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Università: Giovani, uno su due sbaglia facoltà

Rassegna stampa
Nel 2011 si sono diplomati in Italia circa 450 mila ragazzi. Quest’anno saranno altrettanti. Che faranno dopo il diploma? Che cosa fare se siete uno studente di diciassette anni con il problema della scelta per il futuro o il genitore di uno studente di diciassette anni?

Una strada interessante è consultare Almalaurea, l’agenzia indipendente di cui parlava nella precedente puntata dell’inchiesta il prorettore dell’università «La Sapienza» Federico Masini. È un consorzio tra 64 atenei pubblici e privati che mette a disposizione un servizio di monitoraggio costante dei laureati (l’80% dei laureati italiani) e del loro destino lavorativo. I laureati possono mettere on-line i loro curriculum e chi deve iscriversi all’università può farsi un’idea del valore di mercato di una laurea. Ma il consorzio Almalaurea ti assiste anche nella fase preliminare dell’orientamento. Che cosa posso studiare? Che cosa è più adatto alle mie caratteristiche? Almalaurea ha un servizio che si chiama AlmaOrièntati. È un percorso fatto con un test che in pochi minuti fornisce una serie di indicazioni allo studente. E suggerisce anche – impressionisticamente quasi – le facoltà italiane che più si avvicinano alle sue inclinazioni.

Tiene conto di una serie di variabili, compresa quella sulle aspettative di reddito. Spiega Andrea Cammelli, professore di statistica all’Università di Bologna e direttore di Almalaurea, che uno dei problemi di questa fase è che «il 18 per cento delle matricole abbandona gli studi nei primi dodici mesi. Segno di una scelta non consapevole. Da lì parte il problema del collocamento. Aggiungiamo un’altra considerazione. Il 75% dei laureati delle triennali viene da famiglie in cui non ci sono ancora laureati. Significa che tre quarti di questi studenti universitari non può contare su una pregressa esperienza famigliare». Risultato, spesso i giovani sbagliano indirizzo. È interessante notare che tra le rilevazioni che Almalaura effettua sui laureati che hanno trovato un posto di lavoro c’è anche un’informazione sulla percentuale di quanti considerano inutile o poco utile la laurea conseguita rispetto alla quotidianità della vita lavorativa.

Ma l’attività più interessante dal punto di vista del rapporto tra università e mercato è la rilevazione condotta sui laureati a uno, tre e cinque anni dalla laurea. C’è molto materiale per riflettere. Si forniscono dati generali, per esempio la situazione occupazionale di 38.000 laureati nel 2007 svolta nel 2010 (il 7,1 per cento di chi ha risposto era disoccupato); oppure dati più specifici, facoltà per facoltà. Quanti sono i laureati in economia all’università di Bolzano nel 2007? Undici. Nel 2010 otto hanno risposto alla rilevazione da cui risulta che 4 hanno proseguito gli studi, 4 lavorano e guadagnano mediamente 1876 euro netti mensili. Sul sito non sono forniti dati più precisi sull’impiego – se sia in Provincia di Bolzano, se sia in Italia o all’estero. Però è già una prima indicazione, soprattutto se inserita in un’altra più ampia, quella da cui risulta che la laurea in economia ha in generale un buon collocamento sul mercato del lavoro.

Spiega Cammelli: «Noi facciamo queste indagini perché negli ultimi anni si è verificato un fenomeno con cui bisogna fare i conti. La popolazione giovanile dei 19enni tra il 1985 e il 2010 è calata del 38%. Si è ridotto il mercato degli studenti, anche se è aumentato il numero dei laureati (per quanto siamo ancora sotto la media Ocse: abbiamo 20 laureati su 100 tra i 24 e i 35 anni, mentre la media Ocse è 38 anni). Il calo della popolazione in età universitaria ha determinato un aumento della concorrenza tra gli atenei, ma questa concorrenza convive con una certa ritrosia al marketing. Le università sono molto attente a non diffondere i loro dati. Per attrarre gli studenti ci sono i career day, mentre orientarli all’interno di un ateneo è oggettivamente complicato: come può fare un rettore a dire vi consiglio questa facoltà e non quest’altra?».

Come si può fare ad arrivare a una indicazione più precisa di quelle che saranno le richieste per il futuro? «È molto difficile fornire delle previsioni. Noi dobbiamo tenere conto di due aspetti diversi che concorrono a rendere ardua la risposta a questo interrogativo. Al termine della scuola secondaria superiore, alla domanda rifareste questo percorso di studi il 50% degli studenti dice no, non lo rifarei. Quindi esiste un problema di orientamento. Ma l’orientamento deve fare i conti con un altro dato strutturale: il sistema di istruzione oggi deve preparare a lavori e tecnologie che non sono stati ancora inventati. Quindi, quello che dobbiamo capire è come insegnare a imparare. E non è uno scioglilingua».

Questi sono i problemi dell’orientamento, ma mentre ci muoviamo nel gomito di una crisi difficile, che indicazioni vengono dal mercato del lavoro? Dice Giovanni Valotti, professore di Economia delle aziende pubbliche e pro-rettore al triennio della Bocconi: «Innanzitutto bisogna notare che la crisi da un certo punto di vista aiuta il merito, perché le aziende sono più oculate nelle assunzioni. Le nostre statistiche confermano questo, non registrando alcuna flessione nei tempi di inserimento dei nostri laureati nel mercato del lavoro. Più in generale, nelle discipline economiche comunque si registra già una ripresa delle assunzioni di laureati sia nel comparto della finanza sia nell’industria».

Abbiamo spulciato nella miniera di Almalaurea, che – per chi vuole saperne di più – l’otto marzo presenterà a Roma alla Sapienza la nuova indagine sulla condizione occupazionale dei laureati. C’è un dato complessivo che illustra la situazione: su quasi 30.000 laureati preriforma nel 2005, nel 2010 hanno risposto tre quarti degli studenti e di questi lavora l’80,2%. Oltre l’8% per cento è impegnato in praticantato o altre attività di formazione post-universitaria. Il tasso di disoccupazione è dell’8,6%. Tra le facoltà più numerose, il tasso di disoccupazione più alto – tra 15,8 e 16,7% – riguarda Lingue. Lettere e Filosofia è al 14,9%, Conservazione dei beni culturali al 15,2%. Il tasso di disoccupazione più basso è quello di Medicina (2%), segue Scuola superiore d’interpreti (2,5%), Farmacia (2,7%), Ingegneria (2,9%), Architettura (4,8%). Giurisprudenza, considerata la laurea italiana per eccellenza, seconda per numero di laureati solo a Lettere, ha un tasso di disoccupazione del 9,5%, durata media degli studi di 8,3 anni, guadagno medio dopo 5 anni di 1191 euro al mese (sotto la media a causa dell’incidenza del praticantato), con la metà dei laureati impiegati nella libera professione.

Chi guadagna di più dopo cinque anni? I medici sopra i 2000 euro, gli ingegneri sopra i 1600 euro, i chimici industriali (facoltà che esiste solo a Bologna, 11 laureati nel 2005) sopra i 1500, i farmacisti sopra i 1400 euro. Si piazzano sopra i 1500 anche quei laureati in Lingue che riescono a trovare lavoro, in larga parte nell’istruzione o nel commercio. Ma quello che sarà tra cinque o dieci anni è in parte una scommessa. La visibilità sul futuro del mercato del lavoro a medio termine resta limitata

di Marco Ferrante da wwww.ilmessaggero.it








Postato il Venerdì, 16 marzo 2012 ore 14:21:13 CET di Filippo Laganà
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