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Costume e società: La scuola siciliana depredata abbandonata e lasciata al suo destino dalla casta politica famelica e assetata di privilegi feudali

Opinioni

Ruberie, sprechi e baronaggio feudale ecco perché lo statuto speciale va abolito
Dal disastro della sanità al degrado diffuso, tutti i fallimenti dell'Autonomia
di FRANCESCO MERLO  La Repubblica 6.10.2012

Anche la casta a Palermo diventa pittoresca e tragica, la "casta con le sarde", supercasta speciale come lo Statuto che andrebbe finalmente cancellato - se non ora quando? - da un governo che fosse davvero antisprechi. È infatti lo Statuto, solo lo Statuto, che ha trasformato il deputato regionale in un grassatore, in un mediatore, in un Batman con i mustazzi unti di "stigghiola". Esistono Regioni d'Italia in cui lo Statuto speciale è virtuoso o magari soltanto utile e storicamente giustificato, ma sicuramente in Sicilia l'autonomia deve essere abolita per bancarotta economica, politica e morale.

E bisogna cancellarla dalla Costituzione, come atto d'amore verso una terra meravigliosa, e liberare i siciliani da un baronaggio feudale che dissipa il più grande tesoro del Mediterraneo e non parlo solo del buco di 5,3 miliardi e delle spese che nel 2012 supereranno i 27 miliardi.

L'Autonomia ha prodotto un ceto parassitario senza uguali in Europa che non gestisce risorse locali, se non in minima parte, e che lucra per se stesso più dei laziali. Il deputato guadagna tra i 15 e i 20 mila euro netti al mese tra stipendio, diaria, spese per lo svolgimento del mandato e indennità di soggiorno. Il rimborso ai gruppi raggiunge il record di 12 milioni l'anno. È una "specialità costituzionale" quella del più ricco Parlamento regionale d'Italia, che costa 170 milioni di euro, due volte più del Lazio e cinque volte più della Lombardia.

Lo Statuto speciale trasforma in liquame infruttuoso questo enorme fiume di danaro statale ed europeo, non Nilo che nutre con il suo limes ma fogna a cielo aperto che sporca anche le buone intenzioni e che periodicamente costringe l'Europa a intervenire: meno di un mese fa sono stati bloccati "perché sprechi " finanziamenti per 90 milioni, e 150 milioni sono stai chiesti indietro "per vizio e irregolarità", e già nel luglio scorso l'Europa aveva bloccato altri 600 milioni. Ebbene, dal 2007 al 2013 l'Europa ha destinato alla Sicilia un totale di sei miliardi e mezzo di euro che la Regione non riesce a spendere, se non in minima parte.

L'Autonomia, con i suoi superpoteri di controllo capillare del territorio, ha modificato, come dicevamo, anche l'antropologia della casta, che qui non è solo prepotenza e satrapia, è anche mafia, anch'essa speciale, con un eccesso da ultima provincia che ha reso per esempio i presidenti umanamente impresentabili, politicamente imbarazzanti, tutti penalmente compromessi, e bisognerebbe metterli in fila: Drago, Provenzano, Cuffaro, Lombardo, una folla di baffi da cartolina, tutto un frantumarsi di cannoli, respiri da aliti guasti, panze e nevrosi e una plebe di questuanti bisognosi, precari, clienti, con uno staff, quello di Lombardo, composto da 1.400 fidatissimi giannizzeri, e per tutti ci sono indennità, contributi, diarie, perché il deputato siciliano decide in totale autarchia il costo della propria politica ed è soltanto tenuto a dichiarare di averli spesi bene.

Il presidente Lombardo guadagna di solo stipendio netto 15mila euro. Aggiungendo indennità e diarie, Lombrado supera di gran lunga Obama. E non si può dire che le
first lady seguano modelli di eleganza, non importa se Michelle o la signora Romney. E basti pensare che lady Lombardo, grazie alla Santa Autonomia, ha persino cercato di sanare con una legge ad personam una casa abusiva nella riserva naturale di Ispica, nientemeno.

