Al convento Matris
Domini di Bergamo - Le quindici religiose hanno chiamato in Comune per
scoprire come poter aderire all'iniziativa. Un impiegato municipale ha
portato loro le carte da firmare - Bergamo, 28 luglio 2012 - Rispetto
alle raccolte di firme del recente passato, bisogna ammetterlo, la
pubblicità è stata assai scarsa. Eppure sulla richiesta di referendum
popolare per l’abrogazione dell’art. 2 della legge 1261 del 1965, il
cosiddetto “referendum anticasta” che è stato proposto dall’Unione
Popolare e che prevede la riduzione dei compensi ai parlamentari, i
bergamaschi non si sono fatti prendere in contropiede. E tra coloro che
hanno voluto appoggiare con la loro firma tale richiesta, ci sono anche
le monache di clausura del Monastero Matris Domini di via Locatelli, a
Bergamo. Una quindicina di anziane suore domenicane che, smentendo
clamorosamente la convinzione che la clausura allontani dai problemi
del mondo e della società, nei giorni scorsi hanno impugnato il
telefono e hanno chiamato gli uffici di Palazzo Frizzoni, chiedendo ad
un sorpreso funzionario comunale lumi sulle modalità per aderire
all’iniziativa e sostenere la richiesta di referendum. Interpellate in
merito, le “suore anti-casta” hanno spiegato di aver discusso tra loro
e di essersi confrontate prima di prendere la loro decisione e di
muoversi per un passo che hanno definito «un gesto di responsabilità».
Inutile, però, cercare di estorcere alle sorelle commenti politici o
ulteriori dissertazioni sui costi della politica: «Non vogliamo clamori
— hanno spiegato con gentilezza ma con fermezza al cronista curioso —
Abbiamo appreso di questa notizia e ci è sembrato giusto confrontarci
per stabilire cosa fare. Tutto qui. Alla fine abbiamo contattato il
municipio per apporre le nostre firme». Richiesta prontamente esaudita.
Come? Non potendo le suore varcare le mura dell’antico monastero
cittadino per recarsi di persona negli uffici di piazza Matteotti e
firmare l’apposito modulo, è stata l’amministrazione comunale che ha
inviato in via Locatelli un impiegato, il quale ha raccolto in loco la
sottoscrizione delle religiose. Poche firme, ma dense di significato,
che vanno ad aggiungersi alle molte dei normali cittadini bergamaschi
che in questi giorni (ieri era il termine ultimo per firmare) hanno
fatto le corse e si sono recati nell’ufficio al piano terra di Palazzo
Frizzoni per aderire in massa alla proposta dell’Unione Popolare per
«tagliare gli stipendi d’oro dei parlamentari». Uno sforzo che comunque
potrebbe rivelarsi vano. Secondo le norme che regolano il referendum di
iniziativa popolare, infatti, non può essere depositata una richiesta
referendaria nell’anno prima della scadenza di una delle due Camere e
nei sei mesi successivi alla convocazione dei comizi elettorali. E’
dunque probabile che, vista la situazione politica del nostro Paese e
la scadenza ravvicinata del governo Monti, il referendum non si possa
tenere prima del 2014. Tanto che i promotori hanno fatto sapere che
partiranno con un’altra raccolta di firme a ottobre, per poter
presentare la proposta dopo il gennaio del 2013. Ma non è dato sapere
se le firme raccolte in questi giorni rimarranno valide.
Alessandro Borelli
www.ilgiorno.it