalizzazione passeranno all’inglese.

Questa è una delle più antiche università milanesi e un istituto di punta per la scienza, l’ingegneria e l’architettura, che rivendica un premio Nobel. Quasi uno su tre di tutti gli architetti italiani sostengono di essere laureati. Quindi questo è un passo importante. Ma cosa sta spingendo questo cambiamento culturale? É l’equivalente intellettuale dei gruppi pop come gli Abba che cantano in inglese per raggiungere un mercato più ampio?

Il professor Azzone dice che un’università ambisce a raggiungere il mercato di idee più ampio e l’inglese è diventata la lingua dell’educazione superiore, soprattutto in scienze e ingegneria. “Avrei preferito che l’italiano fosse la lingua comune, sarebbe stato più facile per me, ma dobbiamo accettare la realtà”, dice.

Siccome l’inglese è il linguaggio internazionale degli affari, il professore crede anche che studiare in inglese faciliterà l’assunzione futura dei suoi studenti. Questi sono i giorni da curriculum vitae piuttosto che da dolce vita. “È veramente importante per i nostri studenti non solo avere buone capacità tecniche, ma anche lavorare in un contesto internazionale”.

Latino dell’era moderna

L’esigenza di attrarre studenti e ricercatori stranieri, includendo la Gran Bretagna e i Paesi non anglofoni, è un’altra importante ragione per passare all’inglese come lingua principale. Dice: “Siamo veramente fieri della nostra città e della nostra cultura, ma sappiamo che la lingua italiana è una barriera d’entrata per gli studenti stranieri”, specialmente in caso di studenti provenienti da paesi come la Cina e l’India. “Possono essere studenti italiani, che studiano nella cultura italiana, ma in un linguaggio internazionale”, dice il Professor Azzone.

C’è l’impatto crescente delle classifiche universitarie. Anche se gli accademici sono dubbiosi circa la loro oggettività, le classifiche hanno sempre più importanza sul modo in cui le università si pubblicizzano. E l’uso dell’inglese, specialmente per la ricerca, è considerato favorevole per aumentare la visibilità nelle classifiche internazionali.

Ma il Professor Azzone punta anche ad una geografia economica dell’educazione superiore più estesa. Le università europee si ritrovano incuneate tra tue potenze competitive: i ricchi carichi pesanti negli Stati Uniti e i paesi emergenti dell’Asia.

Competizione globale

Il professor Azzone afferma che si tratta di una dura scelta tra diventare isolati e provinciali oppure tentare di competere con queste superpotenze accademiche. Sostiene che questa seconda opzione richieda la collaborazione delle università europee. “Dobbiamo dimostrare di non essere un paese morente, ma non siamo grandi abbastanza per avere una massa critica. Abbiamo bisogno di avere un’alleanza europea di università forti.”

L’introduzione della lingua inglese significa nuovi libri di testo, nuove lezioni e nuovi materiali per i corsi. Ci saranno 3 milioni di euro per assumere personale accademico in più.

Ma esiste anche un costo culturale, qui? L’università, localizzata in Piazza Leonardo da Vinci, con i suoi morbidi colori d’inizio estate e i rumori di scooter e tram, sta per risuonare con l’inglese internazionale.

Gli oppositori, tra il personale accademico, a questo cambiamento di lingua stanno organizzando una petizione di protesta e sostengono di essere supportati da 300 professori e assistenti universitari. Il Professore Emilio Matricciani ha lanciato un “appello per la libertà d’insegnamento”, in cui afferma che è sbagliato per principio forzare gli studenti e il personale a utilizzare l’inglese, in una università pubblica italiana.

Sostiene che nella traduzione si perderà qualcosa sulla precisione e la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, quando sia insegnanti sia studenti utilizzerano una seconda lingua. “Parlare in italiano con i nostri compatrioti è come guardare un film a colori, in alta definizione, con immagini veramente chiare. Al contrario, parlare in inglese con loro, anche con il massimo sforzo, è, in media, come guardare un film in bianco e nero, a bassa definizione, con immagini sfocate,” dice il Professor Matricciani.

