ROMA - Nella prova che
permette di accedere ai corsi di abilitazione all’insegnamento a
ventimila candidati è sbagliata una domanda su cinque. Ancora polemiche
sul Tfa, il Tirocinio formativo attivo. Nonostante le scuse del
ministro dell’Istruzione Profumo i primi giorni di agosto (anche se i
quiz erano stati redatti oltre un anno fa dagli esperti dell’ex
ministro Mariastella Gelmini), la revisione dei testi, la riscrittura
delle graduatorie e l’assicurazione che nessun laureato verrà
penalizzato in caso di risposta sbagliata a domanda non corretta.
Risultati aggiornati, dunque. A tempi brevi la pubblicazione sul sito
del Miur. Per gli insegnamenti di elettronica e di scienze naturali
sono state segnate 25 domande con la matita rossa e blu su 60 proposte
ai candidati. Per l’insegnamento della lingua francese quasi la
totalità dei laureati che hanno sostenuto l’esame non hanno ricevuto
non sono riusciti ad ottenere (nella prima correzione) l’idoneità. I
decani della cultura umanistica sono in rivolta. Ventisette professori,
da Guido Baldassarri, presidente dell'Associazione degli Italianisti
(Adi) a Gabriele Burzacchini, presidente della Consulta Universitaria
del Greco (Cug) fino a Rita Librandi, presidente dell'Associazione per
la Storia della Lingua Italiana (Asli), sono scesi in campo contro le
prove di accesso al Tirocinio Formativo Attivo che si sono concluse il
31 luglio. Sono tutti d'accordo: i quiz proposti ai futuri insegnanti
sono un insulto alla cultura. I rappresentanti delle Consulte
universitarie e delle Società scientifiche delle aree umanistiche hanno
inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
sottolineando la necessità «di prevedere modalità di valutazione
davvero consone alla professione di insegnante». La battaglia dei
decani delle discipline umanistiche è iniziata con una lettera inviata
al ministro dell'Istruzione Francesco Profumo all'indomani delle prove
per accedere al Tfa. Nella lettera si sottolineava come le prove
dimostrassero «un generale depauperamento della nozione di cultura», in
primis «nella scelta dei quesiti: spesso ambigui, errati, catalogabili
più come dati di enigmistica che come dimostrazioni di saperi». Ora i
presidenti delle Consulte si sono rivolti al Capo dello Stato. I
professori riferiscono di essere stati testimoni dello «sconcerto dei
candidati», delle «proteste anche pubbliche di studiosi ed esperti ai
risultati via via pubblicati delle prove: ingiustamente punitivi a
causa della qualità dei quesiti, e non della qualità dei candidati». Il
professor Nuccio Ordine, ordinario di Letteratura italiana
all'Università della Calabria, non usa mezzi termini per definire i
quiz proposti nelle prove di accesso al Tirocinio Formativo Attivo:
«Sono avvilenti, improponibili e inopportune». Domande da
«rischiatutto» dove prevalgono un «nozionismo di bassa lega e un uso
del sapere mnemonico avvilente». Anche per il professor Luciano
Canfora, docente di Filologia classica all’Università Aldo Moro di
Bari, i quiz sono «antieducativi».
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