E si capisce che il deputato appena eletto si senta il re di Palermo come Toni Servillo che nel film di Ciprì si compra la Mercedes e se ne va in giro - "mi sento il re di Palermo " - mentre gli turbinano attorno gli ottanta cavalli della Regione accuditi da 40 palafrenieri (due milioni di euro) e i cannoli, i carretti, Monte Pellegrino, santa Rosalia, l'opera dei pupi e tutta la cianfrusaglia della sicilianità e della sicilitudine, della specialità appunto che è anche malessere psicologico e blabla letterario, alibi intellettuale del fallimento dell'Autonomia che è, nonostante gli sforzi dell'assessore Massimo Russo, la sanità peggiore d'Europa, nove miliardi (proprio miliardi) di euro l'anno, 50mila dipendenti, e poi le strade più scassate e più sporche d'Italia, le scuole degradate, i trasporti interurbani radi e inefficienti, i porti interrati e caotici, le aree industriali abbandonate (le cosiddette Asi), le città coperte di rifiuti, lo scandalo dell'aeroporto di Comiso, pronto e fermo, dove il sindaco gioca al pallone e si sfoga a correre con le sue auto di lusso, il naufragio del sogno industriale di Termini Imerese, la mancanza di un piano energetico, l'attesa vana di un collegamento autostradale Nord-Sud, la catastrofe dell'agricoltura, lo scempio ambientale di Milazzo, il nanismo turistico ...

Il 60 per cento dei beni culturali italiani si trova in Sicilia. Ad ogni passo ci sono siti archeologici, necropoli, cave, anfiteatri, templi, rovine islamiche e resti fenici, reperti dell'età del bronzo, testimonianze di sicani, saraceni, normanni, borboni e persino enclave dell'impero britannico. Ebbene solo l'Unesco riesce ogni tanto a mitigare gli orrori e gli scempi culturali della Regione che mantiene per esempio 1.750 custodi (11 per sito contro i 4 della Toscana) ma abbandona, degrada e nel pomeriggio chiude i musei e i siti, compresa Selinunte che è il più grande parco archeologico del mondo.

Davvero non c'è nessuna ragione per tenere in vita questa sterminata 'casta con le sardè che inchioda la società siciliana ad un'arretratezza senza speranza. Anche la campagna elettorale, 11 candidati, 12 milioni di euro, somiglia a una lotta di capitribù e di stregoni che solo lo statuto regionale rende potenti, mediatori tra lo Stato e la popolazione come i baroni feudali, come i viceré. Scriveva Sciascia: "'Ncapu a lu re c'è lu viceré. Al di sopra del re c'è il viceré, di fatto più potente. E regredendo di vice in vice (...), uscieri, autisti e camerieri stanno al di sopra di ogni burocratico o politico monarca".

Ecco perché ogni dipendente è inseguito da una plebe affamata di favori. E i dipendenti sono 29mila, più di quanti ne ha la Casa Bianca, pagati come i funzionari del Senato grazie ad una delibera, una delle prime, che risale infatti al novembre de 1948, tanto per andare alle radici di questa altisonante Autonomia che debutta nel 1947 e anche storicamente nasce male, in difesa dei privilegi degli agrari e dei viceré minacciati dal "vento del nord", come lo chiamava Pietro Nenni. E si riferiva ai partigiani, alla Resistenza, al social comunismo. Del resto solo strumentalmente la sinistra divenne autonomista, per dare un orizzonte progressista all'eversione del separatismo e del banditismo, all'esercito di Antonio Canepa e alle lupare di Salvatore Giuliano, alimentate da pezzi del vecchio stato fascista e monarchico che non accettavano il 25 luglio, l'8 settembre e il 25 aprile.

