La sentenza
n. 2262/12 del giudice Chirone di Trani ripropone la stessa conversione
del contratto ordinata nella sentenza n. 2296/12 del giudice Brudaglio,
nelle cause patrocinate dall’avv. M. Ursini, e della sentenza n.
2291/12 patrocinata dall’avv. S. Campanile, entrambi legali
rappresentanti dell’Anief. Condannato il Miur al pagamento complessivo
di 20.000 euro. Il giovane sindacato, grazie a un’équipe di legali
coordinata dagli avvocati F. Ganci e W. Miceli, aveva presentato
migliaia di ricorsi in tutte le corti territoriali italiane l’anno
scorso, per i propri iscritti, ottenendo la condanna
dell’Amministrazione scolastica al pagamento di risarcimenti danni per
diverse centinaia di migliaia di euro, per condanna dell’abuso del
termine del contratto a termine apposto. Ora giunge dai giudici di
Trani anche l’ordine di stabilizzare tre precari della scuola, in
deroga al principio vigente nella Pubblica Amministrazione di mai
consentire, in caso di utilizzo improprio di contratti di lavoro
flessibile, la conversione del rapporto di lavoro. Nella sentenza n.
2262/12, il giudice, dopo aver preliminarmente disatteso l’eccezione di
difetto di giurisdizione (sent. Cass. SS. UU. n. 16041/10), l’eccezione
di incompetenza funzionale del giudice (art. 409 del C. P. C.) e
l’eccezione di prescrizione (sent. Cass. SS. UU. n. 10813/11) in quanto
il diritto trova fondamento giuridico nella direttiva comunitaria
1999/70/CE, osserva che il ricorrente, supplente da oltre 10 anni, se
fosse stato dipendente di un’impresa privata non avrebbe avuto
contestato il diritto alla stabilizzazione, essendo palesi le esigenze
strutturali dell’impiego e il palese abuso da parte del datore di
lavoro. Vista la natura pubblica dell’amministrazione convenuta,
allora, ritiene necessario dipanare le complesse regole che
disciplinano il contratto a tempo determinato nel pubblico impiego, in
particolare nella scuola dove si è proceduto con qualcosa di
“raffazzonato”. In primo luogo, spiega come il D.lgs. 368/01 si
coordina bene con il D.lgs. 165/01 grazie alle modifiche apportate
dalla L. 247/2007, quando il legislatore fissa un arco temporale oltre
il quale il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato,
indipendentemente dalla legittimità del termine: l’art. 5, c. 4 bis
così inserito, che prescinde dai vizi del contratto, provoca la
riqualificazione del rapporto con la P.A. Come ha osservato la Corte di
giustizia europea, nell’ordinanza del 1 ottobre 2010 (causa C-3/10), lo
stesso Governo italiano ha sottolineato che, nel 2007, nel settore
pubblico, il legislatore è intervenuto per evitare il ricorso abusivo
dei contratti a tempo determinato, aggiungendo una durata massima oltre
il quale il contratto di lavoro può essere ritenuto concluso a tempo
indeterminato: il giudice europeo soltanto per questa ragione ha
ritenuto la disciplina nazionale rispettosa della normativa
comunitaria, stante il suo carattere proporzionato, sufficientemente
effettivo e dissuasivo. Tale modifica del D.lgs. 368/01 rispetta anche
il contenuto precettivo dell’art. 97, c. 3 della Costituzione visto che
la stabilizzazione trova la sua forma in una espressa norma di legge e
visto che l’assunzione è la legittima conseguenza del posizionamento
del ricorrente nella graduatoria ex-permanente, a cui ha avuto accesso
superando un pubblico concorso, come ha ricordato la Consulta nella
sentenza n. 41/11. Se non è contestabile l’applicabilità di tale norma
al pubblico impiego, lo stesso D.lgs. 165/01 all’ottavo c., art. 70,
ricorda come la stessa sia applicabile al personale della scuola,
mentre soltanto di recente, con l’art. 1 del D. L. 134 del 25 settembre
2009 è stato deciso che i contratti a tempo determinato non possono
trasformarsi a tempo indeterminato, ovvero, in sede di conversione
nella L. 167/09, salvo in caso di immissione in ruolo. La nuova regula,
ad avviso dell’interprete, si applica dal 25 settembre 2009 e trova una
conferma nel D. L. n. 70 del 13 maggio 2011 che ha esteso con
decorrenza di quella data l’inapplicabilità della conversione del
contratto per il personale della scuola. Pertanto, avendo la ricorrente
prestato servizio per più di 36 mesi, ha diritto a beneficiare della
conversione del contratto, e a rivendicare, per i soli vizi dei
contratti, i debiti risarcimenti danni perché, ad eccezione del periodo
intercorso dal 1 gennaio 2008 al 24 settembre 2009, nel settore
scolastico, non è stato mai fissato un numero massimo di rinnovi dei
contratti né una durata massima né le ragioni oggettive per la
giustificazione dei suddetti contratti nei documenti negoziali, almeno
fino al 12 maggio 2011. Ciò comporta una palese discordanza del quadro
normativo interno con la normativa comunitaria e l’illegittimità di
tutti i contratti posti, per un’indennità risarcitoria, in
considerazione dell’avvenuta conversione del rapporto di lavoro, di 10
mensilità. Così nell’accogliere la domanda si dichiara che il rapporto
di lavoro tra la ricorrente e il Miur è da considerarsi a tempo
indeterminato, il termine apposto a tutti i contratti è nullo, e si
ordina al Miur di riammettere in servizio la ricorrente a t. i. con un
risarcimento danni di 10 mensilità e una condanna al pagamento di 2.500
di spese legali. Nelle sentenze n. 2291 e 2296 del 2012, un altro
giudice respinge analogamente le eccezioni di difetto di giurisdizione
e di incompetenza funzionale o di prescrizione. Nel merito, rileva come
tale sequenza di contratti sopra i 36 mesi sia così manifestamente
illegittima, non avendo l’attuale ordinamento contenuto alcuna efficace
sanzione idonea ad ovviare all’utilizzo abusivo del predetto tipo di
contratto come prescritto dall’ordinanza della corte di giustizia
europea sopra richiamata. D’altronde, qualora fosse applicabile la
norma al solo risarcimento del danno, è evidente che non si otterrebbe
alcun effetto deterrente, visto che il “malvezzo” è continuato per un
decennio. La stessa Consulta, infatti, nella sentenza n. 303/11 ha
asserito che la stabilizzazione del rapporto di lavoro è la tutela più
intensa che il lavoratore precario possa ricevere al luogo del
risarcimento danni come valore logicamente secondario; mentre è
evidente che l’art. 97 della Costituzione rimane osservato nel
prevedere specifiche disposizioni di legge che autorizzano l’assunzione
da graduatoria come prodotto finale di un procedimento concorsuale.
Pertanto, si dichiara per il ricorrente la conversione a tempo
indeterminato dalla data della primo contratto a tempo determinato
apposto, con ogni effetto giuridico ed economico e si condanna il Miur
al pagamento di 2.000 euro di spese per ciascuno dei due ricorrenti.
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