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News: Profumo, docenti provenienti anche dal mondo del lavoro

Rassegna stampa
Importante superare lo scollamento tra scuola e occupazione - ROMA -Sono tre le direttrici su cui lavorare per rilanciare il nostro sistema scolastico. Lo ha sottolineato il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, in occasione del convegno, organizzato da Fondazione Rocca e Associazione Treellle, “I numeri da cambiare. Scuola, università e ricerca. L’Italia nel confronto internazionale”.  «Ci sono - ha spiegato il ministro - tre elementi su cui lavorare: anticipare l’Orientamento in modo che gli studenti possano fare scelte più consapevoli, connesse anche alle prospettive di lavoro; anticipare il ponte scuola-lavoro attraverso tirocini e tesi di laurea sviluppate assieme tra Accademia e sistema delle aziende; favorire una partecipazione maggiore di “docenti” provenienti dal mondo del lavoro che attraverso le loro testimonianze diano un contributo alla formazione».   
«Noi siamo un paese manifatturiero - ha evidenziato Profumo - e in questo momento abbiamo bisogno di un maggior numero di studenti che seguano un percorso tecnico-professionale. Accade che ci siano 25.000 laureati in sovrannumero in alcuni settori e 25.000 posti a disposizione in altri settori e ciò non può e non deve accadere. Ci deve essere maggior connessione e maggior informazione sulle sulle opportunità di lavoro, di mestieri». D’accordo sulla necessità di un maggior raccordo scuola-lavoro il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, secondo il quale «una delle cose da cambiare è la ”mortificazione” degli indirizzi tecnici e professionali, che si associa a una “mortificazione” della manualità: da noi, tanto per fare un esempio, la percentuale di giovani che lavora in agricoltura è decisamente più bassa che in Francia o in Germania». Bene dunque gli Its e i Poli: «c’è un problema di domanda e offerta. Un circolo vizioso che va spezzato altrimenti non ne usciamo» ha osservato Salvatore Rossi, vice direttore generale di Bankitalia. Sulla stessa lunghezza d’onda il vicepresidente di confindustri Ivan Lo Bello, secondo il quale «l’istruzione italiana può contribuire in modo decisivo a velocizzare il passaggio dalla crisi alla ripresa, a patto che si vada avanti senza incrostazioni culturali, come ad esempio la separazione tra cultura umanistica e cultura tecnica che ha caratterizzato il nostro paese in molte fasi storiche. Le imprese - ha aggiunto - hanno fatto e continuano a fare molto per riportare la cultura tecnica al centro dello sviluppo del paese e del sistema educativo. Nonostante gli sforzi, ancora troppe aziende non trovano i tecnici che cercano».  Gianfelice Rocca, presidente del gruppo Techint ha quindi evidenzia quindi alcuni dati di confronto con l’Europa. «L’Italia è migliorata, certo, se guardiamo al decennio che abbiamo appena attraversato: nel 2000 gli italiani che si laureavano erano il 19%, nel 2010 il dato è salito al 32%. Ma l’Europa - fa notare -èpassata dal 27% al 40% nello stesso periodo. E ancora i risultati dei test Pisa sulle competenze dei quindicenni sono sotto la media dei paesi Ocse. Altre differenze riguardano: la spesa totale per l’università (1% del Pil contro l’1.4% dell’Ue), gli investimenti in ricerca pubblica e privata (1.26% contro 2.06%) e il trasferimento tecnologico (la capacità di trasformazione della ricerca in brevetti che è quattro volte più bassa che in Germania). E dunque il sistema educativo italiano migliora ma i suoi indici non sono ancora europei». Secondo Rocca «il sistema educativo italiano, diversamente da quello tedesco, continua ad allontanare la prospettiva di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. In Germania il 7% della popolazione tra i 25 e i 34 anni ha un titolo di istruzione post-secondaria professionalizzante, giovani specializzati sulle professioni richieste dalle imprese. Questo tipo di laureati in Italia è ancora sostanzialmente assente (0.5%)».   
«Abbiamo problemi seri - conclude Rocca - ma anche punti di forza su cui dobbiamo costruire: dobbiamo liberare le energie riconoscendo autonomia alle eccellenze italiane nella scuola, nell’università e nella ricerca e fare in modo di aiutare a ridurre le divergenze rispetto a chi è rimasto indietro». Per Attilio Oliva, Presidente di Treellle, infine, «dobbiamo aver presente che un sistema educativo di qualità è una grande piattaforma per far ripartire l’Italia e riagganciare il treno di uno sviluppo sostenibile. La ricetta per raggiungere indici medi europei non sta solo e tutta nei soldi».  «Per migliorare i sistemi educativi - ha concluso - le ricette internazionali più condivise (OCSE, ecc..) suggeriscono di rompere la gestione statale iper centralizzata a favore di maggiori autonomie, di curare la formazione e il reclutamento selettivo del personale docente e dei dirigenti, di incentivare il personale con carriere e retribuzioni differenziate e infine di valutare costantemente dal centro i risultati relativi all’efficienza e all’efficacia del servizio».
www.lastampa.it








Postato il Giovedì, 04 ottobre 2012 ore 09:00:00 CEST di Antonia Vetro
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