Ecco perché l'Autonomia, che nacque dagli egoismi di classe senza progetto, naturaliter finisce oggi nelle clientele rivendicazioniste di Raffaele Lombardo - "Ulisse fu il primo colonialista del Nord e Polifemo la prima vittima, il primo eroe siciliano!" - e dunque nelle sue consulenze, che sono ben 700, per otto milioni e mezzo di euro, e ci sono, tra loro, persino velisti e pianisti. Lombardo ha nominato un carcerato, Eugenio Trafficante, presidente del collegio dei sindaci di Sicilia Servizi. E al cinema Odeon di Catania ha presentato la candidatura del figlio Toti che gli ha detto: "Papà, porterò avanti il tuo sogno". E c'erano la mamma, nonna Saveria e in prima fila direttori sanitari, dirigenti regionali, lo zio Angelo, tanti medici, Gianfranco Micciché: "I giornalisti mi chiedono se sono il trota o un tonno". Papà: "Un pesce-cane". E lui: " Io non sono un pesce". Così a Catania Toti Lombardo è subito diventato "u porcu cani", il porco cane.

Perfettamente il pittoresco e il grottesco si addicono all'Autonomia che davvero è un delitto, lo strumento attraverso cui i siciliani vengono asserviti. Ed è scandaloso che il governo Monti abbia ancora una volta pasticciato come tutti i governi di sempre e abbia finanziato con un miliardo di euro, in deroga al patto di stabilità, i soliti industriali del ficodindia, i vice-vicerè e i forestali che in Sicilia sono tanti quanti gli incendi che alimentano. Eppure ci vuol poco a capire che la vera autonomia della Sicilia sarà la liberazione dagli autonomisti.


(06 ottobre 2012)

“TOGLIAMO ALLA SICILIA LO STATUTO SPECIALE”: con questo titolo si apre oggi, sulla prima pagina di Repubblica, un articolo di Francesco Merlo. Un articolo appassionato e documentato che riproporremo ai lettori di questo blog non appena sarà disponibile sul web.
Stamattina voglio soltanto ricordare, come ho ampiamente mostrato in un recente saggio su Leonardo Sciascia, che la tesi di Merlo, oggi condivisa da tanti, negli anni sessanta venne sostenuta dall’eretico scrittore di Racalmuto. Questi, infatti, già allora, in modo pressocchè isolato, aveva capito che "Il fallimento dell'autonomia regionale si può senz'altro attribuire al fatto che è stata intesa e maneggiata come un privilegio, una franchigia, che lo Stato italiano, sotto la pressione del movimento separatista, concedeva alla classe borghese-mafiosa”.

francesco virga


ECCO IL TESTO INTEGRALE DELL’ARTICOLO DI FRANCESCO MERLO pubblicato su la Repubblica odierna e sul blog dello stesso autore http://www.francescomerlo.it:

