Un
“gruppo di facebook”, “Parru cu tia”,
utilizzando appieno le potenzialità del social network, ha voluto “accendere” un forum di discussione
e di approfondimento su un tema di pressante attualità e di grande
interesse, l’emergenza educativa al tempo della crisi, con un titolo
originale e affascinante, “Educare non è
riempire un secchio, ma accendere un fuoco”, (William B. Yeats).
Ne è uscito fuori un interessantissimo e simpatico dialogo, fatto di
valutazioni, di analisi, e di aneddoti personali. Un confronto, vero e
diretto, con l’ausilio dei “commenti” e dei “mi piace”, in vero stile
feisbucchiano… Un piacevole “esperimento” tra amici, distanti nello
spazio, per capire insieme, con lucida sincerità, l’antica “arte”
dell’educare e dell’insegnare. Quasi, un “gioco” che vale la pena
provare e… ripetere…
Inizia, come sempre, Giuseppe, «Il fuoco si accende da una piccola
scintilla, come dice un cantico: “Il fuoco inizio da una piccola
scintilla, e solo dopo un po’ si accende e poi sfavilla”». Gli fa eco
Federico, «“Si impara sempre da chi si ama”, diceva Socrate». «Bravo
Federico! – esclama Giuseppe – Chi ti ama, ti insegna tante cose, ed
accende dentro di te quella fiammella che poi sbocca nel fuoco, ed il
fuoco del crescere si possiede con il logos e con l’ascolto. E
l’ascolto ti porta ad agire. Questo è il fuoco che esisteva già nel
pensiero di Eraclito, il grande filosofo di Efeso, del Sesto Secolo
avanti Cristo». Ribatte Angelo, «Federico dice che si deve creare un
rapporto di empatia tra docente e discente, e il discepolo impara
solamente dal maestro che ama. L’apprendimento si realizza,
soprattutto, sull’asse dell’affettività. Oltre che del rispetto
reciproco. Insegnare è incidere… in profondità, con lo scalpello
dell’amore!». «Non potrebbe essere altrimenti, – ribadisce Federico –
l’educazione è strettamente legata all’affettività: un amore profondo
per la professione (educere), per la cultura (non si può insegnare
qualcosa se non la si ama), un amore che diventa curiosità continua,
vivace, appassionata... un amore per l’altro, da me, che diventa
risorsa, nutrimento, per la mia curiosità ma allo stesso tempo può, e
deve diventare, qualcuno a cui donare in modo sincero la propria
esperienza. Educare è amare, una sfida continua in grado di trovare
quella leva per sollevare il mondo! Educare è amare e accettare la
responsabilità di essere parte attiva nel processo di crescita dei
nostri ragazzi. Educare è una missione e come tale va vissuta! Solo
allora sarai degno di profondo rispetto…». «E’ vero… sull’affettività e
sul rispetto reciproco! – ricorda Anna Lisa – Io avevo un insegnante
che non amavo proprio, anzi,… ma che rispettavo moltissimo, proprio per
la sua serietà e la sua intelligenza. Pensate che ho studiato la sua
materia, “Tecnica Bancaria”, in un modo così… approfondito, che
all’indomani dell’esame di Stato avrei potuto aprire una banca, senza
alcun problema!!!». Il “buon” Telemaco, sentenzia: «“Educare è
consorziare l’anima!”». «Si, come noi, che ci siamo “consorziati”, –
ripete Giuseppe – e stiamo facendo proprio un bel… “cenacolo” di
pensieri e di parole…». Infine, prende la parola il profe: «“Il
discepolo impara solamente dal maestro che ama”. Una bella e profonda
verità che risale sin dai tempi antichi: da Socrate a Cristo, l’amore è
il fondamento, il primo strumento dell’insegnare e dell’apprendere.
Dalla greca “paideia”, alla pedagogia agostiniana e poi oltre v’è la
certezza che dall’educazione dipenda una parte significativa del
destino di ogni individuo. E quale miglior dono possiamo fare alla cosa
pubblica che insegnare ed educare la gioventù? Educare deriva da ex
ducere: tirar fuori, allevare... e chi alleva non può non donare amore!
È la formazione integrale dell’uomo, il compito assegnato al pedagogo.
Compito assai arduo – specie oggi – l’impegno di educare: agire con
forza, ma con modi soavi... “fortiter in re, suaviter in modo”.
Bisogna, però, che al proporre il “modello ideale”, segua sempre
l’esempio personale, la testimonianza diretta, che siano credenti,
laici o agnostici. E quale migliore antidoto contro i falsi miti d’oggi
che rendere sensibili i propri figli di fronte al dolore di chi soffre?
Per far crescere positivamente l’animo e il cuore! Aggiungo solo che
durante i miei lunghi anni d’insegnamento, vissuti con grande
dedizione, ho adottato un criterio didattico-educativo che potrei ben
definire “pedagogia della meraviglia”, un metodo d’ispirazione
squisitamente evangelico, cristiano. Ecco, suscitare un amoroso
“stupore”, quasi ludico strumento per meglio veicolare e trasmettere il
sapere, per trarre fuori le giovani esistenze da forme di
mortificazione espressiva, o magari da un limbo spirituale e
affettivo... E son ben lieto e orgoglioso di aver sempre insegnato ai
miei alunni non per la scuola… ma per la vita!». «Grazie del tuo
meraviglioso intervento nel cenacolo, – sottolinea Giuseppe – mi è
molto piaciuto il tuo modo di insegnare “la pedagogia della
meraviglia”. Profe, sono veramente commosso e stimolato dal tuo
intervento che non fa altro che alimentare il fuoco del nostro
cenacolo». «Ti ringrazio, caro Giuseppe, – conclude il profe – delle
lusinghiere e sincere parole, se non fosse che se pur meritate da un
canto, non lo sono dall’altro per via di un certo mio modo di
“indugiare” sui pensieri… che rischia, forse, di tediare il lettore che
al social network chiede estrema stringatezza e facilità
d’interpretazione. Io non so far diversamente. Ma forse è vero che a
volte i nostri “limiti” sono le nostre prime virtù…». Alla prossima
riunione, cari lettori,… e si accettano interventi,… su facebook!
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it