Ma é evidente quanto l’inglese pervada già la città. Sulla metro locale e sul treno gli annunci sono in italiano e in inglese, inoltre i siti web in lingua italiana offrono alternative in inglese. Una fiera del lavoro all’università é promossa con uno striscione che annuncia “Career Day”.

Lavoro italiano, parole inglesi

Anna Realini, che studia per una laurea di secondo livello in ingegneria energetica, dice di dover usare l’inglese quando scrive le e-mail durante il suo stage in una compagnia italiana – ed è criticata se usa l’italiano. Ma dice di essere d’accordo con il passaggio all’inglese perché è probabile che aumenterà le sue prospettive di carriera: “Sono d’accordo con la scelta (…) Se le nostre università ci danno gli strumenti per usare le nostre conoscenze ovunque nel mondo, è meglio”. Dice anche che è un modo più conveniente per gli studenti italiani di studiare in un ambiente internazionale, senza il costo di studiare all’estero.

Anche Luca Maggiolini Cacciamani, che studia ingegneria dell’automazione, accetta questa necessità. “Attualmente l’inglese é la nuova lingua comune. Amiamo la nostra lingua, ma possiamo vedere che è importante utilizzare un linguaggio comune quando si condivide la ricerca. Quindi è una buona idea”.

Ma si percepisce una “grande preoccupazione” avanzata da Antonello Cherubini, che studia ingegneria meccanica. Dice che studiare in Cina e negli Stati Uniti gli ha mostrato la forza dell’insegnamento in italiano e vuole garanzie che questa non sia persa. “Noi studenti italiani spesso non realizziamo quanto siamo bravi e c’è il rischio che il principale strumento di comunicazione che abbiamo, la lingua, sia in pericolo,” dice. Ci dovrebbero essere garanzie sul livello dell’inglese utilizzato dallo staff, ha detto.

Modello in tutto il mondo

Il passaggio all’inglese nell’università milanese è un esempio estremo di un panorama più ampio. Esiste un numero crescente di corsi di laurea insegnati in inglese in Scandinavia, in Europa settentrionale e centrale. Nic Mitchell, fondatore di “De la Cour Communications”, un organismo specializzato in educazione superiore, dice che ci sono più di 4500 corsi universitari che in questo momento sono insegnati in lingua inglese nell’Europa continentale. Questo fenomeno si sta espandendo in Asia, con paesi come la Corea del Sud che utilizzano di più l’inglese.

“Non ci sono dubbi: l’inglese si sta espandendo rapidamente in tutto il mondo come il linguaggio dell’istruzione”, dice Philip Altbach, direttore del Centro per l’Educazione Superiore Internazionale al Boston College. Dice che questo fenomeno accompagna la spinta da parte delle università e dei governi all’internazionalizzazione. Ma il Professor Altbach dice che probabilmente ci saranno anche degli svantaggi. “Meno si scriverà nella lingua locale, più la cultura potrebbe indebolirsi. E meno libri di testo saranno scritti nella lingua locale. La vita intellettuale potrebbe indebolirsi”.
William Lawton, direttore dell’“Osservatorio sull’istruzione superiore senza confini”, afferma che l’accelerazione dell’utilizzo dell’inglese è spinta dai governi che vogliono creare dei grandi centri d’educazione regionale. Quando simili centri di ricerca sono creati in Medio Oriente e in Asia, spesso in collaborazione con università straniere, é probabile che la lingua predefinita sia l’inglese.

Il professor Azzone sostiene che questa sia una decisione vitale per la sua università. “È estremamente importante: al momento ci sono due scelte. Restare isolati nel proprio paese – il che non è realistico in un mondo globalizzato. L’altra opzione è aprirsi e essere capace di lavorare in un contesto internazionale. O la nostra università lo capisce oppure il nostro Paese diventerà isolato, cosa insopportabile per una nazione come l’Italia”.

Il Fatto Quotidiano











Postato il Lunedì, 22 ottobre 2012 ore 15:43:04 CEST di Rosita Ansaldi
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