FRANCESCO MERLO – E ORA ABOLIAMO LO STATUTO SPECIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

Anche la casta a Palermo diventa pittoresca e tragica, la ‘casta con le sarde’, supercasta speciale come lo Statuto che andrebbe finalmente cancellato – se non ora quando? – da un governo che fosse davvero antisprechi. E’ infatti lo Statuto, solo lo Statuto, che ha trasformato il deputato regionale in un grassatore, in un mediatore, in un Batman con i mustazzi unti di ‘stigghiola’.
Esistono Regioni d’Italia in cui lo Statuto speciale è virtuoso o magari soltanto utile e storicamente giustificato, ma sicuramente in Sicilia l’ autonomia deve essere abolita per bancarotta economica, politica e morale. E bisogna cancellarla dalla Costituzione, come atto d’amore verso una terra meravigliosa, e liberare i siciliani da un baronaggio feudale che dissipa il più grande tesoro del Mediterraneo e non parlo solo del buco di 5,3 miliardi e delle spese che nel 2012 supereranno i 27 miliardi.
L’Autonomia ha prodotto un ceto parassitario senza uguali in Europa che non gestisce risorse locali, se non in minima parte, e che lucra per se stesso più dei laziali . Il deputato guadagna tra i 15 e i 20 mila euro netti al mese tra stipendio, diaria, spese per lo svolgimento del mandato e indennità di soggiorno. Il rimborso ai gruppi raggiunge il record di 12 milioni l’anno. E’ una ‘specialità costituzionale’quella del più ricco Parlamento regionale d’Italia, che costa 170 milioni di euro, due volte più del Lazio e cinque volte più della Lombardia. Lo Statuto speciale trasforma in liquame infruttuoso questo enorme fiume di danaro statale ed europeo, non Nilo che nutre con il suo limes ma fogna a cielo aperto che sporca anche le buone intenzioni e che periodicamente costringe l’Europa a intervenire: meno di un mese fa sono stati bloccati finanziamenti per 90 milioni, e 150 milioni sono stai chiesti indietro , e già nel luglio scorso l’Europa aveva bloccato altri 600 milioni. Ebbene, dal 2007 al 20013 l’Europa ha destinato alla Sicilia un totale di sei miliardi e mezzo di euro che la Regione non riesce a spendere, se non in minima parte.
L’Autonomia, con i suoi superpoteri di controllo capillare del territorio, ha modificato, come dicevamo, anche l’antropologia della casta, che qui non è solo prepotenza e satrapia, è anche mafia, anch’essa speciale, con un eccesso da ultima provincia che ha reso per esempio i presidenti umanamente impresentabili, politicamente imbarazzanti, tutti penalmente compromessi, e bisognerebbe metterli in fila,…Drago, Provenzano, Cuffaro, Lombardo, una folla di baffi da cartolina, tutto un frantumarsi di cannoli, respiri da aliti guasti, panze e nevrosi e una plebe di questuanti bisognosi, precari, clienti, con uno staff, quello di Lombardo, composto da 1400 fidatissimi giannizzeri, e per tutti ci sono indennità, contributi, diarie, perché il deputato siciliano decide in totale autarchia il costo della propria politica ed è soltanto tenuto a dichiarare di averli spesi bene.
Il presidente Lombardo guadagna di solo stipendio netto 15mila euro. Aggiungendo indennità e diarie, Lombrado supera di gran lunga Obama. E non si può dire che le first lady seguano modelli di eleganza, non importa se Michelle o la signora Romney. E basti pensare che lady Lombardo, grazie alla Santa Autonomia, ha persino cercato di sanare con una legge ad personam una casa abusiva nella riserva naturale di Ispica, nientemeno.
E si capisce che il deputato appena eletto si senta il re di Palermo come Toni Servillo che nel film di Ciprì si compra la Mercedes e se ne va in giro – –mentre gli turbinano attorno gli ottanta cavalli della Regione accuditi da 40 palafrenieri ( due milioni di euro) e i cannoli, i carretti, Monte Pellegrino, santa Rosalia, l’opera dei pupi e tutta la cianfrusaglia della sicilianità e della sicilitudine, della specialità appunto che è anche malessere psicologico e blabla letterario, alibi intellettuale del fallimento dell’Autonomia che è, nonostante gli sforzi dell’assessore Massimo Russo, la sanità peggiore d’Europa, nove miliardi (proprio miliardi) di euro l’anno, 50mila dipendenti, e poi le strade più scassate e più sporche d’Italia, le scuole degradate, i trasporti interurbani radi e inefficienti, i porti interrati e caotici, le aree industriali abbandonate (le cosiddette Asi), le città coperte di rifiuti, lo scandalo dell’aeroporto di Comiso, pronto e fermo, dove il sindaco gioca al pallone e si sfoga a correre con le sue auto di lusso, il naufragio del sogno industriale di Termini Imerese, la mancanza di un piano energetico, l’attesa vana di un collegamento autostradale Nord-Sud, la catastrofe dell’agricoltura, lo scempio ambientale di Milazzo, il nanismo turistico …
Il 60 per cento dei beni culturali italiani si trova in Sicilia. Ad ogni passo ci sono siti archeologici, necropoli, cave, anfiteatri, templi, rovine islamiche e resti fenici, reperti dell’età del bronzo, testimonianze di sicani, saraceni, normanni, borboni e persino enclave dell’impero britannico. Ebbene solo l’Unesco riesce ogni tanto a mitigare gli orrori e gli scempi culturali della Regione che mantiene per esempio 1750 custodi (11 per sito contro i 4 della Toscana) ma abbandona, degrada e nel pomeriggio chiude i musei e i siti, compresa Selinunte che è il più grande parco archeologico del mondo.
Davvero non c’è nessuna ragione per tenere in vita questa sterminata ‘casta con le sarde’ che inchioda la società siciliana ad un’ arretratezza senza speranza. Anche la campagna elettorale, 11 candidati, 12 milioni di euro, somiglia a una lotta di capitribù e di stregoni che solo lo statuto regionale rende potenti, mediatori tra lo Stato e la popolazione come i baroni feudali, come i viceré. Scriveva Sciascia:<’Ncapu a lu re c’è lu viceré. Al di sopra del re c’è il viceré, di fatto più potente. E regredendo di vice in vice (…), uscieri, autisti e camerieri stanno al di sopra di ogni burocratico o politico monarca>. Ecco perché ogni dipendente è inseguito da una plebe affamata di favori. E i dipendenti sono 29mila, più di quanti ne ha la Casa Bianca, pagati come i funzionari del Senato grazie ad una delibera, una delle prime, che risale infatti al novembre del 1948, tanto per andare alle radici di questa altisonante Autonomia che debutta nel 1947 e anche storicamente nasce male, in difesa dei privilegi degli agrari e dei viceré minacciati dal “vento del nord”,come lo chiamava Pietro Nenni. E si riferiva ai partigiani, alla Resistenza, al social comunismo.
Del resto solo strumentalmente la sinistra divenne autonomista, per dare un orizzonte progressista all’eversione del separatismo e del banditismo, all’esercito di Antonio Canepa e alle lupare di Salvatore Giuliano, alimentate da pezzi del vecchio stato fascista e monarchico che non accettavano il 25 luglio, l’8 settembre e il 25 aprile.
Ecco perché l’Autonomia, che nacque dagli egoismi di classe senza progetto, naturaliter finisce oggi nelle clientele rivendicazioniste di Raffaele Lombardo – – e dunque nelle sue consulenze, che sono ben 700, per otto milioni e mezzo di euro, e ci sono, tra loro, persino velisti e pianisti. Lombardo ha nominato un carcerato, Eugenio Trafficante, presidente del collegio dei sindaci di ‘Sicilia Servizi’.
E al cinema Odeon di Catania ha presentato la candidatura del figlio Toti che gli ha detto: . E c’erano la mamma, nonna Saveria e in prima fila direttori sanitari, dirigenti regionali, lo zio Angelo, tanti medici, Gianfranco Micciché: . Papà: . E lui: < Io non sono un pesce>. Così a Catania Toti Lombardo è subito diventato ‘u porcu cani’, il porco cane.
Perfettamente il pittoresco e il grottesco si addicono all’Autonomia che davvero è un delitto, lo strumento attraverso cui i siciliani vengono asserviti. Ed è scandaloso che il governo Monti abbia ancora una volta pasticciato come tutti i governi di sempre e abbia finanziato con un miliardo di euro, in deroga al patto di stabilità, i soliti industriali del ficodindia, i vice-vicerè e i forestali che in Sicilia sono tanti quanti gli incendi che alimentano. Eppure ci vuol poco a capire che la vera autonomia della Sicilia sarà la liberazione dagli autonomisti.

