La Galleria degli
Uffizi, rinnovando l'esperienza dell'anno passato con la mostra
"Condivisione d'affetti", ha portato una nuova esposizione d'opere
"Paesi, pastori e viandanti" a Santo Stefano di Sessanio, terra aspra e
bella d'Abruzzo, dove l'uomo s'è contentato d'esigui crinali per
abbarbicare le sue dimore. L'idea è germinata dall'aspirazione a tener
desto il legame antico con Firenze. Legame nato nel 1579 per volere di
quel Francesco I dei Medici che, appena due anni dopo, agli Uffizi si
sarebbe inventato il suo museo di sogni preziosi. Se dunque le
relazioni fra la città toscana e i paesi abruzzesi nacquero in virtù di
ragioni mercantili e politiche, oggi quelle stesse relazioni si possono
celebrare esibendo - e per la seconda volta in due
anni - opere d'arte che appartengono alla Galleria
fiorentina, essa pure sgorgata dalla medesima costola. La mostra di
Santo Stefano di Sessanio prende le mosse da una veduta di piazza della
Signoria, luogo di Firenze a tutti noto, cuore della città (del suo
governo e della sua cultura). E' luogo da cui si diparte l'architettura
degli Uffizi, progettata da Giorgio Vasari su ordine di Cosimo I, che
di Francesco era padre. Alla costruzione di quell'edificio, solido
eppure aereo, avevano indotto esigenze amministrative (ma già allora le
necessità d'immagine contavano parecchio e il potere andava sfoggiato
perché fosse considerato e temuto). La piazza dei Signori è dunque
l'opera che aprirà il tragitto dei paesaggi. Oltre le mura di Firenze,
s'apriva - allora libera - la campagna. Ma
delle distese d'erbe fuori porta, delle colline che poco lontano
s'alzavano, del fiume che seguitava il suo corso verso il mare, delle
selve che coprivano le forre si principiò a serbar memoria autonoma
soltanto dal '600; secolo d'oro per i paesaggi. E furono soprattutto i
pittori stranieri, venuti d'oltralpe, a essere suggestionati dalla
poesia della natura mediterranea. Erano olandesi, fiamminghi, francesi,
tedeschi, che in Italia, e a Roma in particolare, scendevano per un
soggiorno ch'era d'obbligo per chi volesse educarsi all'arte. È la
natura a primeggiare in ogni opera esposta a Santo Stefano di Sessanio.
L'uomo s'adatta docile al ruolo di comparsa. Le sue posture, nel vigore
esuberante d'alberi e d'erbe, ne qualificano il mestiere: pastori a
guardia d'armenti che punteggiano di bianco i terreni, contadini
affaticati nelle incombenze imposte dalle stagioni, pescatori
accucciati sulle sponde di specchi d'acqua che allagano gli spazi
lasciati liberi dal folto della vegetazione. Lavori antichi; buoni per
i contorni di Firenze come per le terre d'Abruzzo. A icona della mostra
par quasi assurgere, però, lo struggente marmo classico, a forte sbalzo
su un fondo astratto, un uomo seduto. Pensoso com'è e col corredo d'un
cappello, d'una bisaccia e d'un bastone, varrà, per noi e per chi si
muoverà fra le opere esibite, come figura d'un pastore,
leopardianamente assorto a guardare in alto o lontano, un poco
distraendosi, per un'interiore meditazione, dalla custodia del gregge.
Ma potrà anche valere come figura d'un viandante che profitta d'una
sosta di riposo per un raccoglimento quieto. Ecco cosa potrebbe
diventare, nell'estate 2012, un soggiorno a Santo Stefano di Sessanio:
l'occasione - al cospetto di capi d'opera d'una collezione
che fu dei Medici - per riflettere sui tempi trascorsi e su
quelli presenti, nel cuore coltivando l'auspicio che la nobiltà austera
del passato possa rivivere in virtù d'una cultura più saggia e
consapevole.
Direttore della Galleria degli Uffizi, Firenze
Antonio Natali
Direttore della Galleria degli Uffizi, Firenze
Antonio Natali