 

Sicilia, paga da 14mila €, telefono e auto gratis: ma perché?
Da www.Liberoquotidiano.it  
Ora, l’articolo su sprechi e assurdità siciliane nella gestione della cosa pubblica non si può considerare una novità. E però relegare l’argomento a questione cui abituarsi sarebbe criminale. Perché, nel frattempo, la situazione continua a peggiorare. Basta dare un occhio alla relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario 2011. Le considerazione generali introduttive rimarcano «una situazione di notevole, preoccupante deterioramento: tutti o quasi i saldi fondamentali di bilancio presentano valori negativi», più avanti sottolineando la «difficile sostenibilità dei conti pubblici regionali». Sui quali grava un debito di 5 miliardi e 305 milioni, più altri 344 milioni rimborsati dallo Stato. Nonostante ciò, nel 2011 «il personale di ruolo della Regione si è incrementato di quasi un terzo, passando da 13.205 a ben 17.218 unità (+30,39%)», con una procedura che «non manca di destare perplessità». In due parole: un disastro.
Allora uno va a vedere come se la passa la classe politico-amministrativa che questa situazione ha determinato - o quantomeno non ha sanato. Ed ecco, saremo anche demagogici e populisti o quant’altro, ma qui monta l’irritazione. E se il termine “casta” è forse venuto un po’ a noia, confessiamo di non riuscire a trovarne un altro per descrivere la condizione dei componenti dell’Assemblea Regionale Siciliana. I quali, secondo quanto disposto da Tremonti nella manovra bis dello scorso anno, sarebbero dovuti scendere di numero: da 90 a 70. Ma le annunciate dimissioni del governatore Raffaele Lombardo, se davvero arriveranno a breve, bloccheranno il procedimento legislativo. E quindi niente: 90 erano e 90 rimarranno.
Inevitabile poi cercare di capire quanto guadagnano, i deputati del Parlamento siciliano. E insomma, la busta paga è pesante, altroché. Vediamo: solo l’indennità-base ammonta a 5.101,68 euro netti - qualche termine di paragone: quella dei consiglieri regionali laziali è di 3.708, quella dei lombardi arriva a 3.341, per i piemontesi addirittura 2.858. Tornando in Sicilia, all’indennità vanno aggiunti i 3.500 euro di diaria (trattenuta di 224,90 euro per ogni assenza ingiustificata). Poi altri 4.180 euro alla voce «spese sostenute per l’esercizio del mandato» - e qui si tratta di collaboratori o portaborse, che chissà quante volte vengono poi retribuiti poco e in nero, ma tant’è. Non è finita: altri 841 euro al mese (sarebbero 10.095,84 all’anno) come rimborso forfettario per le «spese di trasporto». E 345 euro mensili (4.150 all’anno) per rifondere le «spese telefoniche». E poi c’è anche il rimborso delle spese sostenute per arrivare in ufficio: 13.293 euro all’anno (1.107 al mese) se l’onorevole siciliano deve percorrere fino a 100 chilometri per raggiungere la sede palermitana dell’assemblea, che diventano 15.979 all’anno (1.331 al mese) se i chilometri sono più di 100. E se invece abita proprio a Palermo? Niente paura: s’intasca comunque 6.646 euro all’anno, 554 al mese.
Totale: considerando i criteri più bassi s’arriva a 14.521 euro netti al mese. Stipendio a cui, per i presidenti di Commissione, vanno aggiunti 2.984,55 euro lordi. E insomma, non si vuol qui raccontare la facezia che far politica equivale sempre e comunque a ingrassarsi a spese del cittadino, ma dài, così diventa intollerabile.
(Dimenticavamo il presidente di giunta. Lombardo, considerate le indennità da governatore e da componente dell’assemblea, guadagna 15.683 euro mensili, primato italiano. Dietro di lui si piazza la laziale Renata Polverini, che arriva a 11.958. In Lombardia Formigoni si ferma a 9.539 euro al mese, Zaia in Veneto a 8.934. Lo stesso Lombardo commenta però che «se dobbiamo rapportare il mio stipendio al lavoro che faccio, dovrebbero triplicarlo»).
Ma questa sorta di salasso istituzionale non riguarda solo la Regione. Per dire: in tutta Italia, in occasione delle ultime Amministrative, è scattata la riduzione di Consigli e giunte. E dunque, nei Comuni che contano fra 3mila e 5mila residenti i consiglieri saranno al massimo 7: in Sicilia, invece, è ancora possibile arrivare a 15. E se sul Continente i municipi che superano i 10mila abitanti dovranno ridurre le assemblee consiliari del 20 per cento, in Sicilia no. Discorso da collegare ai mancati tagli ai gettoni di consiglieri comunali e sindaci, con i consiglieri di Palermo che sono i più pagati d’Italia: gettone di presenza a 156 euro lordi e indennità che può superare i 3mila euro mensili - circa 700 in più dei “colleghi” milanesi, mentre a Roma il gettone è di 70 euro per uno stipendio massimo di 1.500 euro. Ovviamente anche i sindaci rientrano nello schema: quello di Palermo guadagna (lordi) 10.100 euro al mese, 1.000 in più di quello di Milano.
Ultima domanda: ma perché?
di Andrea Scaglia









Postato il Sabato, 06 ottobre 2012 ore 18:25:22 CEST di Salvatore Indelicato
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